È interessante leggere questo passo tratto dal libro di Raimondo Demuro-Caredda I racconti della Nuraghelogia, I Volume pagg. 161-163, ZEPHIR Editrice Roma. Egli era nato il 29 settembre del 1916 a Siurgus Donigala, il libro è stato pubblicato nel 1983, quindi a circa 70 anni, ma la sua mentalità è la stessa di Marija Gimbutas, la celebre Archeologa lituana nata a Vilnius il 23 gennaio del 1921, autrice del libro “Il linguaggio della Dea”, imperniato sulle differenze tra gli elementi del sistema della “vecchia Europa”, da lei considerato matrilineare e ginocentrico, e la cultura patriarcale portata dagli indoeuropei nell’età del bronzo. Secondo la studiosa, questi due sistemi si sarebbero fusi generando le società classiche dell’Europa storica. Nel suo lavoro Marija Gimbutas reinterpretò la preistoria europea alla luce delle sue conoscenze in Linguistica, etnologia e storia delle religioni, proponendo così un quadro in contrasto con le tradizionali assunzioni circa l’inizio della civiltà europea.
Mi viene da chiedermi se Demuro la conoscesse o per lo meno la avesse letta. Dell’opera della Gimbutas, fondamentale per chi voglia comprendere le società matrilineari di cui parla anche Demuro, si coglie la sostanza ascoltando le parole appassionate e il discorso colto del filosofo bolognese Carlo Sini (nato nel 1933). Nella seconda parte di questo video parla del libro della Gimbutas, ma anche la prima parte di questo video spiega cose fondamentali della nascita del linguaggio di cui l’Archeologa è esperta:https://www.youtube.com/watch?v=r4rpJ9Q0Id0&t=3s
Ecco il discorso che l’anima di Tigellio (un raffinato cantante di origine sarda ed amico intimo di Giulio Cesare) fa, attraverso il saggio Famèa (abile psicopompo del paese), al Podatario dell’Ademprivilo di Donigala (una sorta di proprietario terriero nelle Istituzioni della Sardegna della seconda metà dell’Ottocento), che aveva chiesto di sapere quali sarebbero state le sorti dell’Istituzione dell’Ademprivilo ormai in crisi profonda:
«Famèa trasmise, mentalmente, col suo pensiero, a Don Efisio, che poteva porre domande. Il Podatario, col pensiero, chiese: «Non ti meravigliare se per primo ti chiedo ciò che da millenni arrovella e rattrista tutti noi sardi perché non ne troviamo una ragione logica. Perché i grandi di Roma, come Orazio, Cicerone, ti hanno offeso dicendoti che eri pestifero come tutti i sardi?»
Tigellio rispose nella lingua universale, cioè in quella eterna è comprensibile a tutti gli esseri viventi, ma che a Don Efisio parve la sua. «Perché io appartenevo alla stirpe Sarda che, a differenza di tutte le altre stirpi umane, col nuraghe, si era costituita in una società «Matrilineare», una società imperniata sul ruolo della donna. Perché la donna non è prevaricatrice: in questa società ci si auto-governa e non esiste il potere esecutivo, quindi non esiste potere. Nella nostra società nuragica non esistevano né burocrazia, nelle legioni, né consoli, né schiavi e né patrizi. Non c’erano poveri o ricchi, padroni o servi, cioè non esistevano classi. In una parola, da noi in Sardegna, al di fuori della totalità dei membri della famiglia, non c’era Autorità di alcun Cesare. Quando vennero i Fenici, già Ellenizzati, cominciarono i guai. L’odio si incarnò in essi al constatare che la nostra stirpe non aveva sottomesso la donna. Il dominio dell’uomo sulla donna, la struttura del potere che passa sotto il nome di «Patriarcato», è il frutto di un vero e proprio “colpo di mano” compiuto dei greci antichi nei confronti delle società primitive com’era la nostra che si erano sviluppate nell’area geografica dell’Egeo. Società in cui, come nella nuragica, la regolamentazione e il diritto della convivenza erano stati sino allora imperniati sul ruolo centrale della donna, e su una società senza autoritarismi. In quelle società Egee, come nella nostra nuragica, non è mai esistito il «Matriarcato», e cioè il dominio della Madre, poiché il principio di dominio è una “invenzione” maschile derivata dal diritto patriarcale. Tu vuoi sapere perché i Greci e Romani ci hanno odiato? Ilmotivo è perché essi non sono riusciti a distruggere questo sistema socio-economico della nuraxia, mentre sono riusciti con tutte le altre stirpi.
Questo sistema sociale è stato distrutto dai Greci e Romani: in seguito alla loro scoperta dello “Stato” o della “Polis”, come essi la chiamavano, come potere situato accanto e al di sopra della stirpe e della tribù,
Contrariamente alla interpretazione che esiste, ora lì da voi, che vede nella introduzione del sistema “Democratico” ad opera di Atene un progresso significativo nella Storia dell’Umanità, invece, io dico, per l’esperienza che me ne viene, per la vita vissuta sulla terra, in epoca non sospetta e soprattutto per la mia condizione di conoscenza totale, io dico che le costituzioni “patriarcali” della “città-stato” della Grecia antica e di Roma poi, rappresentano un regresso mercato per quanto riguarda la Storia della “parità dei diritti”.
La differenza tra Società Nuragica “Matrilineare” e quella “Patriarcale” è particolarmente evidente se si paragona il sistema di giustizia delle due società. Nella nostra società nuragica tutti i membri che la componevano erano tenuti a prestarsi reciprocamente aiuto e assistenza. Il concetto di punizione, invece, è una invenzione del sistema “Patriarcale” e una istituzione aggressiva, “fallica”, che mira a causare dolore.
Nella nostra società nuragica, che io chiamo “Matrilineare”, non si ragionava in base a categorie di “colpa”, di “diritto” e di “perdono”, ma solo del dovere di concedere comprensione e “grazia” laddove veniva richiesta.
S’”Assolu”, per esempio, non è una punizione, è un modo di educare l’uomo ad essere uomo. Se voi osservate la nostra società, quella che esisteva quando vi esistevo io, e in parte anche adesso che vi esistete voi, è “diversa” da tutte le altre, è più umana. Ed è qui che si rivela la maggiore umanità della nostra etica e della nostra morale nuragica. Ma ciò che rese, noi Sardi, invisi a Greci e Romani e agli altri, era il fatto che le nostre donne non venivano umiliate, perché l’uomo sardo non ha preso il potere su di essa, anche quando ha inventato l’aratro. Per noi sardi della “Nuraxia”, l’aratro non è stato il simbolo del predominio dell’uomo sulla donna. I Greci e i Romani temevano la superiorità della donna. Mentre noi no! I Greci, dinanzi alla “vagina dentellata” della donna, tremavano, ed è per questo che essi hanno sostituito il coito con il rapporto “anale”. Essi credevano che il rapporto sessuale con una donna fosse debilitante e quello con un giovane tonificante. Poi, ci fu da parte della società Greca e Romana, e prima ancora quella degli Assiri Babilonesi, Egizi, Ebrei soprattutto; l’invenzione della divinità, della religione come strumento di “potere”, e con essa quella della “proprietà” privata e dello schiavismo. Mentre nella società nuragica non c’è mai stato bisogno di simili “invenzioni”, soprattutto quello della religione. I Sardi sono stati gli unici a non aver avuto necessità di inventarsi un “Dio” simile al loro. Essi sapevano, grazie all’esercizio del Galazzoni (una sorta di trance in cui entravano gli antichi sardi utilizzando “portali” che agevolavano la comunicazione e lo scambio con esseri di altre dimensioni e di altri sistemi stellari come spiega questo interessante articolo di Momi Zanda: http://momizanda.altervista.org/la-nuraxia.html ), la verità su ciò che aspettava ad ogni creatura umana dopo la morte, e perciò non hanno avuto necessità alcuna di crearsi nessun tipo di religione, di culto di Dei, di inventarsi alcuna mitologia. Per tutte queste cose noi Sardi siamo stati avversari e nemici di tutte le civiltà “Patriarcali”, perché la nostra civiltà “matrilineare” non poteva convivere con quelle che prosperavano sul trinomio: proprietà-schiavismo-predominio dell’uomo sulla donna e sul bambino…».
Il Podatario udì all’interno delle sue cellule mnemoniche del cervello quel parlare di Tigellio e ne ebbe la certezza quando tutto finì e Famea lo scosse dal torpore in cui era immerso».