di TONINO OPPES
“Cantare la prima volta E mi drommia davanti a un pubblico non sardo, è stata un’emozione grandissima”. Al Tan Jazz di Tangeri, in Marocco, Filomena Campus ha dato voce ai versi, rigorosamente in limba, del poeta di Pozzomaggiore Antonio Maria Pinna. Lo ha fatto a metà concerto e gli applausi non sono mancati.
“E’ stato molto bello. Cantare in sardo per me ha un sapore dolcissimo. Mi è sembrato un riconoscimento alla mia terra e alla nostra dolcissima lingua più che un omaggio alla mia esibizione”.
Racconta con gioia, e sorride, Filomena Campus, quando rivive quei momenti. Artista della musica jazz ormai affermata a livello internazionale, vive da anni a Londra, con la Sardegna sempre nel cuore.
“Come posso dimenticarla? Custodisce le mie radici più profonde, i miei affetti: nell’Isola vivono mia madre, i miei nipotini, amicimolto cari.Certo la mia vita è qui a Londra, con mio marito, ma non toccatemi la Sardegna”.
Filomena Campus ha accettato di raccontare la sua storia.
Ci incontriamo a Cagliari,in uno dei chioschi del Poetto, zona ospedale Marino. Filomena è in compagnia del marito, il noto giornalista Rai, Marco Varvello, da anni corrispondente da Londra. L’autunno è alle porte, ma l’estate non si vuole arrendere. Il sole ci accarezza mentre dal mare arrivano le voci dei bagnanti.
“Come è nata la passione per la musica?”
“La passione per le arti, la musica, il canto e la danza erano già chiari in me fin da piccola, ma Macomer -dove sono nata e cresciuta- non aveva molto da offrire. Sognavo. E aspettavo di crescere e di partire. Quel momento è arrivato con l’iscrizione all’Università a Cagliari: qui ho vissuto anni bellissimi. AllaFacoltà di Lingue e Letterature Straniere ho creato un piano di studi inusuale edecisamente artistico, con esami di semiotica e storia del teatro e del cinema, oltre a quelli di letteratura inglese e tedesca.”
“Che ricordi hai di quegli anni?”
“Gli anni di Cagliari sono stati pieni di vita, sole, con il mio mare, studio, libri, amici cari, affetti veri. Anni in cui la passione per la musica è venuta fuori con tutta la sua forza. Studiavo danza, che mi piaceva tantissimo, ma facevo anche concerti. Ho avuto la fortuna di suonare con persone che poi negli anni sono diventate molto care, in particolare Salvo Di Giuseppe e Giomi Porcu con i quali avevamo fondato un trio vocale alquanto surreale e quasi cabarettistico. Ci facevamo scherzi incredibili durante i concerti.”
“Danza, concerti, ma anche teatro …”
“Sì, iniziai a frequentare laboratori teatrali con gli Actores Alidos, e mentre preparavo gli esami di letteratura studiavo i testi di Goldoni, Shakespeare e Beckett, con grande avidità. Tanto da farne materia per la mia tesi di Laurea. Curioso: mi sono soffermata sul festival Fringe di Edimburgo. Non sapevo che anni dopo avrei partecipato allo stesso festival, questa volta da artista e da regista. A Cagliari studiavo, lavoravo, e sognavo Londra.”
“E, finalmente, eccoti a Londra c’è stato l’incontro con il grande jazz, ed è arrivata la svolta?”
“E’ vero. Il jazz e’ sempre stato nel mio cuore. Però anche qui è stata fondamentale la formazione in Sardegna. Tutto è cominciato con il seminario di Nuoro che ho frequentato subito dopo la laurea. E’ stato il colpo di grazia alla mia carriera di insegnante di Lingue e Letteratura appena iniziata. Ho lasciato l’insegnamento di punto in bianco per concentrare le mie forze sul mio spirito artistico, con tutte le difficoltà che una tale decisione comportava. Ho iniziato a collaborare con jazzisti bravissimi come Massimo Ferra, Massimo Tore, Paolo Carrus, il caro Roberto Pellegrini, a scrivere i primi testi, a studiare in privato con insegnanti come Maria Pia De Vito, grande maestra e amica. Sono partita da Cagliari nel settembre 2001 per frequentare un Master in regia teatrale al Goldsmiths College, University of London, incoraggiata da una grande docente universitaria, Laura Sanna, che ha creduto molto in me: le sono infinitamente grata. Volevo crescere, studiare e migliorarmi sia nel campo teatrale che nel jazz, ma ti assicuro che non è stato facile. A Londra non conoscevo nessuno, ho costruito tutto con la testardaggine sarda e con il supporto di un paese che nonostante le difficoltà, il duro lavoro mi ha permesso di realizzare i miei sogni, che sarebbero rimasti tali in Italia. Con Brexit oggi forse non sarei più cosi ottimista. L’apertura alla multiculturalitàera uno degli aspetti più belli di Londra, ora non so.”
“Finito il Master cosa hai fatto?”
“Piena di entusiasmo e di speranze, ma anche con i piedi molto per terra, ho iniziato a collaborare con alcuni musicisti jazz di altissimo livello. Il vibrafonista Orphy Robinson mi ha invitato a cantare in un suo tour inglese, e nel 2002 ho iniziato una collaborazione, che ancora continua, con alcuni dei più grandi jazzisti inglesi contemporanei: alcuni faranno parte della band che mi accompagna nella regia di “Monk Misterioso” con il testo di Stefano Benni, con cui collaboro dal 2006. Ci incontriamo spesso a Londra, ma anche in Sardegna. L’ultimo nostro lavoro lo abbiamo portato a Monte Sirai di Carbonia, un luogo incantevole e ricco di storia.Benni è uno scrittore straordinario che ama tanto la nostra Isola.”
“Con voi, a Monte Sirai, c’era anche un quartetto di musicisti straordinari.”
“Sì. Dopo anni di collaborazioni e progetti diversi, nel 2010 ho creato il mio quartetto con Steve Lodder al piano, Dudley Phillips al contrabbasso e alla batteria Rod Youngs. Abbiamo inciso L’album Jeste of Jazz” che da anni portiamo in tour in tutto il mondo, con tappe in Germania, Marocco, Giordania, Italia, UK a Doha in Qatar. Il 26 novembre suoneremo di nuovo a Londra al PizzaExpress, il jazz club storico che per tre anni ha ospitato il mio festival My Jazz Islands.”
“Ecco, parliamo del tuo festival. Il My Jazz Island Festival, che ha visto anche la partecipazione di Paolo Fresu e Antonello Salis, è un omaggio in musica alle due isole. Puoi raccontare come è nata l’idea?”
“La musica è un grande strumento di comunicazione. Il mio obiettivo era quello di creare un ponte fra due isole, la Sardegna e la Gran Bretagna, con la speranza di diffondere la conoscenza della nostra Isola tra i britannici. Quasi nessuno dei Londinesi presenti ai concerti aveva mai sentito parlare di nuraghi e, ovviamente, dei guerrieri di pietra: tutti alla fine hanno dimostrato particolare interesse verso un’isola tutto sommato vicina, ma ancora misteriosa. Tutti gli spettacoli sono stati seguiti congrande attenzione dai media inglesi, a conferma del prestigio raggiunto dal progetto artistico che ha rappresentato una grande occasione per parlare di Sardegna al pubblico, ma soprattutto ai giornalisti inglesi. Purtroppo quel festival, che si reggeva su uno scambio musicale, tre giorni a Londra, tre giorni nella nostra Isola, ora continua solo a Londra. E’ un peccato. La Sardegna ha perso una grande opportunità.”
“Ti esibisci con il quartetto, ma talvolta in coppia con un chitarrista sardo Giorgio Serci.”
“E’ vero. Nel 2014 è nata una collaborazione con Giorgio Serci, che è uno straordinario chitarrista e compositore sardo che vive e lavora a Londra da tanti anni. Con lui è nato l’album Scaramouche, che mette insieme il jazz con la musica tradizionale sarda. Le musiche sono le sue, i testi miei, un assolo del leggendario Kenny Wheeler e la copertina del grande artista sardo di Banari, Giuseppe Carta. Musica parecchio ispirata alle nostre radici con una apertura a ritmi lontani, al teatro e alla poesia.”
“Tanto jazz però non ti ha impedito di trascurare il teatro?”
“Nel campo teatrale ho imparato tanto. A Londra il teatro ha una grandissima importanza ed è studiato seriamente, dalla scuola elementare fino ai Dottorati di ricerca. Ci sono centinaia di spettacoli ogni giorno e di qui passano i più grandi artisti e registi. Non si può non restare coinvolti. E io ho avuto la grande fortuna, oltre che il privilegio, di insegnare in alcune Facoltà di teatro, prima con poche ore alla settimana, poi alcuni giorni e nel 2008 sono diventata responsabile del Master di regia teatrale alla University of Essex. Incarico che ho dovuto lasciare perché mi impegnava troppo, ma per non mollare ho deciso di diventare freelance. Presto curerò la regia di un nuovo progetto con gli studenti dell’ultimo anno del corso di World Performance della stessa Facoltà.”
“I tuoi prossimi impegni in musica?”
“Con il quartetto abbiamo in cantiere un nuovo album che probabilmente si chiamerà “Queen Mab”, la regina delle fate che aiuta gli artisti a partorire i sogni. Una figura leggendaria che si trova nel testo di “Romeo e Giuletta” di Shakespeare. Queen Mab, suggerita dalla traduzione bellissima che ha fatto Benni per il nostro spettacolo, mi ricorda donnestraordinarie come Franca Rame, Maria Carta, Pina Bausch, Marina Abramovic, ma anche le Janas, che hanno ispirato la nuova canzone con la poesia di Antonio Maria Pinna, tratta proprio dal tuo libro Il Ballo con le Janas, sulla musica del pianista Steve Lodder. La abbiamo cantata per la prima volta al festival jazz di Tangeri, il 17 settembre. Alla batteria per questa occasione uno dei maestri dei seminari jazz di Nuoro, Ettore Fioravanti. Ora mi toccherà continuare a viaggiare anche con le Janas. Ma sarà un piacere. Sai perché? E mi drommia mi regala un sogno. Mi fa tornare agli anni dell’infanzia. Mi rivedo bambina con mia nonna, e lei che, prima di dormire, mi racconta la storia delle janas. Beh ora spero proprio di cantarla tante volte ancora, in Sardegna, come ho fatto il 27 gennaio ad Alghero. Magari anche a Pozzomaggiore, dove sono nati quei versi”.
Grazie Tonino Oppes per la bella intervista.