di Giovanni Salis
A tre anni dalla presentazione di “Perfidia” al Festival di Locarno, prestigioso inizio del viaggio di un’opera molto apprezzata da critica e pubblico, e a sei dall’esordio con “Sa Gràscia”, Bonifacio Angius torna dietro la macchina da presa per dare vita al suo terzo lungometraggio “Ovunque proteggimi”. Questo è il titolo scelto per il nuovo lavoro appena concluso, girato tra Sassari, Porto Torres, Sorso, Cagliari, Ploaghe e Codrongianos. Un film profondamente legato al tempo in cui viviamo che nasce da situazioni vissute e immaginate, mettendo in scena la storia di un incontro tra due solitudini interpretate da Francesca Niedda e Alessandro Gazale.
Abbiamo incontrato Bonifacio all’interno di un bar, al centro della sua Sassari, insieme a Francesca – sua compagna di vita, e ora anche d’arte, dopo aver recitato come protagonista – e la piccola Mila imbacuccata nel passeggino, a fare capolino per regalare sorrisi e risate. Di seguito il risultato di questa interessante chiacchierata ricca di riflessioni e spunti sul mondo del Cinema e non solo.
Hai appena terminato di girare il tuo ultimo film “Ovunque proteggimi”, com’è stata questa esperienza lavorativa? Un’ottima esperienza, con tutti i pro e contro che si devono vivere quando affronti la lavorazione di un film, che è molto faticosa e stressante ma restituisce sicuramente grandi gioie. Poi è sempre bello lavorare con la troupe perché si crea affiatamento, pur nei naturali contrasti. Sopratutto in un lavoro intenso e duro come questo, in cui ci sono tempi da rispettare.
Spiegaci il titolo del film, ovunque proteggimi da cosa? Da chi? E perché? Il protagonista del film è un personaggio apparentemente negativo che sfrutta la negatività per trasformarla in positività. In questo contesto diventa una sorta di angelo custode – inconsapevole – di una donna rimasta sola al mondo con alle spalle una vita di macerie.
Rispetto ai tuoi precedenti lavori, in particolare all’ultimo “Perfidia”, che film è? Ci sono differenze sostanziali? La differenza principale sta proprio nel protagonista. Mentre in Perfidia racconto un personaggio, Angelino, completamente passivo, che subisce il mondo e poi, in un guizzo di follia e rancore, commette un atto estremamente violento, qui è l’opposto: c’è un personaggio, Alessandro, nella vita molto impulsivo a causa di problemi legati all’emotività che non riesce a gestire. Uno abituato per natura a usare quotidianamente la violenza che a un certo punto sfrutta questa sua impulsività per fare qualcosa di positivo.
Come hai scelto le location del film? Da cosa nasce la scelta di ambientare i tuoi film in Sardegna, e nella provincia di Sassari in particolare? Io vivo qui, conosco questo posto e la gente che ci abita, per questo motivo ambiento le mie storie quaggiù. Chiaramente ho anche pensato di girare i miei film in altri luoghi, ma credo che prima vada raccontato questo mondo. C’è ancora tanto da dire, e non mi sembra che il cinema lo stia facendo. Sono pochi gli autori che raccontano il loro ambiente, ed è un peccato.
Come nasce il soggetto di un film di Bonifacio Angius? Fai tutto da solo o ti avvali della collaborazione di qualcuno? Naturalmente l’idea iniziale, principale, parte da me, poi per la sceneggiatura vera e propria collaboro con Fabio Bonfanti, uno sceneggiatore di Bergamo, e con lo scrittore di Sassari Gianni Tetti.
Come nascono i tuoi personaggi? E come decidi a quale attore assegnare un ruolo, in particolare ai protagonisti principali? I miei personaggi nascono quasi sempre da me stesso, da alcuni lati del mio carattere portati all’estremo. Ad esempio in quest’ultimo film, i due protagonisti, Alessandro e Francesca, sono entrambi una rappresentazione di me. Se un attore recita bene significa che è il regista ad averlo scelto e messo in condizioni di rappresentare al meglio il suo pensiero.
Come ti aspetti che venga accolto dalla critica e dal pubblico? I personaggi di questo film si prestano a un racconto meno cupo rispetto a Perfidia, quindi penso sia un film che abbracci un pubblico più ampio rispetto ai precedenti.
Pensi che il Cinema abbia un ruolo nella nostra società? Si, ma come espressione artistica di un essere umano. Io non ho la presunzione di mandare messaggi politici o sociali, penso che i film di per sé, se raccontati in maniera sincera abbiano un messaggio già intrinseco. Non sento la necessità di lanciarne uno, non amo per questo i film a tema, poiché la maggior parte delle volte non sono sinceri.
I tuoi film hanno raccolto il successo che meritavano o ti aspettavi qualcosa di diverso? Sono soddisfatto del percorso intrapreso fino ad ora e spero duri a lungo dandomi la possibilità di realizzare almeno qualche altro film. Ovviamente mi interessa che il mio lavoro venga visto da un pubblico sempre più ampio.
C’è un regista o una scena cinematografica che ha influenzato particolarmente il tuo percorso e la tua visione? Sì, quella finale del film “Una moglie” di John Cassavetes.
Progetti futuri? Tanti. Vediamo se ne troviamo almeno uno buono.
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Ammiro questo sardo che ha scelto di raccontare in priorità il nostro mondo, il cinema è l’arte e mezzo più per efficace per far conoscere la Sardegna!