Maria è una giovane donna, bella e intelligente, cresciuta nel cosiddetto Continente, si ritroverà a dover vivere in un piccolo paese della Sardegna e a unirsi con un uomo tramite un matrimonio combinato: Salvatore. Finirà sottomessa alle regole non scritte del luogo e ai soprusi di suo marito. Impotente subirà violenza fisica e verbale, lotterà contro un senso di colpa e di inadeguatezza che la famiglia di lui e la gente le cucirà sulla pelle giorno dopo giorno.
Daniela, un libro duro, forte, che non lascia spazio alla comprensione, al perdono. La violenza che oggi come allora è rafforzata dal silenzio più che dalla paura? “La violenza si alimenta della paura e si trincera nel silenzio; un silenzio che nasconde la vergogna per i soprusi, le umiliazioni, per quel tutto che, quotidianamente, si subisce e che resta all’interno delle mura domestiche. La vittima, durante il logorante percorso della violenza, comincia a perdere fiducia nei confronti del mondo esterno, delle istituzioni e delle reti parentali e amicali; pensa che nessuno potrà aiutarla o, peggio ancora, vive questo dramma nella solitudine del suo dolore.”
Il messaggio importante, che lascia un segno dopo la lettura, è prendere consapevolezza? “Questo libro descrive le dinamiche che, realmente, innescano e mantengono il ciclo della violenza. La vita della protagonista, Maria, è la vita di tante donne, che, come lei, si ritrovano a vivere una realtà crudele e spietata. Talvolta, i meccanismi, che si insinuano in questo processo, finiscono per “naturalizzarsi”: entrano a far parte della quotidianità e vengono vissuti nella tacita sopportazione. Ricordiamoci che la violenza non è solo fisica, esistono varie forme di violenza, all’interno delle relazioni, che assumono diverse sfumature. Esiste la violenza economica, quella sessuale, lo stalking e la forma più subdola e sottile: la violenza psicologica; quest’ultima è esercitata su molte donne, le quali subiscono e non sanno di subire, poiché non ne hanno consapevolezza, in quanto correlano la violenza soltanto alle percosse. La lettura di questo libro può divenire, per ciò, uno strumento per conoscere i lati oscuri di questo fenomeno e, allo stesso tempo, può suscitare l’empatia del lettore, nei confronti di chi vive realmente questo dramma.”
Un libro da leggere, da interpretare, da divulgare. Perché? “Questo libro nasce quasi come una missione, poiché ho preso l’impegno di mettere a servizio ogni mia conoscenza, acquisita durante il percorso di laurea, al fine di realizzare delle presentazioni in qualità di seminari, cosicché ognuno possa comprendere i meccanismi che subentrano nella violenza e nelle sue forme, agendo, in tal senso, anche per incrementare la prevenzione. Ogni emozione, positiva o negativa, che si può trarre dalla lettura del libro, spero che possa diventare un sentimento funzionale, per la riflessione e la divulgazione del “No” alla violenza e del “Sì” alle relazioni simmetriche e reciproche, ma soprattutto all’Amore e al rispetto verso se stessi.”
Maria, come tante donne maltrattate, crede di meritarsi la prepotenza e la violenza del proprio uomo. Quale meccanismo scatena questa convinzione? “Capita molto spesso di giudicare le donne che subiscono violenza come delle deboli, masochiste, incapaci di porre fine a una relazione disfunzionale. La realtà è ben diversa e merita una rispettosa riflessione, in quanto l’incapacità di queste donne di lasciare i maltrattanti ha ragioni più profonde e complesse. L’impotenza appresa, la mancanza di alternative e di risorse, la dipendenza economica, la paura per i propri figli o il timore di eventuali ritorsioni da parte del partner violento, rappresentano uno dei tanti meccanismi che costringono, quotidianamente, queste donne alla lotta per la sopravvivenza. Non dimentichiamo che chi perpetra la violenza non è un estraneo, ma il partner che la donna ha amato; si tratta, inoltre, di un processo ciclico, alternato da fasi di tensione e fasi di apparente calma, in cui si può coltivare l’illusione e la speranza di un cambiamento, che, in realtà, non avverrà mai. Uscire dalla violenza non è facile e richiede l’aiuto delle istituzioni, dei centri e delle tante reti formali e informali, che possono aiutare le vittime a ritrovare se stesse e a perseguire il proprio obiettivo. Ci sono donne che, in questo percorso tortuoso e deteriorante, sono divenute invisibili ai loro stessi occhi, perdendo la loro identità, i loro gusti, le loro ambizioni. È ciò che succede alla protagonista del libro ed è ciò che, purtroppo, accade nella realtà di tutti i giorni. È importante, infatti, smettere di giudicare, e orientare le nostre concezioni verso il rispetto, la reciprocità, la comprensione e il mutuo aiuto. È uno tanti passi che si potranno fare verso un percorso di salvezza e di benessere nelle relazioni interpersonali.”
Grazie alla mia fantastica relatrice e a Tottus in pari, per aver dedicato questo spazio al mio libro
Davvero delle parole bellissime e piene di significato! Un libro che va assolutamente letto e che lascia tanto su cui riflettere! Bravissima!!!!
Ho letto Mer’e domu, in due riprese. Mi son dovuta fermare ad un certo punto x la crudezza del racconto che mi ha fatto pensare a chissà quante donne è capitata una vita simile, allora. Ma mi rattrista pensare anche all’infinità di donne violate e obbligate a vivere come Maria perché purtroppo la precarietà attuale delle giovani di oggi sovente determina fragilità!
Menzioneró il racconto in un incontro sulla “Giornata internazionale per l’eliminazione contro la violenza sulle donne” perché un messaggio chiaro è sotteso: l’istruzione e la ricerca di aiuto devono essere sempre considerati al massimo!