di LUCA URGU
Un’assenza che pesa. Una voce melodiosa che ha lasciato un vuoto. Una sensibilità e una personalità non comune che manca. Marisa Sannia, cantante e interprete, scomparsa prematuramente, dieci anni fa, è ancora viva. E la sua arte che abbiamo ereditato è la stupenda testimonianza. La sua cifra stilistica è tornata in scena a Firenze nello spettacolo “Con passo Leggero. Marisa Sannia: la musica, la voce, la poesia”. L’evento è stato promosso dall’Associazione Culturale Sardi in Toscana, presieduta dall’oranese Angelino Mereu con il chiaro obiettivo di entrare nel mondo e nella poetica di Marisa Sannia con leggerezza. La stessa che ha sempre caratterizzato la vita e la produzione artistica della cantante di Iglesias.Lo spettacolo si muove sui fili dell’immaginazione e si è voluto pensare che ciascuno dei poeti da lei cantati – Sergio Endrigo, Antioco Casula “Montanaru”, Francesco Masala, Maria Lai, Federico Garcia Lorca – le rendessero a loro volta omaggio dedicandole una delle loro poesie, come se fosse scritta pensando a lei. Un modo delicato e rispettoso per ritrovare il suo modo di essere e di stare nel mondo. Allo stesso tempo un tentativo per restituire le emozioni che con la sua voce ha saputo regalare. Ancora una volta la grazia della leggerezza e della misura; il distacco dai rumori del mondo; il ritorno alle radici nei suoni del mare, della terra sarda, e della propria lingua; l’etica del lavoro e della vita.
Maria Grazia Campus e Gianna Deidda hanno selezionato il materiale dalla produzione della cantante e da ciò che Marco Piras, per quindici anni chitarrista e arrangiatore dei componimenti di Marisa Sannia, ha generosamente fornito, tessendo un filo narrativo cantato e recitato insieme ai compagni di viaggio: Alice Chiari al violoncello, Gianni Cammilli alla chitarra, Andrea Laschi alle percussioni e l’importante occhio registico di Daniela Morozzi. Gli scritti dei poeti che Marisa Sannia sceglie di musicare parlano di vento, di mare, di voce. “Sa oghe de su entu e de su mare” non è solo il titolo di un suo album è un vero manifesto della poetica essenziale di Marisa Sannia. «Un canto profondo, molto più profondo di tutti i pozzi, di tutti i mari del mondo, ancora più profondo del cuore che oggi lo crea, della voce che oggi lo canta. E’ un canto quasi infinito, viene da molto lontano attraversando gli anni , i mari e i venti del tempo, viene dal primo pianto, dal primo bacio. Il canto profondo canta sempre nella notte non ha mattino, pomeriggio, né montagne né pianure ma solo una notte vasta e profondamente stellata». Queste parole di Garcìa Lorca sono state scelte da Marisa Sannia per la brochure del suo ultimo recital, la cui descrizione termina con le parole di Sannia stessa: «Il suono della lingua, la magia della parola portano sul cammino della poesia tra memoria e sogno. Musiche, suoni, parole che si snodano come trame e disegni toccando i sentimenti profondi e misteriosi dell’anima. Melodie mediterranee, solari, si fondono con le parole in atmosfere dove è difficile distinguere l’antico ed il contemporaneo, la lingua, il poeta, il compositore e l’interprete».
Eppure andando a sbirciare nella suo curriculum si apprende che Marisa Sannia nel mondo della canzone è stata proiettata un po’ a sua insaputa. I Principi, il gruppo col quale a Cagliari muove i primi passi a metà anni Sessanta, la iscrivono ad un concorso canoro nella sua Iglesias ottenendo un buon successo. Ma fu uno successivo, per la Fonit Cetra, ad aprirle la strada verso il mondo della canzone nazionale. Dove la sua cifra stilistica e umana è stata sempre caratterizzata da una intensa raffinatezza: nella scelta di testi, nella modulazione della voce. Persino nel suo modo di proporsi sul palco e nelle già numerose apparizioni televisive. Sempre con riservatezza e sobrietà. E’ stato così anche alla vigilia di quello storico successo a Sanremo nel 1968 con “Casa bianca”. L’anno prima la sua popolarità l’aveva portata ad essere coinvolta come protagonista anche in due musicarelli, i film di contenuto musicale che ebbero grade seguito in quel periodo. Ne “I ragazzi di bandiera gialla”(del 1967 con Gianni Pettenati) c’è perfino ricostruito il suo percorso autobiografico: cantante apprezzata agli esordi e ottima giocatrice di basket al punto da meritarsi, pur giocando in serie B a Cagliari, la convocazione nella nazionale juniores azzurra che partecipa in Bulgaria ai primi Europei della categoria nel 1965. Anche in quel film insomma c’è la Marisa Sannia reale e quotidiana: discreta, misurata, raffinata e colta.
A metà anni Settanta c’è un primo ritiro dalle scene e anche dopo una nuova inaspettata e comunque non appagante riapparizione al Festival di Sanremo nel 1983. La famiglia diventa allora la priorità e per altri lunghi anni è fuori dal circuito musicale. Per tornarvi silenziosamente, quasi in chiave autarchica, agli inizi degli anni Novanta. E’ il momento in cui, dopo una prima infatuazione per il catalano Manuel Serrat, di cui traduce alcuni brani, riemergono le sue radici, peraltro mai dimenticate come lei stessa ha sempre con forza affermato.
Ecco dunque i nuovi progetti con brani cantati in sardo su versi di grandi poeti a partire da Montanaru e Francesco Masala. Da quel ritorno scaturiscono album come “Sa oghe de su entu e de su mare”, “Melagranada”, “Nanas e janas” che segnano anche una collaborazione con l’artista Maria Lai. Sino a “Rosa de papel”, omaggio a Federico Garcia Lorca, registrato nel 2007, e arrivato appena postumo quando erano in elaborazione altre sue incantevoli creazioni musicali destinate a due nuove e variegate produzioni discografiche. Cancellate da una morte che l’ha portata via troppo presto. A 61 anni il 14 aprile del 2008. Proprio nello stesso anno a pochi mesi dalla sua scomparsa le venne conferito a Siligo il premio Maria Carta postumo.
Quest’anno nel decennale della sua scomparsa, si sono svolti alcuni eventi per ricordare l’artista sarda. Il 14 aprile all’auditorium di Piazza Dettori a Cagliari è stata la cantante Manuela Mameli a proporre due brani della Sannia in una serata promossa da Casa Lions di Cagliari, poi il 21 aprile è stata la cugina Rita Sannia a renderle omaggio in un concerto promosso a Vercelli dal locale circolo dei sardi Giuseppe Verdi
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