di Davide Mamone
Il Consolato Generale d’Italia a New York ha celebrato Andrea Mura, che ha vinto una delle edizioni più difficili della storia della competizione: lo skipper sardo è stato più forte di una “Tempesta Perfetta” ed è arrivato primo dopo 17 giorni di traversata.
17 giorni, 4 ore, 6 minuti e 19 secondi. Da Plymouth a Newport Beach, dall’Europa agli Stati Uniti, affrontando una “tempesta perfetta” e difficoltà di ogni genere. È questo il tempo che Andrea Mura, velista e skipper sardo, ha impiegato per trionfare nella Ostar 2017, la regata transatlantica in solitaria che aveva già vinto nel 2013, una delle più complicate della categoria. Un’impresa grandiosa, la cui eco è arrivata fino a New York, la città traino di quel Nuovo Mondo che il velista italiano ha raggiunto a bordo di una barca a vela e in balìa delle onde e del vento.
Al Consolato Generale d’Italia, si è tenuto un incontro per celebrare lo skipper sardo e la sua vittoria, a cui hanno partecipato il delegato del Coni negli USA, Mico Delianova Licastro, e Giacomo Bandino, presidente del Circolo Shardana New York, il più grande club di emigrati sardi nel mondo. Un incontro in cui Andrea Mura ha raccontato personalmente le difficoltà della sua impresa e che è stato aperto dall’intervento del Console Generale d’Italia, Francesco Genuardi: È un grandissimo onore, questo pomeriggio, avere il piacere di salutare un eroe, uno sportivo, un sardo: Andrea Mura ha appena compiuto un’impresa di cui tutti gli italiani devono essere orgogliosi – ha evidenziato il Console, facendo un particolare parallelismo. “Andrea si è reso protagonista di un’azione che ci accomuna: colmare le distanze tra Europa e Stati Uniti. Noi lo facciamo con la nostra missione diplomatica, lui ci è riuscito in questa splendida impresa”.
E in effetti, la parola impresa è quella giusta. Perché l’edizione 2017 è stata la più complicata degli ultimi anni: una tempesta perfetta durante la navigazione, con onde fino a 15 metri e venti che hanno toccato i 60 nodi, ha infatti costretto al ritiro 14 partecipanti su 21 (compreso l’italiano Michele Zambelli, che ha impattato una balena ed è stato soccorso dalle autorità marittime canadesi). E le difficoltà meteo, tantissime, ci sono state in ogni momento. Criticità che Andrea Mura ha provato a superare prendendo una decisione sulla quale si è basata poi la strada verso la sua vittoria (e gran parte del suo racconto durante l’incontro al Consolato): “Ho deciso di rischiare e di salire verso nord fino al 57° parallelo, per aggirare l’occhio della tempesta e sperare di avere il vento in poppa”, ha spiegato lo skipper mentre le immagini girate dal suo smartphone durante la traversata e trasmesse in video nel corso dell’incontro, continuavano a raccontare la sua impresa. “Decidere di spingermi tanto a nord ha pagato dei dividendi in termini di tempo e mi ha permesso di arrivare con quattro giorni di vantaggio sul secondo – ha spiegato. Ma non è stata una scelta a cuor leggero: ci ho riflettuto molto e alla fine, nonostante le mille difficoltà, è andata bene”.
Spingersi così tanto a nord non è stato piacevole, anche perché le condizioni meteo erano sempre più proibitive: “Ero curioso di vedere che genere di oceano ci fosse – ha detto sorridendo. Quando l’ho scoperto, però, ho capito che me lo sarei potuto risparmiare: è stato un incubo per certi versi. Contro vento, contro mare e contro corrente, con quelle onde e la temperatura dell’acqua attorno ai 4-5 gradi: ho cercato di aggirare l’occhio della tempesta e di virare a sud il prima possibile”.
Unico neo di questa impresa, se volessimo trovarne uno, il fatto di non aver ottenuto il record stabilito da Giovanni Soldini nel 1996, quando vinse la Ostar in 15 giorni, 18 ore e 29 minuti: “Ed è un peccato – ha ammesso lo skipper – perché il ritmo che avevo tenuto all’inizio mi avrebbe permesso di abbattere quel muro. Poi la tempesta perfetta mi ha rallentato”. Ma per Andrea Mura va bene così: “La notte in cui ho vissuto di più le conseguenze della tempesta non ho chiuso occhio e ho avuto paura per la mia incolumità, sono quindi contento di essere arrivato sano e salvo”.
E domani? Quali nuove imprese per il futuro? Una cosa per Mura è certa: “Lo avevo detto nel 2013 e non avevo rispettato la promessa, questa volta però ne sono sicuro: basta Ostar, è una regata che non posso più fare“. Ma i progetti non mancano: mentre l’Università di Cagliari sta passando ai raggi X la sua esperienza per una ricerca accademica, lo skipper si prepara a ricevere una Laurea ad honorem. E a conferirgliela ad ottobre sarà proprio l’ateneo che oggi lo sta “studiando”: “La mia tesi sarà focalizzata su questa mia esperienza: ho monitorato le mie condizioni di salute prima, durante e dopo la traversata e analizzerò, approfondendoli, i dati del mio organismo per dimostrare le difficoltà del corpo umano nel corso di un’esperienza così forte”. Un’esperienza che, nonostante le mille difficoltà, ha permesso a lui e alla Sardegna di eccellere davanti al mondo.