di SALVATORE LAMPREU
Selvaggia come poche, popolata da animali allo stato brado e circondata da un mare che si diverte a mescolare innumerevoli tonalità di verde e di azzurro, l’Isola dell’Asinara rappresenta uno dei pochi avamposti in Europa dove la mano dell’uomo non ha stravolto in maniera determinante il paesaggio naturale.
Un buono stato di conservazione principalmente dato da ragioni storiche oltre che geografiche. Per decenni quasi inaccessibile, a causa della presenza del carcere di massima sicurezza, l’Asinara è dal 1997 Parco Nazionale e dal 2002 Area Marina Protetta.
Lo dico da subito, per me l’Asinara è stata davvero una piacevole sorpresa. L’ho visitata per la prima volta solamente quest’anno, ai primi di Ottobre, in occasione della Scuola di Ecologia ed Economia organizzata dal DISEA dell’Università di Sassari. Quale migliore occasione?
Il sentore che questa esperienza non sarebbe stata una passeggiata ce l’ho avuto fin dalle prime ore. Già dai momenti iniziali ho capito che per affrontare l’isola face to faceservivano spirito di adattamento e voglia incondizionata di lasciarsi rapire dalla bellezza di un posto così dolce e selvaggio insieme.
La partenza è fissata per le 9 del mattino, dal molo dell’Ancora di Stintino, e la giornata non si preannuncia delle migliori. Cupi nuvoloni alla Fantozzi mi scortano già dall’altezza di Porto Torres e non appena arrivo ai parcheggi tutto quel grigiore prende la forma di un acquazzone autunnale.
Opsss, ma il buongiorno si vedeva dal mattino? Vabbè dai, sù sù che saranno mai quattro gocce, prima o poi si calmerà, mi dico.
E infatti non appena cessa, il tanto giusto di cacciare fuori la testolina dal finestrino, ecco che incontro i miei compagni di avventura, per la maggior parte provenienti dal Polo Universitario di Olbia e da Sassari.
Sembriamo tante lumachine, con i nostri bagagli al seguito, che vanno alla ricerca di erba subito dopo la pioggia.
Con noi anche SosBattorMoros che pochi giorni fa ha inaugurato un nuovo blog e nientepopodimeno che con un articolo dedicato all’Asinara. Buttateci un occhio quanto prima.
Ok, dicevo, la partenza non ha nulla da invidiare ai migliori reality show.
Roba che Antonella Elia e Massimo Ceccherini scansateve, perché qua stanno arrivando iVIS, Very Interested Students (e anche Interesting, diciamocelo), sicché lo sbarco sull’Isola degli Studiosi, come l’abbiamo ribattezzata, può avere inizio.
Punto di arrivo è l’approdo di Fornelli e messo piede a terra, come per un bizzarro gioco del destino, smette anche di piovere. L’aria è frizzantina ma non fredda. I colori strepitosi, accesissimi, molto instagrammabili, per dirlo alla social. Saliti in pullman prendiamo la strada per Cala Reale dove, alla Casa del parco, hanno luogo i seminari e le conferenze della Scuola.
Lungo il tragitto è un susseguirsi di macchia mediterranea, piccoli asinelli selvatici, capre, cavalli, salite e discese.
Ma secondo voi Sardinia Mood poteva fermarsi agli asinelli? Tzz, ora vi racconto alcune chicche.
Faccio subito un esperimento: ditemi tre parole con cui descrivereste l’Asinara.
Azzardo alcune risposte: asinelli, carcere, mare.
E se invece vi dicessi identità?
Ehehe lo so che vi sembrerà strano (infatti qua c’è lo zampino del geografo) ma l’Asinaranon deve essere vista solamente come un’isola disabitata. Essa è piuttosto la risultante di processi storici e geografici di territorializzazione e de-territorializzazione stratificati nel tempo. E questo per uno studioso è molto importante e meritevole di indagine.
Un indizio di questi processi si rinviene nei vari toponimi utilizzati per indicare le diverse zone al suo interno e dallo stesso termine “Asinara”.
Se infatti riprendiamo in mano Tolomeo, Plinio e Marciano Capella scopriamo che l’Asinara veniva chiamata in epoca classica Herculis Insula, denominazione ricorrente anche nelle prime carte che la raffigurano, seppur con dimensioni diverse.
Il nome Asinara compare per la prima volta nel 1550 nella mappa di Sigismondo Arquer mentre torna a chiamarsi Herculis in quella di Mercatore del 1578.
E Allora? Avete finito di cambiare i nomi? Isola di Ercole o Asinara?
È nuovamente Mercatore a chiamarla definitivamente Zuarara alias Asinara isula nel 1589, mettendo un punto sulla questione una volta per tutte.
Nella Nouvelle Carte de l’Isle de Sardaigne di Michelot e Bremond compaiono invece i precursori dei toponimi che oggi conosciamo come Cala d’Oliva, Trabuccato e Castellazzolegati agli eventi che storicamente hanno interessato l’isola. Così abbiamo toponimi che designano la nazionalità degli invasori come Cala del Turco, Cala Francesca (anche i francesi avevano allungato lo sguardo sull’Asinara) o Punta degli Inglesi e altri che indicano la provenienza degli antichi abitanti come Cala dei Ponzesi o che fanno riferimento alla pescosità del mare come Cala Barche Napoletane.
L’isola, sfruttata dai Cartaginesi per la produzione di cereali, fu popolata fin dall’epoca romana (come dimostrano i numerosi reperti rinvenuti) e ampiamente abitata nel medioevo quando i monaci camaldolesi fondarono il monastero di Sant’Andrea a Fornelli. In seguito alle lotte tra le repubbliche marinare di Pisa e Genova per la contesa della Sardegna, l’Asinara divenne, sotto il dominio aragonese, di proprietà della città di Sassari.
Due anni fa, durante un incontro tra instagrammers, ho visitato la biblioteca comunale di Sassari in Piazza Tola ospitata nello storico Palazzo Manca di Usini, un edificio del 1577, appartenuto a don Giacomo Manca duca dell’Asinara. Prima o poi scriverò due righe anche su questo.
Comunque, tornando all’Asinara, secondo il censimento del 1838, quando la Sardegna era ormai passata ai Savoia, risultava che sull’isoletta vivessero 288 persone, variamente distribuite nei tre centri di Cala Reale, Cala d’Oliva e Castellazzo. Nel 1835 fu abolito il feudalesimo e il Ducato dell’Asinara e di Vallombrosa, così si chiamava, si ridusse a un puro titolo onorifico.
Arriviamo al 1885, anno in cui fu promulgata la “Legge per l’impianto di una colonia agricola penale e di un Lazzaretto nell’isola dell’Asinara”. Ciò determinò l’allontanamento coatto e definitivo delle 45 famiglie che furono tutte tradotte in Sardegna, sulla costa antistante, dove fondarono il paese di Stintino.
Da allora l’isola divenne un Lazzaretto Internazionale e casa penale. Per le sue caratteristiche di isolamento, l’Asinara è stata anche denominata l’Alcatraz Sarda, e ha accolto esponenti di spicco della criminalità organizzata nelle diverse diramazioni presenti in tutto il territorio e rimaste attive sino alla fine degli anni Novanta.
Il nostro viaggio alla scoperta dell’Isola avviene a bordo di alcuni fuoristrada della ditta, tutta al femminile, Asinara 4×4 fondata diversi anni fa da Veronica Pisu, una tosta, che è la stessa che ci ha trasportato da Stintino all’Asinara a bordo del gommone. Veronica è una Guida Ambientale Escursionistica della Regione Sardegna esperta del territorio, conosce ogni centimetro di questo lembo di terra e insieme alle ragazze della sua squadra ci permette di compiere un tragitto inusuale, percorrendo un anello che attraversa un bosco di incredibile bellezza, costeggia le vecchie strutture del carcere e ci permette la sosta in alcuni punti panoramici, per qualche approfondimento sull’area.
Incontriamo diversi asinelli erranti durante il tragitto ma anche qualche cinghialetto, capre, cavalli e, i più fortunati, mi dicono che sono riusciti a scorgere addirittura un muflone.
Come ci hanno raccontato in aula, qua non siamo noi a guardare gli animali ma sono loro che guardano noi. Questo è il loro regno e noi, da ospiti, dobbiamo averne rispetto.
Comunque, siccome io consiglio solamente ciò che provo sulla mia pelle e che mi soddisfa vi dico che, se volete fare un giretto sull’Asinara, potete anzi dovete fare riferimento a persone esperte e non andare allo sbaraglio. Le guide di Asinara 4×4 sono in questo senso una garanzia! Nel loro sito trovate tutte le informazioni.