di COSTANZA LODDO
Orgosolo è un centro agro-pastorale, inserito all’interno della Barbagia di Ollolai. Posto ad un’altitudine di circa 600 metri, il paese si adagia alle pendici del monte Lisorgòni, in una conca ricca di sorgenti, incastonata tra le rocce del Supramonte e le propaggini settentrionali del Gennargentu. Qui il paesaggio è magnifico: la vista si tuffa sulle vallate di “Lo’hòe” e di “Sorasi”, attraversate dal fiume Cedrino, per poi cibarsi di foreste incontaminate, distese di pascoli e grandiosi fenomeni naturali. Vero simbolo di Orgosolo è il suo centro abitato – particolarissimo e unico al mondo – la cui bellezza richiama, ormai, visitatori che giungono anche dall’estero. Perdersi tra le strette viuzze di questo paesino della Barbagia è un po’ come ammirare un museo a cielo aperto. Non una semplice costruzione in pietra, qui, ogni casa, ogni muro, è uno stato mentale, ha un’anima che prende forma attraverso i colori degli oltre 250 murales che dipingono tutto l’abitato: storia, società, resistenza e politica si trasformano in opere d’arte senza cornice, in cui si legge lo spirito della comunità orgolese, così forte e combattivo. Orgosolo, in passato aspra terra di vendette e di banditi, ma anche di tenacia e resistenza: il regista Vittorio De Seta, nella sua pellicola “Banditi a Orgosolo”(1961), raccontò proprio la dura lotta contadina e pastorale per la difesa delle terre contro gli espropri da parte dello Stato. Questo centro barbaricino possiede anche un profondo legame con le proprie radici: esso, infatti, è culla dell’arcaico canto a Tenore, proclamato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Altro legame è dato dalla produzione de “Su Lionzu”, un particolare e raffinato copricapo che incornicia il viso delle donne, parte dell’abito tradizionale orgolese. Per la sua realizzazione si impiegano fili di seta prodotta da una selezionata varietà di baco (baco di Orgosolo), allevato esclusivamente per questo utilizzo da una famiglia di artigiane locali che conserva e tramanda la bachicoltura di generazione in generazione: il prezioso filato viene tessuto a mano su appositi telai, nel rispetto di antichi metodi e accurate composizioni.
Natura, antiche tradizioni, la voce della Sardegna in un canto e il fascino dello spirito e della storia di un popolo raccontati sui muri. Sono tanti i motivi per perdersi in questo paese, il cui nome risale al termine “οργάσ-οργέ” (greco antico) con il significato di terra fertile e umida, ipotesi consolidata anche dalla variante orgolese del toponimo, “òrga” o “òrgosa”, che indica un sito ricco di sorgenti, come appunto si presenta quest’area. Menhir, dolmen, tombe dei giganti, domus de janas, oltre trenta nuraghi e diversi villaggi nuragici sono le tracce del passaggio dell’uomo nell’area orgolese, sin dal Neolitico. Anche i romani e i bizantini frequentarono questi luoghi, ma le prime notizie certesull’esistenza dell’abitato risalgono al Medioevo, più precisamente al 1341, quando il paese, con il nome di Orgosuli e Orgosola, compare per la prima volta in un documento scritto. Fino al XIII secolo la villa di Orgosolo era inserita nella curatoria di Dore, nel Giudicato di Torres e nel 1430, dopo aver subito il controllo del Giudicato di Arborea, passò al marchesato di Oristano. Successivamente, sotto il domino dei conquistatori spagnoli, prima, e dei sabaudi, poi, il villaggio fu infeudato a diverse famiglie. In virtù dello spirito tenace e combattivo degli orgolesi, il paese mantenne il diritto di uso collettivo delle terre, anche dopo l’editto delle chiudende che, nel 1820, aveva scatenato un’ondata di rivolte in tutta l’Isola. Alla fine dell’Ottocento, Orgosoloassurse alle cronache nazionali ed estere per numerosi episodi legati al fenomeno del banditismo, ma nel corso del Novecento il centro legò il suo nome al fenomeno del muralismo, un’importante corrente artistica – culturale, ancora in fermento, nata per contestare, attraverso i noti murales, le ingiustizie politiche e sociali. Infine, la primavera del 1969 rappresenta un simbolo nella storia di questo paese: sono gli anni della contestazione e proprio in quella primavera si svolse la mobilitazione popolare di Pratobello, quando gli orgolesi riuscirono a impedire l’installazione di un poligono militare sui campi destinati al pascolo, a pochi passi dal centro abitato. Le innumerevoli ricchezze di questo centro barbaricino soddisfano i gusti di tutti. Per scoprire il passato più remoto di Orgosolo sono numerosi i siti archeologici da visitare: oltre ai menhir e alle domus de janas di Tettene, Istovuzzi e Pandelai, nel territorio si incontrano numerosi insediamenti nuragici. Degno di nota è il “nuraghe di Mereu”, immerso nella natura del Supramonte: la struttura, costruita su conci squadrati di calcare bianco, è formata da una torre principale che conserva ancora, integra, la particolare copertura a thòlos, e da due torri minori, racchiuse da un possente bastione. Altra tappa obbligata è il nuraghe “Presenthu Tortu” – noto anche come Gorropu per la vicinanza al famoso canyon – che, circondato da una grande muraglia alta oltre tre metri, gode di una suggestiva posizione sul ciglio di una parete rocciosa: nei pressi del nuraghe si incontrano anche i resti di un ampio villaggio. Per chi, invece, preferisce ammirare lo spirito della comunità, il centro abitato è, come detto, un museo a cielo aperto: il primo murale di stampo politico-sociale, risale alla fine degli anni ’60 del secolo scorso e fu realizzat0 da un gruppo anarchico firmato “Diòniso”, guidato dallo scrittore e regista lucchese Giancarlo Celli. Rimanendo nel centro, si incontrano poi interessanti luoghi di culto: oltre all’antica parrocchiale di San Pietro, eretta in età bizantina, merita una menzione speciale la moderna parrocchia di San Salvatore, al cui interno – in una cripta – sono conservate le spoglie della giovane martire Antonia Mesina, barbaramente uccisa il 17 maggio del 1935 e beatificata da Papa Giovanni Paolo II, il 4 ottobre 1987. Per scoprire, infine, le antiche tradizioni orgolesi, interessante è il piccolo laboratorio – museo “Tramas de Seda” di Maria Corda, ultima maestra della seta, dedicato alla storia della bachicoltura: unico posto in Italia dove, oltre alla lavorazione del tessuto, si alleva ancora il baco, una preziosa pratica artigianale che, oggi, rischia di perdersi. Le innumerevoli ricchezze di questo centro barbaricino soddisfano i gusti di tutti. Per scoprire il passato più remoto di Orgosolo sono numerosi i siti archeologici da visitare: oltre ai menhir e alle domus de janas di Tettene, Istovuzzi e Pandelai, nel territorio si incontrano numerosi insediamenti nuragici. Degno di nota è il “nuraghe di Mereu”, immerso nella natura del Supramonte: la struttura, costruita su conci squadrati di calcare bianco, è formata da una torre principale che conserva ancora, integra, la particolare copertura a thòlos, e da due torri minori, racchiuse da un possente bastione. Altra tappa obbligata è il nuraghe “Presenthu Tortu” – noto anche come Gorropu per la vicinanza al famoso canyon – che, circondato da una grande muraglia alta oltre tre metri, gode di una suggestiva posizione sul ciglio di una parete rocciosa: nei pressi del nuraghe si incontrano anche i resti di un ampio villaggio. Per chi, invece, preferisce ammirare lo spirito della comunità, il centro abitato è, come detto, un museo a cielo aperto: il primo murale di stampo politico-sociale, risale alla fine degli anni ’60 del secolo scorso e fu realizzat0 da un gruppo anarchico firmato “Diòniso”, guidato dallo scrittore e regista lucchese Giancarlo Celli. Rimanendo nel centro, si incontrano poi interessanti luoghi di culto: oltre all’antica parrocchiale di San Pietro, eretta in età bizantina, merita una menzione speciale la moderna parrocchia di San Salvatore, al cui interno – in una cripta – sono conservate le spoglie della giovane martire Antonia Mesina, barbaramente uccisa il 17 maggio del 1935 e beatificata da Papa Giovanni Paolo II, il 4 ottobre 1987. Per scoprire, infine, le antiche tradizioni orgolesi, interessante è il piccolo laboratorio – museo “Tramas de Seda” di Maria Corda, ultima maestra della seta, dedicato alla storia della bachicoltura: unico posto in Italia dove, oltre alla lavorazione del tessuto, si alleva ancora il baco, una preziosa pratica artigianale che, oggi, rischia di perdersi. Perdersi a Orgosolo significa anche godere dei tradizionali sapori barbaricini, genuini e autentici. Vini, formaggi, insaccati, i tradizionali ravioli al sugo di pecora e “Su Polheddu”, l’immancabile maialetto arrosto, possono essere assaporati durante il tipico pranzo con il pastore, organizzato nella suggestiva cornice del Supramonte orgolese. Oltre all’allevamento del baco da seta e alla lavorazione del tessuto, l’artigianato locale spazia dalla tessitura alla lavorazione del sughero e della pelle, dall’intarsio del legno, al ricamo, alla produzione dei tipici coltelli. Per una panoramica sulle attività artistiche locali e sul quotidiano passato della comunità vi attende un piccolo museo etnografico, allestito presso “Sa Domo ’e sos Corraine”, un’antica dimora orgolese, ora vetrina delle antiche usanze del paese.