«Quando l’abbiamo visto per la prima volta faceva freddo, era pieno inverno. L’abbiamo notato subito: era impossibile non farlo. Quest’uomo con una maglietta con le maniche corte che batteva forte con un arnese di ferro sulle condotte dell’acqua, che erano completamente ghiacciate. Qui a Campone, che siamo in pochi, si nota subito un forestiero. Un po’ ci si preoccupa. Allora siamo andati a chiederli chi era. Era Mauro. Mauro Mesina, ed era appena arrivato dalla Sardegna, da Orgosolo, per allevare pecore. Gli abbiano dato una mano. E lui sa cosa ci ha detto? “Lo sapete così è questa? Bevete con me”. Era la grappa della sua terra. Così siamo diventati amici e ci siamo sempre aiutati, anche oggi». Siamo in uno dei borghi più piccoli del comune di Tramonti di Sotto. Si chiama Campone. E Campone, a sua volta, è composto da una miriade di località, di due, tre, quattro, dieci case; un paese che è un presepio. Case in pietra, verde ovunque giri lo sguardo. Montagna. Strede che finiscono sui sentieri. Una volta ci abitavano oltre 1400 persone, poi sono tutti emigrati. O morti. Oggi i residenti sono poco più di venti. Tra loro ci sono Mauro, 56 anni, occhi chiarissimi, braccia forti, che non ama farsi fotografare, e sua moglie, Maria Carta, che di anni ne ha 49. Vivono qui, da soli, dal 2000; allevano le pecore di razza sarda, un centinaio di capi; bestie molto resistenti, che danno ottimo latte.
Lui le munge tutte a mano. Poi trasforma il latte in formaggio e ricotta, ricercati come l’oro, venduti solo a un paio di ristoranti del Friuli: «solo a quelli che sanno raccontare ai clienti come vengono prodotti, da chi, in quale terra, con quale amore» dice Maria. Lei cucina da sola per i suoi ospiti. Non è mai riuscita a trovare personale che le dia una mano. «Il lavoro qui non ha orario, figurati».
Mauro non pastorizza il latte: «è vivo, questo è vero formaggio – dice – per questo in Sardegna chi lo mangia vive fino a 100 anni». C’è un piccolo spaccio, dove chi vuole portarsi a casa una ricotta fresca percorre parecchi chilometri, e la prenota pure prima, per essere certo di trovarla. La maggior parte della produzione, compresi i salumi, sono destinati a un agriturismo ricavato vicino allo spaccio, Al Stalon di Campone, aperto tutto l’anno, su prenotazione. Si mangia quello che c’è. Cucina sarda, come il maialino, ma anche il frico fatto con il formaggio di pecora. Ci sono gli arrosticini, gli gnocchetti sardi fatti a mano. Qui tutto è autentico, originale.
Mauro ha scoperto Campone durante una gita fatta sulle Alpi con un paio di amici sardi, da ragazzo: «Abbiamo passato mesi a cercare pascoli, a gustarci lo spettacolo delle montagne. Qui in Friuli sono rimasto folgorato da Campo di Bonis, da Montemaggiore, da Monteaperta, nella zona di Taipana, ma mia moglie non era molto contenta di andare a vivere là, a trasferirsi da Orgosolo per venire a vivere stabilmente qui.
«Allora, quando ho scoperto Campone, qui, immerso nel verde, e quella stalla a pezzi, depredata e cadente, che era stata messa all’asta, non ho resistito; in Sardegna non esisteva una struttura del genere. Ho fatto fare una visita a Maria a Spilimbergo, per convincerla, e poi siamo venuti ad abitare qui. Da qui non ce ne siamo mai andati e tanta gente del posto ci ha aiutato a realizzare il nostro sogno».
Si può dir che Mauro fa il pastore da sempre; bravo a scuola, non ha mai voluto studiare. Ha i pascoli nel sangue. «Per noi, in Sardegna, fare il pastore vuol dire sapere fare tutto, da bambini: ti insegnano subito, è tutto organizzato, nulla lasciato al caso; è una questione anche di sopravvivenza. Ci basta un gregge e un accendino: mandaci dove vuoi, sappiamo arrangiarci in tutto e per tutto. Alleviamo, facciamo i veterinari, facciamo i casari, vendiamo, accogliamo. Qui, a Campone, tutti credevano che non ce l’avrei mai fatta. Invece i pascoli sono di una meraviglia unica e tutto il Friuli è stupendo: è stato un successo».
«Tante parti di queste montagne sono sottovalutate quando invece rappresentano una risorsa ricchissima; anche le persone, che sembrano chiuse, in realtà sono molto generose. Ti danno il cuore. Se vedono che lavori e che le rispetti, come è giusto che sia, non importa da dove arrivi o di che colore è la tua pelle. Una regione stupenda, come la nostra Sardegna, del resto. Ci sono molti tratti in comune, come anche la convivialità, la bellezza e la gioia di stare insieme, di bere un buon bicchiere di vino». Mauro e Maria hanno tre figli: tutti vivono all’estero.
Volevo solo sapere come si chiamano quelle capre o cosa sono che vivono sulle montagne di Orgosolo