di Antonio Maria Masia
E’ stato un grande piacere, durante questo mio tempo sardo di un’estate caldissima e secca, imbattermi, al seguito della Nuova Sardegna (a Roma da qualche anno non più reperibile in edicola, e non chiedetemi perché) nel romanzo giallo: “La rena dopo la risacca”, dell’affermato e notissimo poeta e scrittore di Castelsardo Giuseppe Tirotto, pluripremiato dappertutto per l’ottima qualità e musicalità dei suoi testi.
Veramente una piacevole sorpresa scoprire, leggendo il romanzo, che oltre i bei versi in castellanese e in italiano e la pregevole scrittura di racconti in sardo e in italiano, Giuseppe è stato anche bravissimo nel creare, impostare e portare a compimento una storia nell’ambito solitamente riservato ai Maestri del giallo.
In questo caso, inoltrandosi nello specifico del settore del noir. Nero del Giallo. Giallo perché i classici del settore li iniziò la Mondadori con la caratteristica copertina gialla e con argomenti prevalente su temi ove prevale la figura del polizotto o investigatore che indaga con abilità e colpi di suspense e scopre l’autore del delitto… consumato. Noir, invece, a causa della copertina nera dei libri, ove il protagonista è la vittima di una trama che tende al delitto…da consumare.
Noir è così il bel romanzo di Tirotto, con ambiente fisico il mare di Castelsardo d’estate e ambiente umano e sociale la sua spiaggia con i vacanzieri del posto e forestieri in stile esibizionistico, vanesio anni 70, stile anticipato anni prima dalle storie di “Poveri ma Belli”, ricordate? con Marisa Allasio, Renato Salvatori, Maurizio Arena ecc..
Il romanzo, a parte diverse simpatiche battute e modi di dire in dialetto, è scritto in italiano, prima opera non in castellanese di Giuseppe, e quindi nessuno si spaventi a leggere le 230 pagine del romanzo.
Troverà uno stile attrattivo, rapido e asciutto com’è nelle corde poetiche dell’autore, senza fronzoli e ridondanze. Il libro lo si legge tutto d’un fiato, con desiderio di pervenire in fretta all’ultima pagina per capire l’evoluzione delle drammatica e misteriosa situazione iniziale ove entra in scena il protagonista, il giovane locale Antonio.
Una pagina dietro l’altra e si aprono continuamente dei flashback, con ricordi, immagini, personaggi e situazioni del passato che fanno parte del vissuto dei personaggi in scena e del protagonista, aitante e bel giovanotto da spiaggia, fondamentalmente pulito, ma non molto attrezzato culturalmente e psicologicamente per reggere adeguatamente situazioni sentimentali e di relazioni che gli vengono avanti. Circostanze che a volte, suo malgrado, non riesce a controllare e da cui si fa travolgere, quasi consumare.
Un racconto lucido e coerente, pulito, senza alcuna volgarità e cadute di attenzione, anche quando affronta gli aspetti erotici, sociali e morali della storia, un racconto che ha sempre sullo sfondo il paese e la sua comunità, il paesaggio marino di una delle coste più incantevoli della nostra Isola.
Un paesaggio fatto di vento, di sole, di mare, di forti risacche, di onde che ritornano indietro, anche loro impegnate incessantemente nel loro flashback pieno di tormenti e rimorsi, rimpianti e turbamenti; risacche che lasciano poi sul terreno solo sabbia e rena, amare malinconie e cocenti delusioni…ma anche speranze e, forse, nuovi positivi sentimenti. Paesaggio e situazioni che l’autore descrive con parole ed espressioni di qualità, talvolta poetiche, che inducono il lettore ad una viva partecipazione e condivisione.
Ma non voglio andare oltre, perché il libro va letto e scoperto, e concludo: a me è piaciuto tantissimo e in due pomeriggi l’ho “divorato”. Come, ne sono certo, capiterà anche a voi.