E’ qualche tempo che la città di Cagliari gode di buona stampa a carattere nazionale, vi attraccano navi di vacanzieri che sciamano per la Marina, dolce è salire i pendii che portano ai suoi Bastioni che garantiscono una certificata visione a trecentosessanta gradi sul golfo degli Angeli, e poi siti archeologici che certificano frequentazioni non episodiche di fenici (Tuvixeddu) e romani (anfiteatro) e pisani (torre dell’elefante). Persino il suo giovane sindaco (Zedda Massimo) viene trattato coi guanti bianchi nonostante prese di posizione (politiche) magari non felicissime: la scivolata per il si dell’ultima consultazione referendaria se la poteva proprio risparmiare (e vabbè che lui e Pisapia hanno in mente di ricompattare la “sinistra-sinistra”italiana, compito che avrebbe fatto tremare le vene dei polsi persino a un Gramsci). Tra i pochi sindaci comunque riconfermati al primo turno e, a sentire i cagliaritani, almeno al Poetto non ha fatto disastri. Per i continentali che ci leggono il Poetto è la spiaggia regina di Cagliari. Quasi nove chilometri di arenile che si snodano dalla “Sella del Diavolo” fino al litorale di Quartu. Lampu! (accidenti se è poco!) direbbero a Bortigali. Mare cristallino e birichino nello stesso tempo, ché ha il vizio di mangiarsi la sabbia. Da qui ignobili tentativi di porvi rimedio (il termine ripascimento, ovviamente sconosciuto ai più, è invece tristemente noto ai cagliaritani che nel 2002 si trovarono a vivere un mutamento strutturale della sabbia che avevano sempre conosciuto: da bianca e finissima che era si mutò in grigia e spessa e tale è tutt’ora). Insomma quella che andarono a prendere sul fondo del mare per “ripascere” aveva un color “grigio topo”, 370 mila metri cubi ne avrebbero “sparato” sulla battigia e, a disastro ambientale certificato, il numero dei volontari che volevano presentarsi a far parte del plotone d’esecuzione di cui erano meritevoli (per la pubblica opinione) i politici che avevano preso la scellerata decisione, sfiorava il totale degli abitanti, neonati compresi. Ogni reato, ammesso che di questo si trattasse, è italianamente prescritto, giusto la Corte dei Conti nel 2009 aveva chiesto ai responsabili 4 milioni di euro di risarcimento ma si è in attesa dell’appello. Per dirla tutta nel dopoguerra la sabbia del Poetto servì grandemente per la ricostruzione di Cagliari (e anche di Quartu), si calcola che ne vennero prelevati qualcosa come due milioni di metri cubi, ma erano tempi quelli in cui mai avrebbero potuto nascere e “WWF” o “Italia Nostra”. Erano quelli ancora i tempi dei casotti “e is casteddaius ci biviant tres mesis a s’annu”. La storia dei casotti cagliaritani si intreccia naturalmente con quella della città. Il primo tram per il Poetto, di colore bianco, partiva negli anni Venti dal bastione San Remy. Il pagamento del biglietto potevano permetterselo solo le famiglie del ceto medio-alto. I poveri, i più, per raggiungere la nuova spiaggia appena inaugurata andavano a piedi. Maschi e femmine naturalmente divisi, i vigili controllavano. In attesa dello sbarco alleato tedeschi e fascisti demolirono i casotti e ne fecero legna da ardere, nell’estate del ’43 non ne era rimasto in piedi nessuno. Ma rinacquero, eccome, nel primo dopoguerra. Anche i milanesi hanno potuto ammirare con quale inventiva, quale maestria, quale poesia, i cagliaritani si erano espressi nel realizzare queste costruzioni di legno, dai colori pastello, una diversa dall’altra, poggianti per lo più su palafitte, alcune così alte che si poteva fare la siesta post-prandiale, quando il sole a perpendicolo uccideva ogni ombra. In occasione della XII edizione di “Photofestival” AD Gallery ha presentato la mostra fotografica “Le altre culture”, le “ville” al mare sulla spiaggia di Cagliari di Ugo La Pietra, una ricerca con fotografie, documenti e disegni inediti degli anni Settanta. La ricerca sulle piccole case in legno dipinte evidenzia come queste case unifamiliari, costruite dai cittadini, personalizzando le varie tipologie con decori strutturali e sovrastrutturali, quindi con una grande partecipazione delle persone che le avrebbero poi usate. Continua poi la presentazione dell’evento: “Di tutto questo patrimonio culturale e materiale, da tempo non è rimasto più nulla, perché i casotti furono abbattuti dall’amministrazione comunale. Le opere esposte sono quindi una esclusiva e rara testimonianza di quella realtà.” Ugo La Pietra dopo una laurea in Architettura al Politecnico di Milano è stato, è ancora, artista-designer (compasso d’oro nel ’79), innumerevoli i suoi progetti, le mostre, la cinematografia, l’attività didattica, sia Accademia di Belle Arti che facoltà di Architettura. Si può leggere su Wikipedia che “crede nel recupero della manualità per contrastare la produzione seriale e nell’importanza di esplorare la città e le sue periferie, per riflettere sulle trasformazioni degli ambienti in cui l’uomo contemporaneo vive”. Come scrive Gillo Dorfles nella prefazione al volume “La città estiva, Cagliari balneare al Poetto 1913-1986” curata da Giancarlo Cao, “in un paese come il nostro dove anche l’architettura minore e “minima” è quasi sempre lapidea o cementizia, i pochi esempi di architettura e materiali effimeri risultano particolarmente affascinanti. Affascinanti, e con un valore che va al di là della pura necessità pratica (la necessità balneare), in quanto il Poetto è un esempio di una cultura universale di pacifica convivenza con l’ambiente: il rapporto di naturale contiguità tra l’uomo e la sua opera, di reciproca valorizzazione fra quest’ultima e il paesaggio che l’accoglie. E continua Aldo Colonnetti nella Prefazione della “Città Estiva”, dai paesaggi dei casotti al nuovo Poetto 1979-1999, sempre di Cao (ed.VerbaVolant): “La documentazione fotografica del Poetto fa parte ormai di una sorta di memoria archeologica, legata all’effimero balneare, tra l’altro documentata e analizzata in modo straordinario e unico da Ugo La Pietra, uno dei rari designers italiani attenti alle radici delle nostre tradizioni artigianali, intendendole però come base espressiva e materica nel segno del rinnovamento e mai della replica nostalgica ad uso di un becero folklore passatista”. Un po’ di nostalgia di “quel Poetto” deve comunque averla la direttrice-padrona di AD Gallery, Anna Deplano è nata a Cagliari nel’53, designer di successo, sue mostre dappertutto, suoi lavori in musei europei, non a caso ha scritto libri sul pane, i suoi erano panificatori ed è venuta su con il profumo del forno che stava sotto casa. Il 15 di giugno, in via Petrella dove ha la sede, ha messo su una Mostra che ha intitolato: “Poetto & Poetto”, alla mostra partecipano architetti, designer e artisti con progetti grafici e tridimensionali, presentano interpretazioni artistiche di vario genere, una testimonianza sociale, territoriale e artistica. Completano la mostra fotografie di Attilio Della Maria, dei casotti ambientati nelle dune di sabbia bianchissima, che con occhio esperto d’artista ne coglie la poesia e la carica estetica. Il padre di Attilio, Giuseppe, ha una storica galleria d’Arte a Cagliari: la “Della Maria”, lui quindi , nato nel ’40, ne respira il clima culturale e quasi naturalmente entra nella vita artistica cagliaritana e frequenta varie gallerie e gruppi artistici. Dal ’68 al ’99 insegna Discipline Pittoriche al Liceo Artistico Statale di Cagliari. Pittore surrealista, espressionista, simbolista, si dedica anche alla fotografia di ricerca etnologica e di reportage sociale: la mostra fotografica “Poetto” è del 1983. Gli autori coinvolti da Anna Deplano hanno variamente progettato il loro modo di interpretare le costruzioni lignee. La cagliaritana Annarita Serra ad esempio con “Cotton fioc sul mare” sviluppa il tema ecologico con materiali di recupero trovati sulla spiaggia. Franca Deplano ha scelto un progetto floreale con “Erba marina”, una giungla di foglie verdi e così pure Guido Daniele, con un a
cquarello “Canne al vento” rende un “omaggio a Grazia Deledda”. Kazuyo Komoda realizza il “Casotto X” di colore bianco con croci e quadrati in rosso che evidenziano rinforzi strutturali e diventano elementi di decoro. Yasuko Sugiyama, con il “cielo in una stanza” rappresenta un cielo blu tipico dei suoi quadri, che si intravvede dalle finestre. Sono venti artisti che , tutti, si interrogano di come loro avrebbero realizzato il loro casotto nel Poetto di Cagliari, di come l’avrebbero mischiato alla marea di quegli artisti inconsapevoli che sono stati i costruttori dei casotti cagliaritani nel tempo. I casotti sono riprodotti in carta in piccole dimensioni, per quanto di mille fogge e colori siano, e facciano mostra di sé anche come quadri impressionisti, non reggono il confronto con le foto di Della Maria che, loro sì, hanno a sfondo i blu del cielo che si confonde col mare di Sardegna. Sotto la sabbia abbacinata dal sole. Bianca che farina di grano. La prima volta che ho visto il mare avevo quattro anni, estate del 1950, è stato al Poetto. Allora non c’erano i selfie e babbo (militare, eravamo alla fermata della spiaggia 4 del tram) praticava più la poesia che la fotografia. Pure una ne ho rinvenuta, siamo io e mio fratello minore Ugo (allora voleva fare il campanaro, da grande, mia sorella Graziella sarebbe nata l’anno dopo), strizziamo gli occhi ad un sole che non da tregua neanche ai bimbi, scottava, questo lo ricordo ancora, anche il pallone che mi hanno messo in mano, non era roba nostra, il secchiello di Ugo si. Ho un ciuffo di capelli che ora non direste mai. E come profumava di salmastro il mare. Dietro di noi i casotti del Poetto, sotto i piedi la sabbia bianca pei castelli, a cementarla solo acqua di mare, mare, mare.
IL MARE DEL POETTO BAGNA FINALMENTE ANCHE MILANO: LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI UGO LA PIETRA “LE ALTRE CULTURE” NEL CAPOLUOGO LOMBARDO
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