IL GALANTUOMO A CAVALLO: IL FANTINO SARDO PAOLO RACUGNO A CENT’ANNI PENSA ANCORA ALLE OLIMPIADI

ph: Paolo Racugno


di Federica Sabiu

“Mi sono ingegnato a fare di tutto e non ho mai smesso di inseguire il mio sogno, quello di diventare un campione. È stato un chiodo fisso, una meta da raggiungere senza indugiare“. Parla così Paolo Racugno, che da poco ha compiuto cent’anni e che nonostante un piccolo infortunio tornerà presto ad allenarsi: “I cavalli sono la mia vita non posso starci lontano per troppo tempo”

Ad accogliermi è un elegante signore, occhi celesti come il mare, un sorriso smagliante e una gentilezza d’altri tempi. È lui, Paolo Racugno, cortese nei modi, mi mette immediatamente a mio agio facendomi un excursus della sua vita da campione, della sua infanzia, della guerra, delle gare e della famiglia. Mi guardo intorno, la casa è inondata di foto, di medaglie, di articoli di giornale e di ricordi di un tempo passato non troppo lontano. Nasce nel 1917 ad Iglesias, un paesino non lontano da Cagliari, da una famiglia di commercianti e mostra fin da bambino una passione smodata per i cavalli. A 16 anni, il suo primo concorso ippico nazionale, conquista il terzo posto assoluto sotto gli occhi del principe Amedeo di Savoia, da lì in poi non si fermerà più, un’escalation di successi che lo porteranno a gareggiare ad altissimi livelli con campioni provenienti da tutto il mondo. Conclusi gli studi classici partecipa al concorso bandito dall’Accademia di Modena per entrare come ufficiale di cavalleria, ci sono solo due posti disponibili, uno sarà suo. Conclusa l’accademia rientra a Cagliari dove decide di terminare gli studi in legge iniziati qualche anno prima, si laurea ma decide che non farà mai l’avvocato , le sue ambizioni sono altre…vuole gareggiare, vuole diventare un campione, è troppo determinato per mollare e sa di potercela fare. Nel frattempo scoppia la guerra, Paolo lavora a capo del personale civile dell’aeronautica sarda, da una mano alla sua città devastata dai raid aerei, ricorda ancora il suono delle sirene che avvisavano i civili poco prima dei bombardamenti e mi confida di non essersi mai dimenticato di quel lontano 17 febbraio del 1943 dove Cagliari fu praticamente rasa al suolo e persero la vita oltre 5000 persone colpevoli solo di essersi trovate in mezzo ad un conflitto mondiale senza precedenti. Poi arriva la fine della guerra e questa volta il rumore delle bombe sarà sostituito dagli spari a salve dei fucili dei militari, che festeggiano senza tregua il ritorno alla vita, e dall’arrivo degli alleati.

Come ha passato il tempo in quegli anni? “Mi sono ingegnato a fare di tutto, ho addirittura insegnato l’italiano agli americani e non ho mai smesso di inseguire il mio sogno, quello di diventare un campione. È stato un chiodo fissò una meta da raggiungere senza indugiare, ho partecipato a innumerevoli concorsi nazionali ed internazionali, la federazione mi ha notato ed io mi sono messo in mostra”.

Quale è stata la sua miglior gara? “Quella di Basilea del 1954“.

E la sua più grande soddisfazione? “Aver partecipato alle olimpiadi di Melbourne, svoltesi a Stoccolma per le discipline equestri per via delle leggi australiane che imponevano una quarantena troppo lunga ai cavalli (40 giorni per l’esattezza)”. Nel 1955 è a Londra per il campionato europeo organizzato sotto il patronato della Regina Elisabetta, sarà ospite a Buckingham Palace dove si presenterà con un impeccabile frac cucito dal miglior sarto italiano, è un bel ragazzo non passa di certo inosservato, conoscerà la Regina madre, Elisabetta e Margaret che di tanto in tanto gli strizza l’occhiolino. Oggi a 100 anni compiuti non ha rimpianti, la sua vita è costellata di vittorie nello sport e in campo affettivo, la sua bellezza si conserva inalterata nel tempo come se uno strano incantesimo aleggiasse su di lui, lo guardo negli occhi e mi accorgo che c’è ancora tanto del ragazzo determinato che tutti volevano battere. A questo punto gli chiedo della moglie: sono curiosa di sapere quale donna sia stata così fortuna da passare il resto della vita con un galantuomo a cavallo, una specie di principe azzurro raro da trovare al di fuori delle favole .

Mi parli di sua moglie, che tipo di donna era e quanto ha influito sulla sua crescita di sportivo? “Mia moglie Margherita era una persona semplice, che mi ha sempre incoraggiato e lasciato libero di seguire le mie passioni, questo è stato il suo punto forte, l’ho conosciuta che era un’adolescente e ho capito subito che sarebbe stata la donna della mia vita ma ho dovuto aspettare qualche anno prima di dichiararmi. Ha condiviso con me gioie e dolori, sconfitte e vittorie, e poi è la madre di mio figlio, il mio unico figlio, non avrei potuto avere una donna migliore al mio fianco”.

Mi confessa che pensa ancora alle olimpiadi e a volte sogna che avendo un buon cavallo potrebbe ancora vincerle, sorride, e mi ripete: “Mi manca solo un buon cavallo”. Ottant’anni di successi, di medaglie vinte, di copertine, di sacrifici, di cadute e risalite, perché lo sport è anche questo, non solo divertimento ma costanza e determinazione, è saper gioire per una vittoria ma anche riuscire a continuare a sorridere ed abbracciare il tuo avversario dopo una sconfitta.

Mi viene spontanea una domanda: a parte lo sport ha seguito un’alimentazione particolare per mantenersi così in forma? “No, ho sempre mangiato poco ma di tutto e sono sempre stato goloso”.

Quando è stata l’ultima volta che è salito a cavallo? “Qualche mese fa, un piccolo infortunio ha rallentato i miei allenamenti ma conto di risalirci presto, i cavalli sono la mia vita non posso starci lontano per troppo tempo”.

Oltre ad essere stato un allievo, successivamente è stato anche un maestro, centinaia di persone hanno imparato questa disciplina grazie a lei, vede ancora i suoi ex allievi? “Non ricordo più con precisione quante persone ho istruito a questa disciplina ma diverse centinaia , alcuni li vedo tutt’ora, siamo diventati grandi amici, gli altri li ricordo con  grande affetto”.

So che ha realizzato un progetto molto importante per avvicinare le persone disabili a questo sport, quali sono stati i risultati? “Era una cosa che mi stava molto a cuore e i risultati sono stati sorprendenti sia dal punto di vista del gran numero di partecipanti sia sotto l’aspetto terapeutico, avvicinare un disabile allo sport, in questo caso montare a cavallo, significa lasciare la sedia a rotelle, il letto d’ospedale, le stampelle, divertirsi e sentirsi motivati per la riabilitazione”.

Oltre all’equitazione ha praticato anche altri sport, ha fatto atletica leggera, pugilato, pentathlon moderno, scherma, nuoto: cosa consiglia ai giovani? “Di impegnarsi nello studio, nel lavoro e nello sport e di non mollare mai perché dopo ogni salita che ti accorcerà il fiato, ci sarà sempre una discesa a farti riprendere il respiro. Le virtù acquisite nelle pratiche sportive si riflettono nella vita quotidiana questo l’ho provato sulla sua mia pelle e non ho dubbi”.

Un consiglio per chi è un po’ avanti con gli anni? “Quando la salute lo permette il mio suggerimento è quello di non fermarsi mai, di guardare avanti sempre e a qualunque età, perché in fondo la vecchiaia non è né un fastidio né una gioia ma finché c’è la lucidità mentale si può vivere nel presente e continuare a sognare”.

Cosa sogna? “Indovini…”

Ora sono io a sorridere. L’intervista è finita ma prima di congedarmi mi offre un cioccolatino e mi invita alla sua prossima festa di compleanno. Ovviamente non mancherò .

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Un commento

  1. Proprio non entra in testa a nessuno !!!!!! Allora ripetiamo tutti in coro : i fantini praticano le corse al galoppo, i cavalieri come dott.racugno praticano i salto a ostacoli

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