di Tonino Oppes
Quando il potenziale lettore entra in una libreria sente subito il profumo della carta stampata. Ma se decide di prendere un libro in mano, quando non ha idea di che cosa scegliere, allora c’è qualcosa che lo colpisce. Capita a ognuno di noi: il titolo o la copertina. Quale si percepisce prima? Quale dopo? Oppure vengono visualizzati entrambi insieme? E poi, cosa c’è dietro la scelta di una casa editrice? Non è questione di poco conto.
Negli ultimi anni, Internet ci ha insegnato un’altra cosa: il tempo di catturare chi naviga in rete con un’immagine e un testo deve essere come un lampo. Il massimo grado di attenzione non supera i pochi secondi. Se non lo catturi subito, il navigatore va oltre.
Inutile nasconderlo: il vero guaio è che viviamo ritmi accelerati in cui gli slogan urlati prevalgono sulle analisi. Però, proprio le nuove tecnologie digitali sono di grande aiuto per valorizzare qualunque prodotto, libro compreso, che va alla conquista del mercato. Per questo la comunicazione deve essere immediata, efficace.
In un mondo che cammina sempre più in fretta il messaggio arriva a destinazione soltanto se è rapido e studiato in ogni piccolo dettaglio. Deve offrire qualcosa che possa catturare l’attenzione di chi guarda.
Eppure è ancora possibile percorrere una strada che porta alla riflessione, come sembra voler suggerire il lavoro di Manola Bacchis nel suo originalissimo saggio “Nel segno del giudizio, l’arte nelle copertine di Salvatore Satta” che prende in esame tutte le copertine del capolavoro di Salvatore Satta pubblicato, per la prima volta, quarant’anni fa dalla Cedam di Padova.
Manola Bacchis è pedagogista, laurea a Cagliari, e sociologa, laurea a Pisa. Nelle due Università è attualmente docente a contratto, eppure non dimentica gli anni trascorsi da semplice “maestrina” alla Materna di un piccolo paese del Sulcis Iglesiente. “ Sì, quegli anni vissuti con i bambini sono stati fondamentali per la mia formazione. Rappresentano il mio primo amore con il mondo della scuola.” L’altro, lo si intuisce da come ne parla, è tutto per Salvatore Satta e, soprattutto, per “Il giorno del giudizio” che la pedagogista-sociologa cagliaritana continua a studiare da quasi dieci anni.
Edito da Condaghes ( 192 pag., 20 euro), il suo ultimo lavoro, in distribuzione proprio in questi giorni, riprende il filo conduttore del primo volume, “Simbolismo, significato e realtà ( Scione editore, 2015) ma, stavolta, lo sguardo è orientato, più che sull’opera, sulle prime di copertina del libro: per “Il giorno del giudizio” sono ben 41. Una diversa dall’altra. Perché?
Con molto garbo l’autrice ci invita a soffermarci anche sui dettagli che non sono pezzi superflui. Ci guida con sapienza alla lettura critica del messaggio racchiuso in ogni singola copertina, ma lo fa con grande delicatezza quasi accompagnando per mano l’osservatore- lettore, che si sente parte integrante della figura che ha tra le mani.
Lo studio nasce per una passione al mondo dell’arte e per la forte passione e conoscenza de “Il giorno del giudizio” e di tutta l’opera sattiana da parte di Manola Bacchis.
Le domande sono tante: cosa comunicano le immagini in copertina? Cosa ci comunica il libro? Quanto Satta è conosciuto? A distanza di quarant’anni, cosa si narra? E che percorso hanno fatto le case editrici e, per loro, i grafici e tutto il mondo editoriale e della cultura in generale, per diffondere, far mantenere viva la memoria del grande giurista scrittore?
La differenza tra le scelte editoriale ha un significato? E quale?
Davanti alla copertina si ha la percezione di prepararsi a un viaggio dentro un mondo magico e a volte sconosciuto. Eppure viviamo nell’epoca dominata dall’immagine. Il fatto è che spesso non ci curiamo di capire e di approfondire. Non abbiamo il desiderio di entrare “ dentro”, di andare oltre la prima percezione visiva. Eppure si può e si deve cogliere una relazione fra immagine e sintesi della storia raccontata.
In fondo è come ammirare un quadro quando si entra in un museo per la prima volta. Di fronte all’opera di un grande artista scopriamo di avere un grave difetto di conoscenza, ma alla fine della visita usciamo con la consapevolezza di un arricchimento individuale. Magari piccolo, ma questo non ha importanza. Abbiamo colmato una lacuna. E’ già un passo avanti.
Delle quarantuno copertine del capolavoro di Salvatore Satta, esaminate da Manola Bacchis, ben undici sono prodotte dalle case editrici nazionali comprese le sarde il Maestrale, Ilisso e La Nuova Sardegna, che ha stampato il libro come supplemento al quotidiano.
Tutte le copertine vengono selezionate e analizzate con meticolosità. Poi sottoposte al giudizio di un pubblico eterogeneo.
Troverete tante risposte e curiosità dentro il libro, che ospita anche un inedito di Filippo Satta, primogenito di Salvatore, e un prologo di Leonardo Moro.
Nelle scelte delle case editrici le opere d’arte si alternano alle fotografie che descrivono soprattutto silenzi, luoghi o scorci di vita nuorese. La sardità prima di tutto per un viaggio fin dentro le radici. Allora le copertine diventano istantanee di un mondo vissuto. Oppure sono la sintesi della narrazione come conferma la prima pagina scelta dalla Cedam, con i familiari di Satta, per la stampa del libro nel 1977: una tela di Foiso Fois. Nel dipinto, coloratissimo come sempre, gli interpreti appartengono al “mondo dei morti” , incrocio naturale con il mondo dei vivi, e così ben descritto nel libro.
Ma in tutte le copertine, scelte dalle case editrici, l’obiettivo prevalente resta sempre quello di offrire emozioni, quasi per cercare di “ fantasticare dentro le figure” come suggerisce Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane.
Dunque quelle immagini da prima pagina si preoccupano di generare, accanto al titolo, un ricordo.
Lo fanno attraverso un simbolo che spesso diventa metafora.
Nella sua analisi, la riflessione di Manola Bacchis provoca uno stimolo ulteriore. Nella civiltà dell’immagine, profondamente modificata negli ultimi quarant’anni, l’osservatore-lettore è chiamato a scrutare oltre. Ogni copertina custodisce un’anima e porta con sé “ il suo mistero e il suo perché”. Che va svelato. Soltanto a quel punto l’obiettivo è raggiunto.
Quarantuno copertine, dicevamo.
Quella che introduce il lavoro di Manola Bacchis è un’opera, ugualmente destinata a durare a lungo, del grande artista di Banari Giuseppe Carta, mentre un’altra, tra le pagine del libro, è disegnata dalla stessa autrice, che così aggiunge al saggio scrupoloso un tocco di colore personalissimo.
L’immagine proposta evoca un grande viaggio. Si sale sulle ali della lettura che è strumento indispensabile per crescere e andare lontano.
Salvatore Satta naviga nell’oceano della Letteratura su un aereo di carta vergata dall’inchiostro. Che resiste all’acqua perché costruito con le pagine de “Il giorno del giudizio”, un capolavoro senza tempo. Al quale Manola Bacchis dedica un altro suo pregevole lavoro, che servirà a richiamare l’attenzione su un protagonista assoluto della nostra Letteratura.
E sì, caro Tonino Oppes il mio amore è per i bimbi e lui, il grande Satta Salvatore, e forse, dico forse, si percepisce quando ne parlo? Grazie, di cuore, per la recensione, unica.
Un articolo intenso, meraviglioso come sa essere Tonino Oppes scrittore e narratore di storie che ci affascinano. Manola Bacchis, un grande amore per Salvatore Satta che si concretizza in un volume che è arte e letteratura insieme.