LUCA OGGIANO DELL’UNIVERSITA’ DI TRONDHEIM E IL BODY UTILIZZATO AL TOUR DE FRANCE: E’ SARDO IL “MAGO” CHE FA VOLARE FROOME

ph: Luca Oggiano


di Mario Carta

Thomas 1º, Kirienka 3º, Froome 6º. Tre uomini Sky fra i primi sei nella crono che ha aperto il Tour. E Kwiatkowski ottavo. Bravi. Bravissimi sì, ma non è un caso. Dietro la prestazione monstre dello squadrone inglese c’è una “magia” sarda. Quella dell’ingegner Luca Oggiano, 37 anni, di Sorso. E’ lui l’inventore delle placche aerodinamiche che stanno meravigliando tutto il mondo dello sport, e non solo quello del ciclismo. Luca Oggiano ha lasciato la Sardegna a 18 anni per il Politecnico di Torino. La laurea, e subito il lavoro a Trondheim, alla Norvegian University of Science – Dipartimento di energia e process engineering.

«Lavoro nel settore dell’aerodinamica sportiva ma anche dell’energia eolica – si racconta Oggiano –. Ho lavorato anche con i palloni da calcio con l’Adidas, a una tuta per i 100 metri… il mio campo è vario. Mia moglie è norvegese e ho due figli, di 5 e 6 anni. Vorrei venire in vacanza anche questa estate nell’isola ma quando mi tocca c’è sempre il Tour de France, sono due anni che lo seguo per lavoro».

Non si parla d’altro che del body ultratecnologico che fa volare gli uomini della Sky. «L’anno scorso avevamo cominciato il design vero e proprio, ora l’abbiamo perfezionato. Sono stati decisivi gli incontri a Milano con Simon Jones, capo della ricerca del Team Sky e ora al vertice della Federciclismo australiana, con la quale ora collaboreremo per il settore della pista. Jones è un mito, chiedete a un certo Bradley Wiggins…».
Un nuovo magico body in vista, con altre “pin balls”? «E’ il nome che hanno dato i media alla nostra tecnologia…»
Come funzionano? «Non posso dire più di tanto, può sembrare un po’ esagerato ma è così che funziona. Ci sono vari fattori da considerare, c’è la competizione economica e industriale oltre a quella sportiva. C’è chi nel nostro progetto ha investito dei soldi».

Un bell’aiutino, al Tour de France. «Sono modifiche che fanno anche altri team, solo che noi abbiamo optato per una tecnologia diversa cercando di rispettare le regole dell’Uci, la federazione internazionale».
Un paragone con i super costumi da bagno di qualche anno fa, poi vietati? «No, queste tute ormai vanno da 10 anni, non abbiamo certo scoperto l’acqua calda».

Un sardo dietro tante vittorie. Orgoglioso? «E’ una bella visibilità, sì. Ma stupisce che sia arrivata tutta d’un botto a fronte del grande lavoro fatto in tanti anni, senza gli stessi riconoscimenti».
Il segreto? «Avere incontrato i ragazzi della Sky. E’ stata la soluzione vincente per entrambi. Le mie pubblicazioni c’erano già, ma grazie a loro è arrivata la visibilità».

Per avere vantaggi dal suo body bisogna andare oltre i 50 all’ora. Vero? «Sì, non è un segreto, c’è un guadagno di tempo, ma di più non posso dire ».

Conta di più l’uomo o la tecnologia? «Sempre l’uomo, al cento per cento. E quelli della Sky sono uomini eccezionali, sono delle macchine. Il mio progetto era una scommessa. Sapevo di poterla vincere, certo, ma era una strada non battuta e loro ci hanno creduto. Hanno detto: “proviamo”, e funziona».
Il suo futuro? «Continuerò ancora un paio di anni con Sky, lavorare con loro è uno spasso, sanno mettersi in gioco».

C’è un ciclista sardo al Tour. Lo segue? «Mi dispiace tantissimo non poter aiutare lui ma in un certo senso dovergli andare contro. Vivo un conflitto interiore, veramente. Ma spero che Fabio Aru faccia bene, non lo conosco personalmente ma mi sembra una persona in gambissima, umile e capace. Forza Fabio».

Nostalgia della Sardegna? «Soprattutto in estate, quando in Norvegia ci sono 12 gradi e la pioggia. Ho un po’ il cuore spezzato a metà, mi sento a casa in entrambe le nazioni e contemporaneamente non del tutto in nessuna. Voglio salutare mio padre Antonio e mia madre Antoniangela, devo al loro coraggio, all’avermi fatto andare via ragazzino, la mia realizzazione. E mia sorella Paola, che mi ha sempre sopportato e supportato».

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