di Dario Dessì
Raramente i corrispondenti di guerra avevano dato un simile esempio di audacia, quale quello offerto dai giornalisti Garinei del Secolo e Benedetti del Giornale d’Italia, quando vollero recarsi all’estremo lembo della Bainsizza, dove la prima linea era stata appena conquistati dai valorosi fanti della Brigata Sassari.
Per riuscire a raggiungere le trincee scoperte di prima linea, l’unico transito possibile ai due giornalisti erano i camminamenti sottoposti alle continue esplosioni di bombe e di altri proietti, oltre alle raffiche micidiali delle mitragliatrici austriache.
Una volta raggiunta la meta i due giornalisti poterono constatare coi propri occhi i continui episodi di eroismo collettivo e individuale, nel più puro spirito di abnegazione e sacrificio, degli umili fanti sardi, tanto per poterne riferire ai lettori dei loro giornali.
Raffaele Garinei volle inoltre creare una specie di documentario fotografico del suo viaggio, in modo da rendere perpetui nel tempo i vittoriosi esiti della XI battaglia dell’Isonzo e la brillante condotta della Brigata “Sassari”.
Dopo 24 ore di tiro d’artiglieria, all’alba del giorno 19 agosto, gli Italiani diedero il primo assalto a tutto il fronte compreso tra la testa di ponte di Tolmino e il mare. Fu l’inizio di una lotta che durò più di tre settimane e che richiese un enorme dispendio di vite umane da entrambi le parti, concludendosi con una battaglia tra titani intorno a un unico monte, quel San Gabriele il cui solo nome faceva venire la pelle d’oca a migliaia di uomini.
La lotta titanica per quel monte ebbe inizio il pomeriggio del 24 agosto, per assumere nei giorni successivi aspetti sempre più cruenti.
A due settimane dall’inizio di quella barbara lotta, che era diventata un macello privo di senso, secondo Fritz Weber nel suo libro “Dal Monte Nero a Caporetto.”, l’esercito austro ungarico aveva versato troppo sangue e troppo era stato il materiale bellico insostituibile andato distrutto.
L’Austria si trovava sull’orlo dell’esaurimento.
In venti giorni di battaglie aveva perduto 100.000 uomini, il consumo delle munizioni aveva superato di un terzo quello della 10° battaglia, il 38% dei cannoni era stato messo fuori uso, ben 244 per lo scoppio delle bocche da fuoco, segno concreto del costante scadimento qualitativo delle munizioni e prova evidente che i proiettili non venivano calibrati, seguendo le dovute accortezze, a causa del ritmo febbrile impresso alla produzione.
Anche l’esercito italiano si era dissanguato. Le perdite tra morti, feriti dispersi e prigionieri si dovevano aggirare attorno ai 250.000 uomini.
Tuttavia, dopo 27 mesi di resistenza alle ripetute offensive scatenate dal Regio Esercito, il futuro per l’Armata Austroungarica dell’Isonzo si annunciava assai più fosco che agli inizi della guerra.
La notte del 29 agosto la Brigata Sassari è in linea e la mattina del 30, senza la minima conoscenza del terreno e senza un azione preparatoria da parte dell’artiglieria, ancor fosse stata di piccolo calibro, riceve l’ordine di andare all’assalto.