di LAURA FOIS
Se dovesse scegliere una canzone per rappresentare la sua vita, Giuseppe Sircana sceglierebbe “Eh… già” di Vasco Rossi. “Eh già, sembrava la fine del mondo” quell’incidente che lo costringe ad usare da una ventina d’anni una carrozzina. “Ma sono ancora qua”, canticchia mentre già pensa al prossimo viaggio, lui che è un’insaziabile curioso e viaggiatore incallito.
Giuseppe sei uno sportivo a 360°, quali attività pratichi? Ho sempre fatto molti sport: basket, tennis, sci, vela. Ho anche il patentino da sub, mentre quest’anno ho iniziato lo sci nautico.
Questi sono sport classici, in realtà sei specializzato in quelli estremi.. Eh già! Ho fatto paracadutismo a Serdiana, il bungee jumping vicino ad Asiago e il parapendio a Rio de Janeiro.
Mai avuto paura? Posso dire che ho avuto meno paura lanciandomi da un aereo, perché a più di 4000 metri l’occhio umano vede ben poco; le case sembrano puntini pertanto il cervello non “percepisce” il pericolo anche se sa benissimo che c’è. Ho avuto un pizzico di paura col bungee jumping perché il ponte era alto 175 metri e vedevo tutto, in particolare dove sarei andato a sbattere… Il parapendio invece mi ha messo duramente alla prova. Ero su una collina, davanti a me la foresta dello Tijuca, un paesaggio bellissimo, la costa con i suoi grattacieli e il mare. Non c’era vento, quindi hanno dovuto scaraventarmi giù, in modo che il paracadute si gonfiasse… ma è andata bene! Vedere Rio dall’alto è stata un’esperienza fantastica. Quando siamo atterrati sulla spiaggia ho notato che erano più felici le persone che mi aspettavano. Tanti paracadutisti, tante persone che amano questo sport mi hanno accolto come uno di loro. Festeggiato, urlavano dalla gioia. Erano veramente contenti, più di quanto lo potessi essere io. Ricordo ancora che mi sollevarono di peso dalla spiaggia, dopo avermi liberato dal paracadute e portato dalla mia migliore amica: la carrozzina.
Con la quale giri il mondo… Ho viaggiato tanto. Ho visto quasi tutta l’Europa; sono stato otto volte in Africa, ho visto tante città delle Americhe, sono stato più volte in Asia e in Oceania. Nell’ultimo periodo ho visitato l’Indonesia, l’Australia e la Nuova Zelanda. A Bali, per puro caso, ho conosciuto una ragazza di Pistoia che lavora in un’agenzia di viaggi. Lei aveva già in mente un progetto e ha scelto me per portarlo avanti. Una società inglese vorrebbe sfruttare la sua idea, far viaggiare un disabile in giro per il mondo con il compito di controllare l’accessibilità dei posti visitati, dagli hotel ai tours etc. Non ho ancora deciso. Da una parte mi piacerebbe tanto, potrei chiedere un anno di aspettativa e lasciare il mio posto di lavoro all’Università di Sassari. Se accettasi l’offerta dovrei lavorare e non so se riuscirei a unire le due cose: il lavoro con il divertimento. Staremo a vedere.
Come direbbe Vasco, “il tempo di inventarsi un’altra diavoleria!”