di Dario Dessì
Desiderava diventare ufficiale, così come erano diventati precedentemente i suoi fratelli più grandi Italo e Giuseppe e pertanto aveva scritto a suo fratello Italo, maggiore di fanteria, impegnato nelle furibonde battaglie sull’altipiano di Asiago, chiedendogli informazioni sulla procedura da seguire per frequentare un corso per aspiranti ufficiali.
La risposta non era tardata ad arrivare con questa conclusione: “Caro fratello ricorda che è assai più raccomandabile combattere da caporal maggiore dell’artiglieria, piuttosto che da ufficiale subalterno in fanteria”.
Subitodopo il primo anno di guerra era iniziato l’impiego delle bombarde. Nei primi mesi del 1916 sotto la direzione del maggiore d’Artiglieria in servizio di Stato Maggiore Enrico Maltese era nata la nuova specialità nelle scuole e nei laboratori di Susegana (Treviso).
Il Caporal Maggiore Ugo Dessi non aveva esitato a frequentare un corso di specializzazione in questo nuovo tipo di arma dell’artiglieria; e dopo appena un mese di istruzione intensiva era diventato un provetto bombardiere.
Una bombarda lanciava bombe di tipo particolare da posizioni ben mimetizzate
con l’impiego di un silenziosissimo dispositivo ad aria compressa, che non dava alcuna possibilità di scoprire il sito di provenienza, rendendone alquanto difficile l’individuazione.
Dal tubo di lancio sistemato su un semplice cavalletto, partivano silenziosi i proietti i quali, oltre alla polvere pirica convenzionale, potevano contenere anche gas asfissianti.
La quantitàdi calore prodotta da loro esplosione era tale da riuscire a fondere i proiettili dei fucili. Il terreno, tutt’attorno al cratere provocato dall’esplosione, fondeva e si trasformava in una massa pietrificata, e pertanto gli esseri umani che avevano la sfortuna di trovarsi nelle immediate vicinanze erano sottoposti a un vero e proprio processo di cremazione, e di mummificazione.
Ancor oggi, scavando in certe zone dove esistevano trincee o altre opere difensive, si possono trovare i corpi, di malcapitati soldati, conservatisi integri nel tempo, ma nient’altro che cumuli di ceneri facilmente friabili alle minime sollecitazioni.
Dai quei resti, una volta analizzati con attenzione, è possibile risalire alla potenza e all’entità d’irradiazione prodotta dall’esplosione.
Nel mese di febbraio del 1916 erapartito dalla scuola di Susegana il primo gruppo di quattro batterie e il 18 marzo sulle falde del Podgora andarono ad abbattersi i primi colpi delle bombarde italiane.
Nel corso dell’offensiva che portò alla conquista di Gorizia,furono impiegate ben 138 bombarde di grosso calibro e 324 di piccolo calibro e il 6 agosto con l’inizio della sesta battaglia dell’Isonzo le truppe italiane riuscirono, per la prima volta, a varcare rapidamente i reticolati avversari sconvolti e distrutti da questo nuovo tipo di armi, nient’altro ché grossi mortai, utilizzati per lanciare terribili ed enormi bombe dirompenti di ogni tipo.
I soldati nelle trincee nemiche seguivano con trepidazione e terrore l’alta parabola dei proietti lanciati dai bombardieri italiani, attendendone con terrore l’esplosione.
Nell’estate del 1916 le scuole di Susegana e di Nervesa in provincia di Treviso continuarono a trasformare artiglieri in bombardieri tramite corsi d’istruzione intensiva, di breve durata.