di LUCIA BECCHERE
«Il paradiso perduto? È quel microcosmo che Nuoro era un tempo», afferma Mario Corda nel suo libro Elogio del microcosmo. Saggi di cultura nuorese edito da Mondadori, nel quale si pone l’obiettivo non solo di dare la definizione di dimensione etica di microcosmo ma anche di fare un elogio di quello nuorese, ai suoi cittadini più eminenti che attraverso opere e pensieri hanno rappresentato il più alto equilibrio fra due fattori: individuo e società.
Corda si sofferma sull’idea che «un individuo per diventare persona deve prendere coscienza di quei doveri che lo collocano in una corretta posizione all’interno della società». Occorre pensare in funzione dell’Uomo alla ricerca del come e del perché l’aggregazione sociale influenzi il modo di essere della persona stessa. Se l’esaltazione etica del valore dell’uomo è una peculiarità del mistero, la sua libertà intellettuale ne è la condizione primaria, così come i differenti rapporti fra individuo e società sottendono i diversi modelli di vita che noi siamo chiamati a giudicare proprio in base a quel rapporto. L’uomo punto di partenza e di arrivo dunque, libero protagonista della vita culturalmente organizzata affinché non si cada nell’esaltazione del collettivismo, dello statalismo e del populismo che generano l’omologazione dell’individuo.
Il microcosmo è una dimensione culturale che può essere riscontrata in un luogoconcreto e Salvatore Satta la identificava con la Nuoro del primo Novecento che contemplava tutte quelle contraddizioni che la ragione ricompone per far sì che l’individuo diventi persona e la collettività diventi comunità.
La società nuorese fine ’800 e primi ’900 aveva espresso due classi distinte: i signori e i rustici (pastori e i contadini) che avevano un concetto di giustizia molto differente. Se per i signori era «uno scudo contro la trasgressione delle regole sancite dalla legge e che s’identificavano con quelle morali perciò accolte senza riserve », per i rustici la giustizia era «l’espressione di una volontà superiore che incombeva come una fatalità». Grazia Deledda aveva intuito che il marcato anarchismo nuorese era una delle componenti della misteriosa realtà microcosmica. Nelle sue opere il tema della giustizia è improntato al fatalismo e questo porta a non opporre progetti alternativi al sistema stabilito da una società.
L’autore sostiene che la giustizia è un contenitore di regole morali mentre il processo, «opera chirurgica sull’organismo sociale», è uno strumento imperfetto, luogo di condanna per chi infrange quelle regole. Per Salvatore Satta il diritto è frutto della mente umana dunque creato dall’uomo e riguarda ognuno di noi. Diritto inteso comeluogo di accertamento della verità mentre il processo è il solo luogo dove può essere accertata la verità di ogni singolo e l’accertamento della verità, unico oggetto del processo, è una delle cose più misteriose che si possa perseguire (Mistero del processo).
Corda afferma che solo con il recupero dei consensi agli strumenti giuridici improntati alla giustizia piuttosto che alla vendetta si possa dare un senso ad un ordinamento giuridico e che il solo strumento idoneo per questo recupero sia la possibilità di acculturare un popolo mediante messaggi artistici-letterari atti a veicolare i principali valori della società.
Nella cultura nuorese del primo Novecento sussisteva una doppia retorica: forense e tribunizia. La forense, di raffinata eleganza con dotte citazioni letterarie e la tribunizia dal tono discorsivo e suadente che si basava sulla persuasività della folla. Il solo obiettivo era sconfiggere l’avversario che in Menotti Gallisay, il don Ricciotti Bellisai deIl Giorno del giudizio, si traduceva in virtuosismo oratorio (teatralità, satira, farsa e comicità) mentre i programmi politici erano un mero pretesto. Sotto le mentite spoglie di paladino dei diseredati, il socialista Menotti combatteva solamente le ingiustizie che lo toccavano, animato da un unico scopo: riappropriarsi della sua proprietà. Qui sta tutta la contraddizione del microcosmo nuorese.
Se don Ricciotti era un socialista anarchico e provinciale, Salvatore Satta, come tutti gli intellettuali nuoresi era socialista di estrazione borghese e in lui il microcosmo è la quintessenza dell’autarchia, un mondo chiuso ad influenze esterne. Quindi «la contraddizione che caratterizza il microcosmo nuorese alberga anche nella concezione sattiana che si traduce in tormento intellettuale, vera essenza del suo messaggio».
Il cursus honorum e le doti personali di Pietro Mastino non sarebbero sufficienti a spiegare l’influenza da lui esercitata in 40 anni sugli intellettuali nuoresi e con i quali si era creata una grande affinità elettiva. Nella sua eloquenza, la notevole padronanza linguistica, la logica formale e l’elasticità della retorica si traducevano in fascino ed eleganza. Unico obiettivo: convincere. Uomo straordinario dotato di carisma, univa le doti intellettuali e il rigore morale ad un ingegno versatile. Rifuggiva da tutto quello che non fosse riconducibile alla dimensione umana per cui escludeva che il diritto fosse finalizzato all’esercizio del potere ma al conseguimento del giusto. Aristocratico per formazione culturale, nei rapporti umani e sociali era convinto assertore della democrazia. Riteneva la giustizia emanazione della collettività e perciò sacra.
Nel microcosmo nuorese l’autore colloca anche Gavino Pau, suo insegnante di storia e filosofia al liceo, personalità poliedrica di vasta cultura, campione d’intelligenza e oratore eccellente.
Nuoro, via Majore. Sotto il titolo: la copertina del volume e un ritratto del giovane Mario Corda
Nel suo Racconto quasi vero Pau parla delle antiche storie del microcosmo nuorese sotto un’apparente dimensione onirica. Ma il messaggio artistico di Gavino – così l’autore lo chiama nei suoi scritti – trascende il locale, si impregna di valenza universale e rende reale quella storia vissuta nel sogno. Il filo conduttore del racconto è la ricerca eterna e insoluta della verità cioè del senso della vita che alberga solo nel microcosmo. Messaggio di vita irripetibile sublimato dall’eleganza della scrittura e della profondità dei temi tanto che il suo Racconto quasi vero che racchiude tutta l’umanità e la filosofia di Gavino Pau può essere considerato un vero e proprio elogio del microcosmo.
Il libro, che ricorda anche altri personaggi eccellenti, vuole essere un contributo da parte dell’autore a penetrare il mistero che permea il microcosmo nuorese, luogo che oramai appartiene alla sola memoria. Impossibile! Perché il mistero è intrinseco alla condizione umana.
per gentile concessione de https://www.ortobene.net/