di LUCIA BECCHERE
Al suo esordio editoriale con Sulla mia carne morbida (Edizioni Cenacolo di Ares), Gisella Vacca, il 19 giugno è stata ospite del martedì letterario nello storico Caffè Tettamanzi di Nuoro. Nata ad Ovodda, vive e lavora a Cagliari, l’autrice spazia fra tante forme d’arte: attrice di teatro e di cinema, regista teatrale, autrice e cantante. Dopo aver conseguito il diploma in canto e musica, ha perfezionato i suoi studi frequentando numerosi stage internazionali.
Dal 1991 al 1997 ha fondato e diretto il gruppo delle “Maschere Nere” mettendo in scena spettacoli interpretati da detenuti del carcere minorile sardo. Il suo amore per il teatro la porta nel 2007 in Catalogna dove per il Gall (Grup Actors del Llucanes) dirige in catalano un suo recital Viatge alla Cala de la Luna. Studia con passione tematiche legate alla Sardegna affrontando temi sociali ed antropologici dove riflette il vissuto della sua infanzia e della sua adolescenza trascorse nel paese natio, angolo incontaminato della Barbagia. Temi che porterà sulla scena non solo nell’Isola ma anche oltre confine. Attualmente collabora con diverse compagnie teatrali e nelle sue creazioni artistiche, dove fonde canto e poesia della Sardegna, il suo sguardo si allarga fino ad abbracciare il Sud della terra.
È stato il giornalista nuorese Angelo Altea che al Caffè Tettamanzi, dialogando con l’autrice, ha presentato la silloge Sulla mia carne morbida.
Testo che comprende 21 fotopoesie con la prefazione di Manlio Massole (1930). Poeta e scrittore di Bugerru, vincitore del “Premio Italia diritti umani 2007”, Massole ha lasciato dopo 15 anni l’insegnamento per lavorare per altri venti in miniera a fianco di chi combatte per i diritti umani, di lei ha scritto: «Gisella non va commentata, perché ciascuna sua parola è parola definitiva… In lei gli occhi, la voce e i versi, tutto è poesia».
Le poesie in cui l’autrice celebra la vita sono arricchite da scatti fotografici tanto suggestivi da fondere parola ed immagine, mettendo a nudo la parte più nascosta della sua anima: «La luna abita il mio corpo / nel cuore comodi crateri / nel plesso i monti dove mi fortifico / nel grembo i mari da cui riemergo intatta / la tempesta è vicina / la resa è lontana» (La luna in domicilio). Versi in cui canta i suoi sentimenti: «Prima eri tutto / la mia vita / il mio sole / adesso non sei più niente…» (Il filo e la spola) ma anche debolezze, passioni ed intime sofferenze: «Sono ora / completamente inerme / nuda / più isola che mai / offerta in pegno / alle maree / che lambiscono e fuggono…» (Attese). Il ricordo del suo paese non l’abbandona mai: «Porto sempre con me / pezzetti / del mio piccolo villaggio… » (Fiorire); quello della natura ancora intatta, il sole che colora i petali dei fiori «la cui trasparenza / imitava il corpo sottile / del Divino / e a Lui ci univa. / Ali di lilla sbocciavano / sulle piccole spalle / che reggevano / il mondo leggero / dell’infanzia…».
Gisella si congeda dal lettore esternando la sua fede, pensiero maturato libero da pratiche religiose, con la curiosità di bambina che non si accontentava delle fiabe ma che intuiva risposte epicuree: «Per chi ci crede c’è / per chi non crede, no» fino ad edificare il suo credo: «Scelsi che fosse / dentro di me. / Il Dio che ospito dentro / mi parla / mi risponde / mi dice / sono Amore / ovunque sono amore» (Credo).
per gentile concessione de L’ORTOBENE