SANT’ANNA SA MAMMA MANNA: UNA LEGGENDA DA ASCOLTARE, DIVERTENTE DA RIPORTARE, INTERESSANTE DA STUDIARE

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di Claudia Zedda

Quando si parla di Janas è inevitabile parlare di pane e chiunque rivolga il suo pensiero al pane deve inevitabilmente parlare di lievito madre, su framentu o sa madrighe, su ghimisone, su pane ‘onu, su prementu sardu. Quel che risulta dall’ascolto delle leggende e del folklore è semplice ed immediato: un tempo le janas disponevano del segreto della lievitazione, e nel tempo immediatamente successivo questo dominio non era più di loro competenza, passato misteriosamente alle donne. A sottolineare il passaggio ci pensa la tradizione: la leggenda di cui parlo è molto bella da ascoltare, divertente da riportare, interessante da studiare.

Sant’Anna: la leggenda del lievito Racconta di Sant’Anna allora non ancora Santa, prossima alla morte. Si era soliti, in quei paesi, mettere a morte le donne già anziane (pare che Anna avesse raggiunto i novant’anni) che ancora non avessero generato alcun figlio. Lo sapeva Anna e lo sapevano i suoi compaesani che non perdevano occasione per ricordarle della sua sorte. È un fatto che Anna, spaventata dalla morte, ad un determinato momento decida di scappare e di rifugiarsi in luogo isolato. Pregò tanto fortemente Dio che presto le sue preghiere vennero raccolte: un angelo le comparve in sonno invitandola a far ritorno in paese. Era in attesa di Maria, la futura madre di Gesù, e nessuno avrebbe più osato minacciare la sua vita. Così fu, Anna partorì e Maria crebbe forte e particolarmente intelligente. Come tutte le ragazze del paese anche lei andò a studiare dalla Sabia Sibilla (il nome con il quale spesso viene indicata la Jana Maista, quella per intenderci che avrebbe a lungo vissuto e operato come veggente all’interno della grotta del Carmelo, ad Otzieri). Sapeva tutto la Sabia Sibilla e viene descritta come un vero e proprio demiurgo. Conosceva addirittura il segreto della lievitazione che mostrava alle proprie alunne senza mai concedere loro il lievito madre. Leggenda vuole che Maria un giorno, con l’inganno (non ti ricorda Sant’Antonio che sottrae il fuoco dal sottosuolo con l’inganno? Questa storia dell’inganno la dice lunga su come è stato vissuto il passaggio fra paganesimo e cristianesimo dai sardi) riesca a sottrare alla Sabia Sibilla del lievito madre. Pare che da allora le donne abbiano custodito il segreto della lievitazione e le Janas invece (di cui la Sabia Sibilla era signora) lo abbiano perduto. Una leggenda affine racconta delle Janas costrette a chiedere il lievito alle donne del malomondo. Bussavano alle porte di queste e chiedevano loro di porre il lievito sotto su lumenàrdzu delle porte. Confezionato il pane le fate restituivano il lievito in una forma di collaborazione molto stretta ed interessante che vede le donne legate alle fate da un vincolo di complicità.

Sant’Anna nei vangeli La figura di Sant’Anna citata per la prima volta negli apocrifi Protovangelo di Giacomo e Vangelo dello pseudo-Matteo, (il suo culto inizia a diffondersi in occidente verso la fine del trecento e si afferma ufficialmente a partire dal 1584 ) riscuote in Sardegna e tutta Italia un’importanza notevole. Per quanto figura marginale viene percepita sull’Isola come la madre di tutte le madri: non a caso viene detta spesso “Sa Mamma Manna” e invocata dalle partorienti. Il patronato le fu 

attribuito popolarmente e di buon grado visto il suo parto, fortunato e privo di complicazioni, seppure avvenuto in età particolarmente avanzata. Ancora oggi a lei si votano le partorienti ma anche le donne che non riescono a procreare.

Sant’Anna in Sardegna È interessante raccontare che in Sardegna, molte donne in attesa si recano il giorno della festa presso la chiesa di Sant’Anna in Tortolì a pregare la Santa. Un’informatrice mi ha riferito dell’intenso profumo di basilico, aromatica evidentemente destinata alla Santa. Mazzetti verdi vengono abbandonati ai piedi della statua in segno di dono a una santa tanto speciale. Il regalo non è casuale: secondo la tradizione popolare sarda infatti il basilico, l’ocimum basilucm noto localmente come affabika, avrebbe un’ottima proprietà galattogena, sarebbe dunque in  grado di aumentare o garantire la montata lattea, cosa non da poco già che era sinonimo di vita e sopravvivenza nella società tradizionale. Alla santa si lega anche un altro, interessante patronato: quello che la lega indissolubilmente alla terra. E si deve trattare certamente del patronato più antico. Risulta particolarmente interessante il divieto, noto in tutta l’Italia centrale e meridionale, a trebbiare durante la giornata dedicata alla Santa, il 26 luglio. Contravvenire al divieto causava mala sorte, in alcuni casi la pietrificazione e nella maggioranza delle situazioni la creazione di vere e proprie voragini nel terreno, note con il nome di Sinkholes. Spesso queste voragini diventano laghi, pozze o polle d’acqua di origine miracolosa. Il mito noto in tutta Italia si mantiene, se pure in veste marginale, anche in Sardegna. Quello appena raccontato lega la figura di Sant’Anna ad almeno due tipologie di antica divinità:

divinità sotterranee

divinità agricole

Sant’Anna: connessioni con sa mama e su trigu Le leggende su dette legano indiscutibilmente Anna e sua figlia, Maria all’arte della pianificazione del cui segreto si fanno depositarie. È  piuttosto interessante ricordare un’altra Anna ebbe a che fare con focacce probabilmente lievitate. Trattasi di Anna Perenna che secondo la mitologia Romana è descritta come una cara vecchia che soccorre plebei romani bisognosi, nutrendoli con piccole focacce da lei stessa sfornate nonostante fosse particolarmente povera (episodio avvenuto nel Monte Sacro durante il 494 a.C.). Anna Perenna era considerata dai romani una divinità ciclica, una divinità materna dedita a sfamare i propri figli, connessa in alcuni casi con l’astro lunare e in altri con l’acqua. La sua festa celebrata il 15 di marzo dava luogo ad abbondanti banchetti e sanciva l’ufficiale inizio della primavera.

D’altronde radice sanscrita di Anna, Ann, è inequivocabile: il suo significato è cibo. Alla figura di Anna come nutrice, divinità agricola si lega probabilmente la figura che in Sardegna è detta “Mamma e su trigu”, la mamma del grano. La figura è antichissima, nota in tutta l’antica Europa. La tradizione popolare vuole che lo spirito del grano, sa mamma e su trigu appunto, si conservi all’interno dell’ultimo covone raccolto o in quello raccolto prima dell’alba, alla vigilia della festa di San Giovanni, di cui abbiamo già detto in tantissime occasioni. Il covone veniva conservato in casa o nel granaio e si riteneva avesse valenza protettiva e apotropaica. I chicchi di questo particolarissimo grano venivano impiegati in varie circostanze:

la nuova semina, mescolato alle altre sementi;

preparazione di medicine tradizionali, prime fra tutte sa meighina e s’ogru;

si conservava all’interno delle cassapanche e negli armadi di famiglia dove erano riposti gli averi della famiglia;

potevano essere sparsi sui corpi dei defunti prima della sepoltura per auspicarne una rapida rinascita;

con le spighe si creavano corone, croci o bouquet utilizzati per decorare i buoi durante le feste di primavera. L’idea che lo spirito del grano, la madre del grano, la Vecchia o la Giovane (a seconda delle tradizioni) si rifugiasse nell’ultimo covone di grano è diffusa in tutte le tradizioni popolari dell’antica Europa. Ogni regione tratta l’ultimo covone in maniera differente: in alcuni casi si faceva a gara per non doverlo raccogliere. Si riteneva che chi se lo portava a casa, con esso si portava a casa lo spirito del grano figurato come una vecchia da dover nutrire per tutta la stagione. In Polonia invece l’ultimo covone di grano era detto “La Baba” ossia “La vecchia” e la donna che doveva legarlo sarebbe probabilmente rimasta incinta  entro l’anno. Di lei si diceva che “ha la Baba” o ancora “è la Baba”. Con le spighe dell’ultimo covone veniva spesso confezionata la figura di una donna, di una vecchia o di una strega (in base alle località) conservata nella dimora per tutto l’anno. Si riteneva fosse di buon auspicio. (Se ne vuoi sapere di più trovi un’infinità di informazioni ne “Il Ramo d’oro” di Frazer).

Sant’Anna e il clima Mi piace ricordare che la festa di Sant’Anna, che segna proprio il mezzo dell’estate, sia comunemente vista come una vera e propria finestra estiva sull’autunno. Normalmente le temperature si abbassano, e nei casi più fortunati si verificano i famosi temporali estivi. In genere il periodo corrisponde un vero e proprio mutamento climatico. Tutto esatto anche per quest’anno: i giorni antecedenti e forse successivi al 26 di luglio sono stati e forse saranno particolarmente freschi e ombrosi.

Sant’Anna nei brebus e pregadorias

Chiudo questo articolo ricordando la presenza de sa mamma manna in una notevole quantità di brebuspregadorias e invocazioni. La più nota è probabilmente questa utilizzata contro il malocchio.

“Susanna ha fattu Anna,

Anna ha fattu Maria,

Maria ha fattu Gesusu,

s’ogu pigau non ci siada prusu”.

Mi piace ricordare in ultimo la preghiera presente nella chiesa di Sant’Anna a Stampace

“Oh Sant’Anna Manna e gloriosa

Donàra a nosus de s’amori divinu

Ascurta s’invocatzioni nostra:

nosus che de tempus antigusu eus bivviu cun

sa protetzioni tua e de filla tua

seus ancora una borta in s’abbisongiu de s’aggiuru tuu.

Castia canta mancantza de traballu e poberesa c’esti

E cantu attropèlliu in custu tempus chi paridi si siara scaresciu

D’ess’ esempiu de is aiaius nostrus.

Scira su coru e sa menti de nosus fillus tuus

E aggiuraisì a torrai in s’arruga

Chi at portau meda onori e amori in sa genti nostra.

Tui mamma nostra gloriosa prega po nous”.

La preghiera di fattura chiaramente moderna è rivolta a una Santa che ancora oggi veste i panni della madre benevola, che nutre, genera, protegge e guida, cristiana senza dubbio, ma dalle origini antichissime, che la legano alla terra, al grano e all’acqua, ma questa è un’altra storia.

Ringrazio per la preghiera Maribona Serra, per il dettaglio sul basilico Caterina di Baunei.

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