di MASSIMILIANO PERLATO
“Sono una donna che ha sempre fantasticato e non si è mai fermata davanti ad ogni limite, geografico, culturale, linguistico e sociale. Un essere umano che ha sempre voluto denudare il mondo e se stesso ancora di più, che ha sostenuto molte complicazione da solo e ha dovuto oltrepassare la barriera che sfortunatamente lo stile di vita in un’isola poteva imporre.”
Una perla della Sardegna si è incastonata tra i fiordi della distante Norvegia, dopo una lunga ed appassionante navigazione. Ha abbandonato le acque cristalline dell’isola natia per attraccare nella terra delle foreste infinite e dei gotici manieri, dei salmoni e dei grandi fiumi. La bizzarria e l’emozione sono un capitale genetico di questa bellissima ragazza di Bitti, classe 1981, occasionalmente nata ad Ozieri e proiettata nel mondo del Gothic Metal scandinavo, dopo il rock progressive dei locali sardi e la laurea in lingue, che è un codice espressivo delle sue intenzioni. Mariangela Demurtas ha soggiogato i Tristania e le platee internazionali con i suoi occhi magnetici ed una rara presenza di palco, la voce bruna ed energica del blues e lo studio capillare di un universo insolito. “Ho sempre avuto la passione per la musica e la performance da concerto. Ma per circostanze peculiari, non ci ho mai creduto seriamente, finchè all’Università a Sassari, non ho avuto la mia prima band.”
Suonavano blues e Mariangela ha fatto gavetta. “Possedevo un mondo intimo che ancora non riuscivo a esternare. Mi son detta: poiché sogno di fare musica di fronte a molta gente e che il pubblico canti le mie canzoni, devo fare qualcosa”.
Mariangela ha messo da parte ogni indecisione e, conclusi gli studi, è emigrata a Milano. “Ho provato, ma in Italia c’è ostilità verso chi non è conosciuto. Non è una cosa simpatica, specie quando sai di poter dare qualcosa. Sono nata con la passione per lo ‘scenografico’, lo circoscrivo così, perché son sempre stata abbagliata dalla tipicità delle persone e delle cose. La musica, oltre che martirio interiore, è uno strumento che mi consente di raggiungere la gente. Sin da piccola, ho sempre avuto affabilità con le note e componevo canzoncine. Sono la terza di 5 figli e per attirare l’attenzione a volte utilizzavo espedienti: mia madre mi racconta che ero molto ingegnosa e facevo sempre di testa mia, quindi si fidavano a lasciarmi fare. Non ho mai disilluso i miei genitori, ma ho continuamente penato il fatto che l’energia che sentivo maturare in me era eccessiva per poterla governare in un contesto piccolo, come un paese di 4000 abitanti: ho sempre avuto la smania di voler esplodere.”
Ma la “sliding doors” esistenziale è del 2007 con i Tristania che sono alla ricerca di una nuova voce. Il suo demo di riconoscimento ha polverizzato un’ orda di concorrenti di tutto il mondo, e l’ha proiettata verso una prestigiosa band di solida dimensione internazionale, che cercava una rivoluzione stilistica dopo l’addio dell’eccellente soprano Vibeke Stene. “Non me l’aspettavo, invece il gruppo mi scrive: ‘la tua voce ci ha colpito e bramiamo sentir di più. Ti trasmettiamo quattro tracce, hai carta bianca per cantarci sopra’. Bingo! Ho registrato la mia interpretazione. L’hanno gradita e mi hanno convocata per fissare un’audizione. E’ andata bene e dopo un po’ di tempo mi hanno detto ‘sei dentro’. Così ho deciso di trasferirmi in Norvegia”
Il gruppo vantava un suono sinfonico molto teatrale: un abile mix di heavy metal e canti gregoriani, surreali atmosfere oniriche e cori cupi. Un inconsueto impasto di growl e lieve voce di soprano, in una sinfonia ricca e complessa di archi e sintetizzatori, metal ed eteree situazioni. L’avvento forte ed aspro di Mariangela ha connotato il transito verso una novità stilistica. Era una musica molto diversa dai soliti canoni norvegesi, quieti e riservati. Un sound maestoso ed orchestrale, che inseguiva una nuova casa per reperire vigore. “Ora le parti vocali sono più dirette e protagoniste: e si respira forte il coinvolgimento ed il feeling dell’intera formazione sulla scena. Io stessa collaboro alla scrittura ed agli arrangiamenti.”
Mariangela per sostenere la sfida ha dovuto mettere mano al suo carattere. “Ho lasciato da parte la permalosità e l’arroganza tutta bittese: il farsi valere eccessivamente quando vuoi aver ragione. Ho raggiunto un compromesso con la cultura norvegese. Sono persone diplomatiche, non si scompongono, non si fanno prendere dall’istinto come noi, non alzano la voce, non parlano degli altri, non giudicano, ognuno si fa gli affari suoi.”
Mariangela Demurtas è estremamente caparbia, non mollo l’obiettivo per niente al mondo, e studia costantemente le nuove tecniche e le conoscenze, alimentando ogni forma di contatto musicale e commerciale del lavoro. “Niente arriva dal cielo, e l’ho imparato molto presto. L’essere italiana è un mio personale handicap. Ho dovuto vincere qualche pregiudizio iniziale, perché ci ritengono un popolo interessante e brillante, ma scarsamente affidabile.”
Non potevano mancare i riferimenti alla lontanissima Sardegna. “Voglio continuare a sentirmi europea nella mentalità. Ma non essere fraintesa: mi sento intensamente sarda, sono felice di rientrare spesso a casa ed è sostanziale manifestare le proprie radici identitarie per non avere mai alcuna crisi interiore lungo il proprio cammino. La Sardegna mi ricambia con la sensazione di libertà nei movimenti, che in Norvegia non vivo.”
Mariangela incarna il simbolo dei sogni che si realizzano, ma anche uno dei tanti esempi di coloro che lasciano l’Isola per cercare fortuna altrove. “Per anni non ho mai avuto grandi nostalgie, ho sempre auspicato l’avventura, non mi stancavo mai. Dopo i 30 anni ho cominciato a sentire la mancanza degli affetti. Gli amici continuavano a divertirsi tutti insieme, i miei fratelli crescevano. Non vivere il quotidiano con loro cominciava a pesarmi. Ero anche single, quindi, non avevo legami forti. Il freddo norvegese, e dei norvegesi, mi ha restituito le origini. Da quel momento ho cominciato a pensare di tornare a casa e recuperare quegli anni.”
La vita in Norvegia è davvero diversa per coloro che arrivano da un Paese latino. “E’ una vita strutturata e distensiva, ma troppo monotona e prevedibile per i miei gusti. Manca l’adrenalina degli alti e bassi: tutto fluisce con indolenza didascalica. Hanno un grande rispetto della tua privacy, sono educati ed affettuosi a modo loro. Si concedono nell’amicizia dopo un lungo periodo di conoscenza. I norvegesi manifestano una forma di cauta diffidenza. Non decidono mai niente, e sono scarsamente ambiziosi. E’ un paese colossale con pochi abitanti, quasi viziati dal governo centrale. Ogni problema è decifrato senza apparente sforzo, ed esiste una implicita parificazione. Il costo della vita è molto alto. Ma è un posto con regole molto forti e ben scandite, che ti insegna a vivere genuinamente e con poche risorse. Gli artisti sono considerati all’avanguardia, ci sono scuole, associazioni culturali, sostegni del governo. In Italia per molti l’artista è un perditempo. Spesso si rinuncia ad avere una propria visione del mondo, una personalità, a mettere su qualcosa di alternativo alla routine.”
La chiusura d’obbligo è uno sguardo al futuro di Mariangela. “Ho un paio di progetti che si stanno muovendo molto bene. Nel frattempo, con i Tristania, stiamo prendendo un periodo di riposo e sto collaborando con i “Moonspell”, quando posso. Da poco, ho frequentato un corso a Ravenna che mi ha dato un certificato come insegnate di canto: sto accrescendo competenze in questo settore. Ho registrato un disco, con un mio conterraneo. Ho anche in attivo un progetto di musica etno – moderna, che mi piace da morire e a breve potrò dare più notizie: mi sento sempre occupata e studio continuamente per perfezionarmi. Avevo registrato un album solista in Sardegna qualche anno fa, ma ancora non l’ho fatto uscire perché ho ponderato delle modifiche: ma non c’è fretta, tanto la musica non scappa e mi scorterà per tutta la vita.”
Grazie Massimiliano Perlato per condividere queste storie