di Dario Dessì
In una trincea nell’Altopiano di Asiago, lo scoppio di una granata austriaca causò la morte del suo attendente, che lui considerava quasi come un proprio figlio.
A suo fratello Ugo, specializzato nell’impiego delle bombarde, sconsiglio la frequenza di un corso ufficiali perché, a suo avviso, la guerra di un sottufficiale artigliere era meno rischiosa di quella di un ufficiale di fanteria.
A distanza di tanti anni, leggendo un articolo di Antonio Chiades , sono emersi alcuni dati estrapolati da una certa documentazione relativa ai casi di numerosi combattenti della Grande Guerra che erano stati giudicati folli.
I veri folli, senza dubbio, dovevano essere ricercati fra coloro che avevano scatenato quella guerra assurda e che, in seguito, non furono più capaci di riuscire a creare le premesse per stabilirne il termine.
In realtà quei combattenti erano esseri umani che avevano assistito alla morte di tanti commilitoni e a troppi massacri e carneficine, cosa che la loro mente non era stata in grado di sopportare.
Wilfred Owen, un sensibile osservatore di quel conflitto, comprese quella tragedia e ne scrisse nella poesia “Casi psichici”:
“ Questi gli uomini che la mente
han rapita dai morti
i capelli sfiorati dalla memoria
dei massacri, i tanti massacri
che hanno vissuto”.
A volte c’era la predisposizione individuale che portava all’intolleranza degli spari notturni dei fucili, dell’orchestra, atrocemente dissonante, dei proiettili sparati da migliaia e migliaia di cannoni.
La vita prolungata della trincea, oltre agli effetti materiali che produceva nell’organismo per i disagi subiti ne produceva altri di natura psichica.
Da qualche tempo si notavano frequenti casi d’esaurimento nervoso specialmente negli ufficiali, che si presentavano, la maggior parte dei casi, sotto una forma depressiva e in alcuni, fortunatamente rari, sotto forma eccitatoria.
Mentre i primi si presentano in genere apatici, indolenti, ipobulici, attoniti, gli altri si presentavano con fenomeni alterni di eccitabilità e di depressione.
Queste ultime forme si osservavano prevalentemente in coloro che avevano diretta responsabilità e, per sua natura e temperamento, forse,non avevano energia nervosa sufficiente da superare le emozioni che erano intimamente legate alla vita particolare delle trincee, specialmente in quelle esposte continuamente alle offensive nemiche.
LO SHOCK DA BOMBARDAMENTO.
Un medico della sanità militare francese era convinto che non esistessero malattie “Il n’y a pas de maladies”. Continuava a ripetere che esistevano solo soldati malati.
I medici specialisti in psichiatria d’entrambi le parti si sforzarono di individuare le cause del crescente problema e alla fine giunsero alla conclusione che l’esplosione dei proiettili d’artiglieria esponeva in qualche modo il cervello dei combattenti a onde anomali di pressione, tali da causare reazioni di natura mentale.
In genere si poteva asserire che quei disturbi psichici avevano la loro origine nelle condizioni di vita nelle trincee e specialmente in quelle esposte continuamente alle offensive nemiche.
Il fatto di stare inerti con l’idea assillante del dovere da un momento all’altro correre ad un attacco o subirlo e ciò per delle ore, per delle giornate, per delle settimane, ebbe indubbiamente una grande influenza nello sviluppo di quei disturbi del sistema nervoso.