di LUCIA BECCHERE
«Alle amiche, adolescenti di ieri e donne di oggi» è dedicato il romanzo Le Furie (Robin edizioni) di Mariachiara Farina, trentatreenne avvocato nata a Nuoro che vive e lavora a Milano.
Il titolo trae la sua origine dalla mitologia, le Furie (in quella romana) sono le greche Erinni, divinità messe in relazione al mondo sotterraneo che puniscono chi viola l’ordine morale e vendicano i delitti di sangue. Le Erinni, che avevano perseguitato Oreste per l’uccisione della madre, sono proiettate sulle protagoniste del romanzo, Altea, Tiziana e Melania. La figura materna è punto di partenza e di ritorno, l’autrice riflette sull’identità femminile per poter risalire alle origini (la madre), sostenendo che un figlio, pur generato da un uomo e una donna, viene sempre concepito dal ventre materno. «Essere padre non è una condizione che cresce dentro» come avviene per la madre, il padre si accorge della nuova vita che arriva solo dalla trasformazione fisica della donna. «È una questione di ciò che si prova, dunque è difficile immaginare ciò che non si vive, per cui è importante il dialogo, la condivisione e la comprensione».
Mariachiara Farina, nonostante la giovane età, affronta con grande sensibilità il difficile tema delle dinamiche familiari, descrive la vita delle tre protagoniste e analizza in maniera sottile, quasi scientifica, cause ed effetti, senza che mai venga meno il lato umano della sua visione: «c’è sempre una giustificazione», afferma nel rispetto di ogni individuo.
Grazie ad un sapiente uso delle metafore, l’autrice evoca una realtà vissuta e sofferta: la finestra oltre i vetri offre il mondo fuori di noi, lo specchio rappresenta ciò che ci fa guardare dentro, mentre la fotografia ferma per sempre istanti di vita. Melania accosta e sovrappone le foto alla ricerca di se stessa e delle sue origini quasi a voler tracciare l’anatomia della sua esistenza.
La protagonista, Melania, di cui la scrittrice traccia un profilo autentico mettendo a nudo le inquietudini che la accomunano a tutti i giovani che rifiutano il confronto per rifugiarsi nella ribellione, è il simbolo di intere generazioni. Tutto la separa da Altea (la nonna) e Tiziana (la madre): l’età, il linguaggio, perfino la gestualità denota insofferenza alla stessa convivenza che trova opprimente. Solo l’indifferenza, il silenzio e l’incomunicabilità uniscono le tre donne. Se, per Melania, Tiziana «non esiste», Altea «esiste fin troppo». Ma lei che non contempla di essere privata della propria libertà reagisce nel modo sbagliato, rifugiandosi nel silenzio e nella fuga. La scelta sarà una sola: spezzare le catene alla ricerca di se stessa per appropriarsi della propria identità. La troverà solo se saprà ascoltarsi, nel donare e nel donarsi in un reciproco scambio di energie positive perché solo così si diventa adulti, si cresce solo se consapevoli che la conoscenza di noi stessi passa attraverso quella degli altri.
Melania, che non deve aspettarsi dalla madre più di quanto lei non possa dare in quanto pervasa da forti sensi di colpa per aver tradito le aspettative del padre, rischia a sua volta di riversare le stesse proiezioni negative sull’uomo che le sta accanto.
Per ritrovare la loro identità, madre e figlia dovranno dunque fare un lungo e difficile percorso sostenendosi a vicenda, libere da proiezioni che minano gli equilibri di un sano rapporto.
Tiziana si affrancherà dalla madre «a cui la legava una comunanza profonda, fluendo dall’una all’altra come acqua che penetra le fibre di un tessuto » e si libererà dalle proprie frustrazioni solo rapportandosi in modo diverso con la figlia. Solo in questo vicendevole scambio Tiziana troverà nella figlia se stessa e la capacità di rendersi libera mentre Melania, che è tutto ciò che ha assorbito dalla sua famiglia, imparerà a comprendere che lei non è solo se stessa ma è anche sua madre e sua nonna. Solamente dopo questo percorso potrà affermarsi come individuo e arricchita dell’affetto materno non solo restituirà la reale identità al padre, che fino a quel momento aveva confinato in un ideale astratto, ma potrà anche aprire il suo animo al compagno Claudio che senza proiettare niente su di lei, l’accetta cosi com’è e sostenendola nel suo cammino l’aiuterà a crescere.
Nel momento in cui i visi delle tre donne compariranno uno accanto all’altro al di là del vetro della finestra spalancata sulla sua vita, sarà per Melania come «un partorire se stessa».
Le Furie ha una forma è curata ed elegante ed è capace di trascinare il lettore dentro la storia nella quale anche la natura presenta il suo volto positivo al pari dell’arte «che rivela il sostanziale dissolversi della distinzione tra il mondo reale e la sua riproduzione artistica». Il romanzo offre spunti di riflessione non soltanto ai giovani e ai meno giovani ma anche ai genitori che corrono a volte il rischio di crearsi aspettative nei confronti dei figli senza rispettarne inclinazioni e attitudini. Allo stesso tempo regala momenti di fuga e di pace nel riproporre vicende che invitano ad amare per essere amati, a leggere i silenzi oltre le parole, a colmare i vuoti degli affetti, a tendere la mano a chi ne ha bisogno per ritrovare noi stessi.
www.ortobene.net
Grazie a Tottus in PARI, che amplifica la nostra voce e accorcia le distanze.
Vista da queste pagine, l’Isola sembra già più vicina 🙂