E’ venerata in tutto il Basso Piave e festeggiata solennemente l’8 settembre, giornata nella quale, fin dai tempi di Papa Clemente XIV, viene concessa un indulgenza plenaria a tutti i pellegrini che la visitano. Questo santuario, eretto nel 1523 ai margini di Pràlungo, oggi Pralongo, nei giorni della battaglia del Piave venne adibito ad ospedale da campo e là i soldati feriti nei vicini campi di battaglia erano portati per ricevere le prime medicazioni. Fra quei feriti ci fu anche il premio Nobel, Ernest Hemingway.
Nel sagrato della chiesa, era stato realizzato un cimitero militare provvisorio. “Ci lasciamo alla chiesetta di Pralungo, dove dalla trifora spezzata i passeri entrano a stormi a fare chiasso sull’altare polveroso. Don Barracciu, il cappellano dei fanti della Brigata “Sassari”, deve segnarsi in un taccuino la posizione esatta di tre fosse colmate di fresco, a fianco di quello che era il sagrato, per indicarle ai parenti, che poi le volessero ornare e dopo la guerra riavere i loro morti.“Volete la carta, don Barracciu?” Mai, mai. Ho il mio modo d’orientamento. Volgo le spalle ad una chiesa che ho vicina o che so e dico: davanti ho il sud. E, su quello mi regolo. Sulle vostre carte non mi ci ritrovo”.
Da “Con le fanterie sarde – Giornate sul Piave “ di E. Maria Gray.
“Don Barracciu, cappellano dei sardi vive e comunica ogni giorno con quelli di sua gente e solo con quelli. Rara fortuna la sua, ma una fortuna che non è senza pena. Quando il suo reggimento è raccolto ed egli celebra il Sacrificio, solo se si volge a benedire tutta la Sardegna gli si compone dinnanzi in un quadro vivo, palpitante come se dal bordo di una carlinga, dominasse in pieno volo dalla rupe di San Gavino (Porto Torres) allo stagno di Santa Gilla (Cagliari). Ecco i minatori dell’Iglesiente, ecco i soverieri di Tempio, i mandriani del Campidano, i pastori della Nurra, ecco i tonnariotti d’Isola Piane, che ieri guardavano in lontananza il mare come se sperassero cogliervi il balzo dei tonni impauriti della rete che li risale. Don Francesco Barracciu li guarda, li ravvisa, li numera a conto preciso, ma ogni battaglia gli disperde un po’ del suo gregge, ogni battaglia gli fa benedire troppi morti dei quali conosceva l’anima più che il nome. Quando, ne compone le povere salme egli vede la casa che non sa ancora la sua sventura, vede il cimitero, che non avrà il suo morto, vede la tanca, che non avrà il suo pastore. Veramente egli è qui il vicario dell’Isola, il vicario d’amore e di consolazione, come sognò d’essere quando, lasciata la sua Oristano per la caserma di Sanità di Roma, si offrì volontario ad un Reggimento Sardo che voleva un cappellano della sua terra, e migliore non poteva avere di questo francescano dei Minori Osservanti, di modi semplici, di parola chiara, di fede piana e serena. A vederli vivere faticare e morire così, con ignara grandezza e purità, don Barracciu sente come forse non mai l’orgoglio di essere loro fratello più che loro pastore e non cederebbe per il più pingue priorato il suo posto di fatica e di pena”.
I due brani sopra sono stati tratti dal libro “Con le fanterie sarde – Giornate sul Piave “ scritto da E. Maria Gray, ufficiale addetto al Comando della 33° Divisione. Questo scrittore, dalla penna raffinata ed elegante, nel tracciare un profilo dell’umile uomo di chiesa, riesce a far apparire, quale autentico apostolo di pietà e di fede, Francesco Barracciu di Oristano, dei minori conventuali, cappellano del 152° Reggimento. Durante la battaglia del Basso Piave il cappellano del 151° Reggimento era invece il Francescano Todde da Tonara (NU). I cappellani compivano spesso la loro missione in prima linea quando infuriavano le battaglie. Alcuni, una volta caduti prigionieri, riuscivano a portare a termine il loro compito nei campi di concentramento nemici, tra mille insidie e pericoli.