di ANGELINO MEREU
All’evento, organizzato da La Compagnia in collaborazione con ACSIT (Associazione Culturale Sardi in Toscana), ha presenziato il Regista Giovanni Columbu che, dopo il saluto e l’introduzione del Presidente ACSIT Angelino Mereu, ha dialogato con il pubblico sulle tecniche di realizzazione e sui contenuti del film
Il film/documentario si basa su alcune credenze popolari che raccontano delle surbiles, donne apparentemente uguali a tutte le altre, che fra il tramonto e l’alba, nel sonno o attraverso l’uso di droghe, abbandonano il loro corpo fisico, penetrano nelle case in cui ci sono dei bambini e succhiano loro il sangue. A queste donne, in passato, nei paesi della Sardegna Centrale, veniva attribuita la morte improvvisa e inspiegabile di molti bambini.
Il film racconta e ricostruisce visivamente alcune di queste storie emerse inaspettatamente da un’inchiesta antropologica effettuata diversi anni fa per un altro documentario dello stesso regista intitolato “Visos” che aveva come tema i sogni.
Nel suo lavoro Columbu riesce a coniugare testimonianze dirette con scene ricostruite, facendo rivivere sensazioni e atmosfere fortemente legate a leggende e credenze popolari che, comunque, trovano un riscontro nella realtà e nella memoria delle persone intervistate.
E’ un mondo tra realtà e fantasia quello che ci racconta “Surbiles”. Un mondo che trova consistenza e concretezza in realtà popolari, legate a fenomeni fuori dalla norma che individuavano in alcune persone la causa e l’origine di fatti ed eventi non altrimenti spiegabili. Una realtà dove la conoscenza non permetteva di capire cosa determinava l’alta mortalità infantile e dove era molto più semplice trovare una “spiegazione” che attribuiva a esseri fantastic come le surbiles l’origine di tali fatti.
La storia proposta da Columbu è molto diretta, nuda e cruda, senza orpelli o interventi pesanti da parte del regista. I paesaggi e le inquadrature sono genuine, senza filtri, e presentano scorci di paesi e di campagne, al limite del pittorico.
Molto bello il finale con la scena di un ballo tondo danzato intorno a un falò, senza musica, al solo ritmo dei piedi. Quasi una danza propiziatoria con le persone unite in un cerchio dove, muovendosi all’unisono, danno quasi l’idea di evocare quella forza che solo l’unità può dare. Quella forza necessari per affrontare gli eventi, terreni o sopranaturali che siano.