DONNE E POLITICA, IDILLIO RAPIDO. PERCHE’ SONO POCHE E FANNO ESPERIENZE ISTITUZIONALI BREVI?


di Laura Fois

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Se i cambiamenti tecnologici degli ultimi decenni fossero stati seguiti da altrettanti cambi di rotta in politica, non staremo nel 2017 a scrivere l’ennesimo articolo su donne e partecipazione politica. Fino al 1946 il diritto di voto in Italia era limitato agli uomini. Tra il 1995 – l’anno della Conferenza di Pechino delle Nazioni Unite, che indicò come priorità a tutti i Paesi il rafforzamento del potere di azione delle donne nella sfera pubblica e nella vita privata – e il 2004, le percentuali della presenza femminile nei parlamenti nazionali si muovono di pochi punti (fonte: Treccani). Per fare un esempio, anche negli Stati Uniti pionieri delle lotte civili, le donne elette al Congresso erano l’11% degli uomini nel 1995 e il 14% nel 2004. L’attuale legislatura italiana è quella che registra la più alta presenza femminile nell’intera storia repubblicana: 29,6% al Senato e 31,3% alla Camera. E in Sardegna? Sono 4 le donne su 60 consiglieri regionali. Altrettanto 4 le donne su 12 assessori della Giunta Pigliaru.

E 54 le donne sindaco su 377 comuni dell’isola. Abbiamo chiesto ad alcune donne che attualmente ricoprono incarichi istituzionali, perché continuano ad essere poche le donne in politica e perché fanno un’esperienza politica breve. Francesca Arcadu, consigliere comunale del comune di Sassari: <<Credo che ciò che allontana le donne dalle istituzioni sia prevalentemente il linguaggio della politica, impostato su schemi maschili e tempi lontani da quelle delle donne. Occorrerebbe proprio una riscrittura dell’alfabeto della politica e dell’impegno pubblico che cerchi di recuperare valori e tempi più consoni al servizio per la collettività, compreso il desiderio della conciliazione dei tempi e il linguaggio meno conflittuale, oltre ad una prospettiva di relazione più forte. Bisognerebbe inoltre favorire politiche di sostegno alle donne che scelgono di avere una famiglia ma anche di portare avanti un impegno pubblico, per non metterle di fronte a scelte penalizzanti. E infine, continuare a lottare – in Sardegna –per la riforma della legge elettorale con l’introduzione della doppia preferenza di genere. Solo attraverso queste azioni positive sarà possibile aprire nuove strade per la presenza femminile nella politica e per far germogliare i semi della nostra partecipazione>>. Alessandra Zedda, consigliere regionale:<<La scarsa presenza femminile è dovuta alla difficoltà del confronto. Mancano gli strumenti che “liberano” le donne dal quotidiano ovvero famiglia, figli, lavoro, vecchie logiche da un lato, dall’altra mancano gli strumenti che possano ridurre le difficolt à di partecipazione elettorale, penso alla doppia preferenza o ai collegi dove almeno il 40% sia donna. Una terza via è culturale, ovvero legata all’istruzione e alla formazione. È importante l’educazione civica nelle scuole>>. Maria Grazia Piras, assessore all’Industria della regione Sardegna: <<Se le donne in politica sono poche potrebbe essere anche per un problema di autostima. Dovremmo credere di più in noi stesse, osare di più>>.

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