di Roberta Pilia
È per queste piccole grandissime soddisfazioni che un circolo deve andare avanti, e sono queste piccole grandi soddisfazioni che fanno il successo del nostro Nuraghe. Piccole idee, quasi sussurrate che poi si rivelano come vincenti. Nello stendere la programmazione di massima abbiamo pensato che fosse importante incontrare gli amici regolarmente, per evitare che ci si perda di vista.
Il nostro primo evento di sabato 3 marzo, LE TRADIZIONI DEL CARNEVALE IN SARDEGNA, va letto in questa prospettiva: far conoscere le incredibili e molteplici faccette della tradizione carnevalesca sarda.
Se il carnevale è una tradizione tra le più sentite e seguite in Italia, figuriamoci in Sardegna, dove ogni più piccolo paesino ha le sue maschere ancestrali, i suoi piatti, le sue tradizioni per “esagerare” prima di entrare in Quaresima.
Noi al circolo Nuraghe, il carnevale l’abbiamo vissuto qualche giorno dopo rispetto al calendario, ma è stato molto sentito.
Ancora una volta, intorno alla trasmissione delle tradizioni, in questo caso dei mini documentari che raccontavano appunto le tradizioni di un carnevale ancestrale, pauroso, cupo, per chi non lo avesse ancora vissuto e conosciuto, ci si è riuniti per stare assieme, ritrovarsi, conoscersi, chiacchierare e discutere, soprattutto dopo…
Bisogna dire che la cena del “dopo”, c’è sempre un “dopo” enogastronomico al Nuraghe, ha davvero favorito le discussioni. Antonio Manca, il nostro chef titolare e il suo aiutante Antonio “Maucio” Masala, ha saputo stupirci con un piatto sardo tipicamente invernale, un piatto antico e di carattere, fave e lardo.
Molti dei presenti avevano un ricordo legato agli odori forti di questa specialità, una sorta di madeleine di Proust che ha riportato indietro ai nonni, ai babbus e mammais (babbi e mamme), ai focolari, ai riti stagionali.
Nel nostro carnevale non potevano certo mancare, preparate con amore e allegria da Damiana e Maria, , le zeppole, zippole, zippullasa, le regine del carnevale sardo, le fritelle dalle mille ricette, tante quante i paesini sardi, ognuna ovviamente la migliore… altri ricordi che ti prendono il cuore.
Io ho avuto la fortuna di viverli questi riti, ho avuto anche la rarissima fortuna di assistere del tutto casualmente, alla vestizione de “su componidori” della Sartiglia, momento indimenticabile. E per chi questi odori, questi riti non li aveva, è stata una scoperta incredibile, un altro motivo per andarla a scoprire di persona questa Grande Terra madre, così povera così ricca.
“Varrebbe proprio la pena di andare a scoprire quest’altra Sardegna meno conosciuta… mai avremmo potuto pensare tanta cultura, tradizione! Siamo un po’ sardi anche noi da quando veniamo al Nuraghe” (cit.)