di SALVATORE LAMPREU
Nello scenario suggestivo delle campagne di Sedilo, in quella zona detta Monte Isei che si affaccia sul Lago Omodeo, sorge uno dei santuari più belli e caratteristici dellaSardegna, quello dedicato a San Costantino Imperatore.
Se si percorre la SS 131 DCN in direzione Nuoro, è impossibile non soffermarsi con lo sguardo ad ammirare l’imponente corte campestre, cinta da un muro in pietra, dove da sempre sacro e profano convivono, secondo un codice non scritto di reciproco rispetto.
In primavera, quando tutto è verde, l’aria si fa frizzante e il profumo della terra bagnata ti riempie le narici, la cornice in cui è immerso il santuario di San Costantino assume tonalità quasi fiabesche. D’estate, invece, sotto il macigno del sole, i colori cambiano velocemente e i cromatismi oscillano tra il giallo paglierino del fieno, l’arancione chiaro della trachite con cui è eretta la chiesa, il grigio della polvere e il rosso porpora del cielo al tramonto.
Se andate a San Costantino non potete non ammirare il panorama dalla croce in pietrache si trova in cima al promontorio, poco più giù dei muristenes, le abitazioni che ospitano i pellegrini provenienti dal paese di Bono – i quali, per tradizione e mossi dalla fede, tutti gli anni giungono a piedi fino al santuario – nel periodo della festa che si svolge dal 5 al 7 luglio.
Da lassù, dove il profumo degli eucalipti inebria la mente, l’occhio dell’uomo abbraccia l’intero anfiteatro naturale spingendosi oltre, all’esterno, fin sulla collinetta detta de Su Frontigheddu, dove collocata un’altra croce in pietra.
Ah se potesse parlare quella croce! Quante preghiere, suppliche e speranze avrà ascoltato nei secoli!
È da lì che la sera del 6 luglio i cavalieri di Sedilo sciolgono il voto lanciandosi con coraggio verso il santuario, superando l’arco e salendo fin sopra la chiesa aggrappata alla collina, ripetendo un rito secolare conosciuto come S’Ardia.
Vi vorrei presentare adesso, più da vicino, la chiesa di San Costantino, di antichissima origine e il cui impianto attuale in stile gotico catalano risale al XVI secolo, che nell’anno del Giubileo della Misericordia è anche Porta Santa. A parte questo dettaglio, vi segnalo che la chiesa e il santuario sono da sempre meta di pellegrinaggio da parte di fedeli e turisti che, per ragioni diverse, vi si recano durante tutto l’anno. E ora capirete il perchè arcare la soglia della chiesa di San Costantino è sempre un’esperienza unica ed emozionante, quasi mistica. Appena si apre la porta e un raggio di luce penetra nell’oscurità della canonica, un universo di oggetti, quadri colorati e cuoricini di metallo appesi alle pareti, prende forma e inizia silenziosamente a raccontare storie che non seguono un unico filo conduttore.
È curioso osservare lo stupore e la meraviglia che traspare dagli occhi di chi, per la prima volta, si trova di fronte a quello spettacolo. Non esiste un solo centimetro di parete, di colonna o rientranza che non sia ricoperto da quelli che in latino vengono chiamati ex voto suscepto ovvero ringraziamenti conseguenti a una promessa fatta a San Costantino, il quale se non è santo per la Chiesa cattolica, lo è di certo per il popolo sardo che ne ha adottato il culto, di chiara origine bizantina. La vox populi trova allora immediata risonanza proprio nel linguaggio degli ex voto che testimoniano richieste di intercessione, grazie ricevute e guarigioni insperate.
Ogni ex voto è una storia, un racconto di vita, la manifestazione di riconoscenza per un aiuto ricevuto da San Costantino nel momento del bisogno. Le rappresentazioni dei quadri e delle tele si rifanno alla cultura contadina e agropastorale, riproponendo scene di vita dei campi, infortuni avvenuti con l’utilizzo di rudimentali mezzi agricoli o durante il trasporto di merci sui carri.
A volte compaiono incidenti automobilistici dove la persona è miracolosamente scampata alla morte. Altre volte si tratta di infermi costretti a letto o di altri soggetti, anche animali, colpiti dalla malasorte. Su tutti però campeggia sempre la figura di San Costantino che appare con tratti più umani che divini. Immancabile il suo destriero bianco e la spada impugnata con fierezza.
San Costantino sembra uno di noi e per questo lo sentiamo così vicino. Nella sua raffigurazione non si rintraccia quell’aurea angelica o quell’aria di beatitudine che è tipica di chi appartiene al regno dei cieli. Solo le nuvole ai suoi piedi ne tradiscono la provenienza.
Fermarsi ad ammirare le immagini degli ex voto è un po’ come sfogliare dei libri illustrati o guardare dei cortometraggi sulle vite di persone che non conosciamo ma con cui tuttavia familiarizziamo empaticamente.
Ai quadri si alternano vecchie bandiere e stendardi, fotografie scolorite, lettere di ringraziamento, pezzi di stoffa ricamata a mano e tantissimi cuoricini di metallo.
È curiosa la storia dei cuoricini. Introdotti a partire dal secondo dopoguerra, sostituiscono vecchie tipologie di ex voto messe al bando dal Concilio Plenario Sardo e dal Sinodo di Bosa. Se prima venivano affisse alle pareti sculture realizzate in cera che riproducevano arti come gambe, braccia, mani e piedi ecc., oggi quella simbologia dal retrogusto pagano è stata sostituita dal sacro cuore che più si addice alla rappresentazione dell’iconografia cristiana.
Bene, penso di avervi svelato anche troppi particolari su un luogo che merita sicuramente di essere visitato. La chiesa di San Costantino costituisce un unicum in Sardegna e io vi consiglio di farci un salto non solo nei giorni dell’Ardia ma anche in momenti più “calmi” per cogliere meglio i minuziosi particolari che, nella confusione della folla, potrebbero sfuggirvi.