“FA’ LA COSA GIUSTA” ALLA FIERA DI MILANO CITTA’: LA SARDEGNA PRESENTE E PROTAGONISTA

di SERGIO PORTAS

Quest’anno a “Fà la cosa giusta” si entra gratis. E’ per il quindicesimo compleanno, alla “vecchia” fiera del Portello. Ci vado da sempre anche se, come tutti questi eventi che debordano per eccesso di offerte, il più delle volte mi vedo costretto a vagare per ore tra cibi vegani, birre artigianali d’ogni dove, laboratori di saponi naturali: un magico sacchetto contenete sali di magnesio  consentirebbe di fare 365 bucati prima di essere opportunamente riciclato ( i dirigenti della “Dixan” pensano già al suicidio di massa). Comunque lo proverò, che noi pensionati siamo aperti a questo tipo di risparmiose novità. E poi più di 400 cosiddetti eventi, divisi in ben 10 sezioni tematiche e 17 aree speciali e 700 espositori, meno male che la prima in assoluto ( almeno sulla “brochure” dell’ufficio stampa) titola : Turismo consapevole e percorsi e che la Regione Sardegna ha deciso, per la prima volta, di essere presente  con uno spazio tutto suo a questa fiera del consumo  critico e degli stili di vita sostenibili. “A Milano promuoviamo alcune specificità dei territori della Sardegna legate a segmenti del turismo lento ed esperienziale – ha detto l’assessora del Turismo, Artigianato e Commercio Barbara Argiolas, intervenuta ieri all’evento – la sostenibilità ambientale ed economica è il loro filo conduttore, attorno ad essa stiamo costruendo un’offerta incentrata sulle comunità locali e le loro specificità agroalimentari e artigianali, capace di intercettare una domanda di vacanza specifica e in crescita sui mercati nazionali e internazionali, specie per le zone interne”. E ancora: “Si tratta di un turismo legato a comunità incentrato sul benessere delle persone e sulla condivisione di culture ed esperienze tra viaggiatori e cittadini,   un’esperienza che consente di vivere al meglio il patrimonio paesaggistico e culturale alla scoperta di luoghi in cui l’accoglienza è considerata sacra”. Con lei erano anche Rosa Giorgi, direttrice del museo dei Capuccini di Milano e Miriam Giovanzana direttrice editoriale di “Terre di Mezzo”, praticamente la padrona di casa perché sono loro gli organizzatori della fiera, ne hanno fatta di strada dal 1994 quando ebbero l’idea di un giornale che i senza casa di Milano (allora si chiamavano “barboni”) avrebbero tentato di vendere in giro per la città. Ora hanno anche una fiorente casa editoriale a cui la Regione Sardegna ha commissionato la stampa dei preziosi libretti che descrivono dettagliatamente sia i “Luoghi francescani in Sardegna”, 14 località da scoprire tra arte, storia e spiritualità, sia il “Cammino minerario di Santa Barbara”, a piedi in Sardegna tra storia e natura, a cura di Giampiero Pinna. Ne scrive e bene Irene Cabiati sulla “Stampa Viaggi”: “Il Cammino di Santa Barbara percorre il Bacino minerario del Sucis-Inglesiente-Guspinese fra i boschi del Marganai, le dune di Piscinas, le spettacolari grotte di Is Zuddas e i promontori a strapiombo sul mare da cui emerge fieramente l’isola di Sant’Antioco. Si cammina inseguendo le orme dei minatori e delle loro famiglie, visitando villaggi e chiese, particolarmente quelle dedicate alla protettrice dei minatori Santa Barbara di Nicomedia, percorrendo le mulattiere (alcune risalgono all’800 a.C. e ci ricordano che furono tracciate da fenici e romani) e le strade ferrate costruite nell’Ottocento per il trasporto di materiali. Il pellegrinaggio sfiora il ventre della terra da cui si estraevano i minerali (piombo, argento, zinco) e carbone che hanno consentito alla Sardegna di partecipare attivamente allo sviluppo del «continente», ma anche in Mediterraneo e in Europa. E ancora: “L’ARGENTO DI OGGI SI CHIAMA TURISMO: Quel patrimonio ultrasecolare di terra e tradizioni, plasmate dal sudore, è andato in declino alla fine del Novecento come risorsa per l’industria. Ma grazie alla caparbia volontà di coloro che conoscono il valore di tanto lavoro, come l’Associazione Pozzo Sella, è stato trasformato in una risorsa turistica non soltanto per le bellezze paesaggistiche, ma soprattutto per il valore storico e archeologico. La guida è di Giampiero Pinna, il geologo propone 24 tappe su 400 chilometri di sentieri e mulattiere e strade lastricate fino a quota 900. Fu lui a proporre l’occupazione della galleria mineraria di Villamarina-Pozzo Sella che rese possibile, dopo tante incertezze politiche, la costituzione di questo Parco riconosciuto dall’Unesco, affidato in gestione alla fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara che rilascia le credenziali agli escursionisti con pergamena.( c’è tutto su: www.camminominerariodisantabarbara.org). Allo stand della Regione trovo Renato Tomasi del servizio promozione turismo culturale e religioso, di Uras, affiancato da Egidio Cadau che se gli chiedi di dov’è ti dice Pauli Arbarei dove è stato  vice-sindaco, anche se è nato a San Gavino, mi dicono dell’idea di utilizzare quello che , il primo di maggio, è il cammino che porta la statua di S. Efisio sino a Nora rendendolo percorribile tutto l’anno per i pellegrini, poi del cammino di San Giorgio vescovo di Suelli, a cui sono interessai 20 comuni dell’Ogliastra, quello di Santu Jaccu che coinvolge 8 chiese, fino al Percorso Francescano con Laconi e Gesturi che la fanno da padroni peri loro prestigiosi frati: Sant’Ignazio e Nicola. A fare da preziosi  ambasciatori di Sardegna i suonatori di Launeddas Dante ( anche se qui prevalentemente in veste di costruttore) e Roberto Tangianu, padre e figlio, con loro l’organettista di Sarule Peppino Bande. Ieri mattina in piazza Vegan mi sono perso l’appuntamento che “Cibo Crudo” ha dedicato ai dolci raw, quelli a base vegetale e senza cottura, ricette semplici ma molto golose come il cremoso con fragole, cacao e cocco e i tartufi al cacao e nocciole. Regina dell’evento è stata Barbara Silanus, chef di “Golosamente Intollerante” ( trovasi naturalmente su internet). Intollerante al latte e celiaca, di queste sue “malattie” Barbara ha fatto la sua forza, è venuta a studiare in continente ingegneria informatica e si è pure laureata ma, da sempre appassionata di pasticceria, ha deciso di buttarcisi a corpo morto scegliendo di specializzarsi in pasticceria salutistica, vista anche la sua esperienza personale di convivenza con le intolleranze.  Potete sentirla anche voi su “You Tube”, con un delizioso ineliminabile accento sardo, descrivere la preparazione di un dolce vegan al cucchiaio alle nocciole in un primo video, in un secondo tratta di tortine al cacao con marmellata di arance e peperoncino. Classe 1983 si è formata presso l’Accademia di Pasticceria nella scuola icook di Chieri (To), qui tra gli altri maestri ha trovato anche il cioccolatiere Gianluca Aresu. Il babbo Giuseppe se ne era andato da Cagliari a 18 anni , e a tredici già lavorava in panificio,ma  fatta fortuna nel campo della pasticceria a Torino (Gianluca è nato lì), nel 1974 torna a Cagliari e apre la Pasticceria Piemontese, è un susseguirsi di successi professionali improntati sulla qualità della produzione dolciaria, premi e riconoscimenti e la nomina di Cavaliere del lavoro. Gianluca, buon sangue non mente, è un vero e proprio “mago” del cioccolato, specializzato nella lavorazione del cioccolato artistico, insegna anche presso la scuola d’Alta Cucina Boscolo Etoile Academy (Tuscania) e un’altra ne ha messo su a Cagliari: l’Italian chef cooking school. La sua allieva invece ha messo su famiglia a Gerenzano, ha continuato a seguire corsi d’ogni tipo:  dalla pasticceria mignon ai lievitati senza glutine, dalle cremosità estive ( all’Art chef di Cagliari con Aresu) alla panificazione e pasta madre al Joia di Milano tenuto dallo chef Pietro Leemann. Non è che Barbara voglia stupire facendo a meno per i suoi dolci di latticini, uova, zucchero, semplicemente ha l’ambizione di farne di diversi ma altrettanto golosi, usando altri ingredienti, che la sua non debba essere per una nicchia ma per tutti. Per parte mia me ne vado a trovare lo stand di Salvatore Bussu di Ollolai ma che ha l’azienda agricola sull’altopiano di Campeda, vicino Macomer. Il loro prodotto di punta è il Fiore Sardo DOP, sono anche, ed è il caso di sottolinearlo “presidio Slow Food”, il Fiore Sardo è il tipico formaggio dei pastori, la tecnica prevede una lavorazione a latte crudo, appena munto il latte è posto in caldaie di rame e coagulato a una temperatura media di 32, 35°, utilizzando caglio d’agnello allevato lì. Perché venga buono ci vogliono pecore sarde e pascoli erbosi con le maggiori varietà d’erba possibili. L’altipiano di Campeda da questo punto di vista è davvero particolare attraversato com’è da piccoli corsi d’acqua a carattere temporaneo, alimentati dalle precipitazioni, gli avvallamenti nel terreno sono colmati dalle acque meteoriche che formano dei piccoli bacini di ristagno. Le 2000 pecore che vi vivono allo stato brado, su 200 ettari di quel terreno, sono tutte di razza sarda. Per essere uno che, l’anno scorso a Bergamo, è arrivato secondo assoluto tra tutti i formaggi d’Italia nella categoria 24 mesi di stagionatura all’Italian Cheese Award 2017 ( primo un Parmiggiano Reggiano), Salvatore non se la tira più che tanto, conviene con me che i “prezzi da fiera” siano un tantino salati, rispetto a quelli che ti fanno se vai a trovarli a Macomer ( posso testimoniarlo, io ci sono capitato un paio d’anni fa e sono stati di un’ospitalità che non si dimentica). Guspinese?-mi dice- c’è mio cugino a Guspini che pure lui fa il Fiore Sardo, Bussu Antonio, ci ha l’azienda nella strada per andare a Torre dei Corsari ( località Putzu Nieddu n.d.r.). Giuro che la prossima estate, quando vado al mare a Torre, vado a trovarlo e gli porto i saluti.

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