di Eliano Cau
Conosco Vanessa Roggeri da diversi anni: la incontrai a Neoneli nel settembre del 2013 alla presentazione del suo primo romanzo, Il cuore selvatico del ginepro, e tra noi fu subito amicizia.
Cominciai a leggerla con fiducia perché mi pareva naturale aspettarmi da una giovane scrittrice col viso pulito e gli occhi sinceri una prova letteraria di valore. Non mi sbagliai. Fu, la lettura del romanzo, un piacere inarrivabile, una sorpresa imprevista perché, dopo tanta misera prosa sistemata indegnamente sugli scaffali delle librerie, alla fine avevo sotto gli occhi una scrittura senza tempo, densa e nitida, una storia fervida di passione e di sentimenti profondi.
Mi conquistò all’istante, infatti, la descrizione di una Sardegna magica dalle atmosfere buie e rutilanti e dagli usi arcaici, dove la paura si associa alla superstizione; e mi stregò il fulgido incipit che descrive il boato improvviso del tuono interrotto da un gemito: quello di una bambina appena venuta alla luce. La quale, a differenza di tutte le creature appena nate non è incolpevole. Infamata da un’onta non sua, l’avvolgerà per sempre un’ombra incancellabile. Essere la settima di sette figlie la condanna a una esistenza di tristezza, odio, emarginazione, perché in Sardegna, dove lei è nata, le bambine maledette vengono chiamate cogas, ovvero streghe. Che fare, dunque? La famiglia Zara, a cui appartiene la piccola sfortunata, ha deciso di liberarsene, ma Lucia, la primogenita, pur avendo solo dieci anni, si oppone alla criminosa decisione dei suoi. Sotto un veemente diluvio fugge di casa per portare al sicuro la sorellina a cui darà il nome di Ianetta. La famiglia Zara, ora che l’innocente è scampata alla morte, dovrà curarsene. Tuttavia la sorte della piccola è già stabilita. E infatti diventerà, mano a mano e sempre più una emarginata, invisa a tutti fuorché a Lucia, la sola a non averne paura e a intervenire in suo favore. La sola a intuire chi si celi dietro quello sguardo atterrito: una bimba smaniosa d’amore, di occhi amici, di una lusinga. Una creatura dal cuore vigoroso e selvaggio come il ginepro le cui radici, destinate a vivere a lungo perché dure e tenaci, quand’anche bruciassero di fuori, saprebbero continuare a vivere.
Per tutto questo ho amato immediatamente questo romanzo, le vicende di una bambina candida e il coraggio di Lucia, eroica protagonista che si batte contro le superstizioni in un luogo dove perdurano miti primitivi e cupi, dolcezza, odio e afflizione ma anche fiducia nel futuro.
Detto ciò, non potevo amare di meno la seconda prova narrativa di Vanessa, Fiore di fulmine, pubblicato due anni dopo, nel 2015. Acquistato e letto in brevissimo tempo per cercarvi le conferme che mi attendevo, anche questo romanzo canta, esalta il coraggio fatto anima e carne figurando una decisione ardua che va di là dalle scelte del cuore. L’autrice racconta l’audacia di una bambina e la risolutezza di una donna, una condanna e la lotta per rivedere un’alba nuova.
Un giorno, quasi al tramonto, l’aria incupisce, e immense nubi tenebrose corrono a tingere i raggi del sole che muore. Secondo gli usi del luogo, l’unica cosa da fare è rifugiarsi in casa, foderare gli specchi nella speranza che la tempesta dilegui quanto prima. Invece Nora, pur fanciullina di undici anni, incarna la temerarietà più sciagurata che gli abitanti di Monte Narba abbiano mai conosciuto e non vuole in alcun modo rifugiarsi da nessuna parte, così lotta contro i muggiti del vento sempre più furioso e si affretta a raggiungere la sommità dell’altura, là nei pressi. Sarà in quel luogo, sotto una maestosa quercia, che una folgore la centrerà scagliandola lontano, tramortita. Tutti, nel paese, si convinceranno della sua morte. Il destino di Nora sarà però un altro, e in realtà lei, spalancando miracolosamente le grandi iridi, riprende a vivere. La saetta le ha impresso l’impronta di un fiore vermiglio sulla pelle lattea e la facoltà di vedere ciò che nessun altro può vedere. I suoi familiari non la riconoscono più, a cominciare da sua madre, con la quale, di sera, soleva ricamare al flebile chiarore di una candela, e nemmeno i suoi fratelli, amati complici di scorrerie nelle selve vicine. Quelle come lei hanno un nome: bidemortos, perché comunicano coi morti, e tutti, per paura, le evitano. Simile alla Ianetta del primo romanzo, anche Nora sarà un’esclusa, un essere odiato, tanto che nel suo villaggio non potrà più stare.
Così si rifugerà in un convento a Cagliari, dove le recingerà l’anima un involucro di spasimi mentre attende inutilmente che tornino a prenderla. Fino a quando una donna vestita di nero, signorile e fiera, appare all’ingresso del monastero. Si tratta di Donna Trinez, una facoltosa patrizia che sa le vicende di Nora e ha cognizione di cosa voglia dire smarrire parte della propria coscienza. Perciò si è risolta ad aiutarla contro ogni stupida credenza popolare sapendo che un cuore ben disposto potrà far rinascere alla gioia anche un animo offeso.
La cercatrice di corallo, uscito per Rizzoli il 23 gennaio del 2018, è il portato narrativo dei due romanzi precedenti, frutto corposo e sapido, intriso di una prosa più che mai felice e ricca. Attenta e perspicace, Vanessa Roggeri è scrittrice di tempra che indaga nelle pieghe più riposte della nostra storia e ne trae vicende uniche e suggestive.
Regina e Achille si conosceranno nell’estate del 1919 davanti alle onde di una Sardegna fatata. Regina offre ad Achille un piccolo ramo di corallo, scarlatto come fiamma, il più pregiato, assicurandogli che gli porterà fortuna. Col tempo quella fanciulla diverrà una delle più esperte cercatrici di corallo, e quando si getterà da “Medusa”, la barca di suo padre, non la intimorirà neppure l’onda più alta e ostile. Perché lei è quasi un essere marino, ed è tanto libera che mai ha accettato di sottostare ad alcun legame. Tuttavia un giorno il suo cammino intersecherà ancora quello di Achille, già uomo, e nei suoi occhi rivedrà il bambino del tempo che fu. Li sconvolgerà non soltanto una passione rovente ma anche il ricordo di un ieri che non può morire. Di fatto le rispettive famiglie, avvinte da acredini e rivalse, lottano aspramente l’una contro l’altra, e non sempre l’amore sarà sufficiente per mutare una condizione ineluttabile per destino.
Vanessa Roggeri è stata capace di compiere un miracolo uno e trino, come se avesse voluto, sulla scorta del primo romanzo e del secondo, dar seguito alla sua indagine attorno ad alcuni fra gli aspetti meno percorsi dalla letteratura in Sardegna. Un miracolo capace di generarne tanti altri: la conquista di un numero crescente di lettrici e di lettori appassionati che la amano e la seguono a ogni passo.
.e bravo Eliano! Anche tu non scherzi con la penna!
Un regalo che non mi aspettavo, una vera sorpresa! Il piacere e la gioia di leggere parole così lusinghiere sono direttamente proporzionali alla grande stima che provo per Eliano scrittore e Eliano amico. Grazie infinite Eliano Cau
Eliano ha scritto, con il cuore certo, quello che ogni critico serio, ad essercene, dovrebbe scrivere leggendo i tuoi romanzi cara Vanessa. La cercatrice di corallo è un libro che, ancora una volta, rivela la forza straordinaria che hanno le donne. Non ti nascondo che ho provato grandissime emozioni mentre lo leggevo. Grande Eliano, straordinaria Vanessa.
Una penna eccelsa, quella di Eliano, che canta la grazia della scrittura di Vanessa: un miglior connubio di passione e bravura non so immaginare. È un grande piacere leggervi, nei vostri libri ma anche in altri contesti: quindi grazie, Eliano, per questa bella recensione, e grazie, Vanessa, per le emozioni che susciti in noi.
E che bellezza questa stima tra colleghi!