di FRANCESCO CANEPA
Trent’anni da quando Giuseppe Saragat se n’è andato e 120 da quando nacque a Torino.
Il padre Giovanni, apprezzato avvocato penalista e brillante scrittore, era di Sanluri ma, per motivi professionali, si era trasferito nella capitale piemontese e lì s’era sposato ed aveva fatto famiglia.
Il cognome della famiglia, proveniente da Tempio, ai tempi del bisnonnoera Saragattu, di lontana origine catalana.
L’importanza del personaggio ha richiesto la collaborazione di ben due presidenti per presentare la serata : uno, Enrico Morbelli (valoroso giornalista dei tempi d’oro della RAI), in qualità di Presidente della “Associazione dei Piemontesi”; l’altro, Antonio Maria Masia (scrittore e poeta in sardo ed in italiano), in qualità di Presidente del “Gremio dei Sardi in Roma”.
Forse ci sarebbe voluto anche un rappresentante europeo,perché, dopo essere apparso nel “Supplemento dei sovversivi” del “Bollettino delle ricerche” della questura di Torino nel ’31, Giuseppe Saragat, croce di guerra congedato nel 1920, dovette raggiungere prima il confine svizzero – accompagnato da un certo Ferruccio Parri – per poi andare a Vienna ed a Parigi, aiutato dal gran padre della Banca Commerciale Italiana, il presidente umanista Raffaele Mattioli, mettendo a frutto l’esperienza vissuta nel famoso e formidabile ufficio studi della Comit, insieme a grandi personaggi come Ugo La Malfa, Giovanni Malagodi e Cesare Merzagora.
Non volendo approfittare della loro posizione di padroni di casa, i nostri presidenti hanno lasciato la parola al Sindaco di Sanluri – fra l’altro città natale del fondatore del Gremio dei sardi in Roma, Pasquale Marica -che, attraverso un caloroso messaggio ha preannunciato per gennaio la cerimonia di conferimento del “premio Saragat” a concittadini distintisi per capacità artistiche e lavorative.
Prima di passare alla conferenza la parola è stata data al pianoforte di sala, affidato alle mani del Maestro Emanuele Frenzilli, appassionato musicista\ingegnere uscito dal Conservatorio di Frosinone, che ci ha offerto due notevoli interpretazioni di brani di F.Schubert (Klavierstucke D 946 n.2) e diA.Scriabin (Fantasia op.28) affrontate col piglio deciso del concertista habitué delle sale.
E mentre vibrano ancora nell’aria le note del pianoforte a coda, consentitemi un piccolo flash: nella foto che illustra l’invito si nota un Corazziere che saluta il Presidente, ma dietro il Presidente (un po’ più a sinistra …se si può dire) sembra di intravedere un leggendario “coniglio mannaro”, meglio noto come A.Forlani.
E, invertendo le parti, “si magna licet componere parvis”, ci potrebbe scappare un: bei tempi ! quelli !
Una breve presentazione dei conferenzieri annunciati nell’invito, ha introdotto la visione del filmato contenente gli auguri di fine anno 1967 del Presidente della Repubblica Saragat.
Una scelta davvero felice da parte di Masia: sia perché quell’ascolto ha consentito alla sala di captare il grande spessore di un uomo che dal suo rientro in Italia agli anni ottanta ha saputo offrire al Paese un contributo di un valore che ancora non è, forse, stato riconosciuto appieno; sia perché alcuni dei temi trattati nel messaggio sembrano piuttosto da riferire al corrente anno di (dis)grazia 2018 !
Le lievi differenze potrebbero essere individuate, una,nel fatto che allora il messaggio era rivolto ad un Paese in pieno slancio e che per i successivi decenni avrebbe potuto godere il frutto dei suoi sacrifici e dei suoi sforzi ultra ventennali e, l’altra,nel fatto che la Comunità Europea non raggiunse in quell’anno la necessaria unanimità sull’accoglimento del Regno Unito, facendone così slittare l’entrance.
Tocca ad Antonio Casu, Capo del servizio biblioteca della Camera, spalancare una finestra chiusa da troppo tempo, offrendo alla sala una documentata visione che, grazie alle sue esperte ricerche, ha disvelato una appassionante storia a partire dal ritorno dell’esule con l’affidamento della presidenza dell’Assemblea costituente.
Anche durante la scissione di Palazzo Barberini ( 1947 ), Saragat sta partecipando alle prime esperienze governative postbelliche, per poi vivere in maniera piuttosto battagliera il periodo dell’opposizione, rientrando poi nelle compagini governative di coalizione, per brillare, in particolare, nella sua attività in politica estera.
I capisaldi della sua attività, anche come Ministro degli esteri, erano l’Alleanza atlantica e l’Europa. Forse anche per tale motivo – conclude la sua approfondita analisi Antonio Casu – godeva di ben maggiore fama all’estero che in Patria.
Tocca quindi a Danilo De Masi, Presidente della “Fondazione Giuseppe Saragat”, farcene conoscere gli aspetti meno ufficiali, in gran parte legati a ricordi personali nati nel suo rapporto con il “segretario” di tanti anni della storia della socialdemocrazia italiana.
Come quando De Masi era responsabile dei giovani del PSDI ed in tale veste aveva riportato al Presidente Saragat le preoccupazioni che i fatti degli anni del ’68 suscitavano nella componente giovanile del partito, ricevendone chiare e salde parole di condivisione del disagio che gli eventi provocavano in chi credeva fermamente alla contrapposizione fra“rapporti umani” e“rapporti inumani”, combattendo ovviamente per i primi.
E ciò collima perfettamente con la narrazione che vuole che quando la competente Commissione si bloccò sull’articolo 1 della Costituzione, grazie alla sua posizione di presidente dell’Assemblea, potè promuovere il leggendario incontro fra Don Sturzo e Togliatti, che, comunque, consentì di superare dialetticamente l’impasse.
D’altronde – ricorda ancora De Masi – Saragat si definiva un cattolico non toccato dalla fede.
Altrettanto icastica è la battuta che lo voleva unico marxista fra i liberali ed unico liberale fra i marxisti.
Ed avviandosi a concludere, De Masi, desidera specificare che Saragat era “atlantista” e non filo-americano, come dimostrò non peritandosi di polemizzare con Johnson durante una drammatica sessione della NATO; mentre in politica interna – proprio alla vigilia della sua uscita di scena -non mancò di lasciare al suo partito un chiaro segnale di svolta a sinistra, durante il congresso di Firenze.
A Giorgio Carta, ex parlamentare, già segretario del partito socialdemocratico, le conclusioni su una figura ancora così poco studiata e così difficile anche a motivo del fatto che Saragat si sentiva cittadino europeo e talvolta, padrone di una vasta ed eclettica cultura anche filosofica, volava talmente alto da non poter essere compreso neppure dai compagni di partito.
Le sue riflessioni su Marx ed il suo parlare di “umanesimo marxista” accompagnavano la sua convinzione che solamente la libertà avrebbe potuto assicurare la convivenza, scongiurando che il succedersi al potere di una parte della società dopo un’altra finisse per risolversi in un nuovo dominio su quella ancora più debole, come, ad esempio nei tempi moderni, nel sostituirsi della borghesia all’aristocrazia.
Una personale e solida amicizia con Nenni aveva caratterizzato la sua esperienza e non aveva mai nascosto che i veri nemici del comunismo erano proprio i socialdemocratici e non la DC.
E, concluso il suo intervento, Giorgio Carta ha voluto elogiare l’attività del Gremio, così ben organizzata, finalizzata ad attività culturali e a sostegno dell’economia sarda, dal presidente Masia e dal suo gruppo di collaboratori, che ha così bene saputo cogliere lo spirito della legge regionale sarda numero 7 del 15 gennaio 1991 sull’emigrazione e sull’attività dei Circoli sardi nel mondo, quali vetrine per la diffusione della cultura e delle tradizioni della Sardegna. La Legge approvata – quando Carta, allora assessore regionale (ne rivendica la “paternità), la confezionò in collaborazione con Antonio Maccanico – proprio per favorire le “attività” dell’associazionismo regionale nel mondo e non la mera apposizione di targhette su porte dietro le quali in realtà poi non si porta avanti alcuna attività, o peggio attività non propriamente culturali!
E a proposito dei collaboratori del Gremio il Presidente ha rivolto parole accorate per la recentissima scomparsa di Giangiacomo Carta, prezioso Consigliere del sodalizio sempre disponibile, generoso, equilibrato, innamoratissimo della Sardegna.
A questo punto il quadro era completo e, vista anche l’ora tarda, non restava che passare “di là” per “onorare” le specialità sarde, messe in bella mostra dalla “Presidentessa” Toia.