di CLAUDIA ZEDDA
Festeggio i dieci anni di scrittura con questo libro e sono emozionata come se fosse il primo. Ti presento Janàsa, e non Jànasa, ma Janàsa. Lo evidenzio perché tu possa notarlo. Pronuncia il suo nome, fallo ad alta voce, fallo per me. E ascoltati mentre lo fai. Sarà importante. Lei, Janàsa è una donna, ma poi diventerà altro. Una Jànas forse?
Le prime pagine le ho scritte molti anni fa, durante una notte d’estate. Bagnavo le piante in terrazza e il loro profumo, mescolato all’umido molle della luna mi avevano suggestionato. Rincasai e sdraiata nel letto scrissi qualche foglio, tutto in un fiato. Tant’è che ad esordio nel primo capitolo si respirava profumo di gelsomino e non di timo. Doveva essere un racconto ma quel racconto breve non è mai nato.
Qualche tempo più tardi parlando con mia sorella, le proposi due bozze di due differenti romanzi che avevo in mente. Lei scelse questo, lei scelse Janàsa. “Mettici un po’ d’amore però, mi raccomando. Lo sai che un po’ pepe mi piace dentro i romanzi”.
Mi misi a ridere. Credo che de L’Amuleto le sia piaciuta soprattutto la storia fra Virginia e Costantino. Quello le piaceva, il sentimento.
Dopo qualche anno il romanzo è concluso, ha il titolo che avevamo detto insieme e che lei non aveva capito subito ma poi sì, le era sembrato una buona idea (forse lo sembrerà anche a te) con trama sostanzialmente invariata. Le sarebbe piaciuto. Mi fa male pensare che non potrà leggerlo… o forse sì, o forse l’ha già letto.
Ti racconto Janàsa. Questo è quello che troverai scritto nell’aletta e in quarta: Nella Sardegna nuragica nascono e si incontrano sette donne. Alcune sono originarie dell’Isola, altre provengono dal mare. Tutte hanno una particolare competenza, tutte sono fedeli al culto della Madre Terra. Convivendo e creando una piccola società di donne, aiuteranno il villaggio che sorge poco distante a prosperare. Le specialità delle protagoniste suggestioneranno la popolazione che inizierà lentamente a considerarle maghe, sacerdotesse, guaritrici, veggenti, donne a mezza strada fra l’umano e il divino, creando lentamente il mito di quelle che ancora oggi sull’Isola sono chiamate Janas.
La storia viene raccontata da Annita a Piera. È una storia antica che si tramanda da generazioni. Annita e Piera vivono a Cagliari durante la seconda guerra mondiale ma non faranno difficoltà ad immedesimarsi nel racconto. “Sono tua madre, sono le tue sorelle, sono Nabìl, sono Semìl, sono Naskàl, sono Sìnleni, sono madre della terra e del cielo stellato. Sono Morte e sono Vita. Voi mi chiamate la Vecchia, Ikùssa, Mamìa, io sono l’Isola e per sempre la abiterò, sono le sue pietre, i suoi alberi, i suoi animali, le sue donne. Tu invece dimmi, chi sei?”
La copertina. L’ho intensamente voluta così come la vedi. Giacché la mia Janàsa, come tutte le sue sorelle, possiede occhi speciali, la cui pupilla, in alcune circostanze, diventa grande, ipnotica, a tratti magnetica, ho pensato che avrei dovuto trovare una persona che era in grado di regalare agli occhi una dignità insolita, primogenia. Ho trovato Monica Selenu, fotografa, e ho trovato Erika Vacca, modella. Due donne davvero incredibili e generose. E la copertina oggi è come io l’ho sognata.
Il retro invece rappresenta una bellissima domus in Pimentel fotografata da me molti anni fa. Una foto alla quale ho voluto bene fin dal primo giorno, e ora ne capisco perché.
La casa editrice. Dare vita ad un libro è entusiasmante, prepararlo per il pubblico è estenuante. Un lavoro lunghissimo e a tratti dolorosi. Alcune parti del romanzo originario non le leggerai mai, ma in compenso ne leggerai di altre, nuove, pensate mentre correvo verso la meta. Il sostegno della Condaghes in questa fase è stato importante, premio la loro professionalità, la loro costanza e pazienza, la loro dedizione.
Uscita di Janàsa. Janàsa uscirà durante le prime settimane di Ottobre 2018: sarà disponibile in tutte le librerie di Sardegna e in alcune dello stivale. Lo troverai anche online ed in formato cartaceo o digitale. E ora basta, non voglio raccontarti tutto tutto.
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