di Francesco Canepa
L’altra volta parlavamo di “Raighinas” ( tottus in pari 24.05.2017 ) e oggi abbiamo scavato per ritornare alle radici della storia della nostra Associazione.
Francamente, raggiungere il Gremio in pieno pomeriggio in un sabato infuocato della Capitale, per sentir ricordare qualcuno che già dal nome ci faceva pensare a fresche remate nel mare accarezzati dalla brezza marina, è stata una bella prova di sardità.
Ma è bastato l’incipit del nostro Presidente a farci percepire una bella “corrente di pensiero”, che ci ha indotto a riflettere sul fatto che, tutto sommato, remare fa sudare e quindi era meglio stare lì con il fresco dell’aria condizionata e con un’ottima compagnia.
Compagnia della quale faceva parte anche, insieme alla gentile consorte, il dottor Nicola Saba, responsabile dei rapporti con le associazioni culturali dei sardi nel mondo, e amministratore dei finanziamenti regionali a favore delle stesse. Calorosamente presentato dal nostro Presidente, il dottor Saba, oltre a portarci saluti freschi freschi dalla Sardegna, ci ha illustrato programmi e modalità operative della Regione, rafforzando nell’uditorio quel senso di vicinanza e di colleganza con la nostra terra che è fondamentale per mantenere viva la fiamma della sardità in chi lavora e vive fuori dell’”Isola che c’è”.
Prima di passare la parola agli ospiti venuti da Iglesias in rappresentanza della locale “Associazione Remo Branca”, che ha collaborato alla realizzazione dell’evento, il Presidente aveva sottolineato, con evidente soddisfazione, il ruolo importante del grande artista e letterato nella storia del Gremio.
Infatti, dall’incontro fra il fondatore Pasquale Marica e Remo Branca era nata non solo amicizia, ma anche il Gremio nell’aprile del 1948 ( in pratica il seguito della “Associazione dei Sardi a Roma”, già felicemente operante nel 1914 quando ebbe l’onore e l’onere di organizzare a Castel Sant’Angelo lo storico “1° Congresso Regionale Sardo” fuori della Sardegna ), nonché una bella e continua collaborazione a favore del Gremio e della comunità dei Sardi a Roma, che aveva fatto sì che Pasquale Marica affidasse proprio a Remo Branca appunti e dati sull’origine e motivazione dell’Associazione.
Documentazione poi rivelatasi preziosa e determinante per la ricostruzione della storia del Circolo contenuta nel libro scritto nel 2015, per la “nemapress”, dallo stesso A.M. Masia : “Il Gremio – ha più di cento anni…”.
Stefano Cherchi ha quindi parlato delle attività della “Associazione Remo Branca”, nel cui consiglio direttivo siede, solleticando il turista che è in ciascuno di noi con la descrizione della città e delle continue iniziative di valorizzazione dell’eredità artistica del Maestro ancora ben percepibile in città.
A seguire la parola è passata alla Vicepresidente della Associazione professoressa Paola Pruna, introdotta dalla appassionata lettura di un brano dello stesso Branca ad opera di A.M.Masia.
Va detto che il volume si trova nella piccola biblioteca (800 volumi) del Gremio, recentemente digitalizzata per autore, titolo, editore dalla valorosa giovane socia Maria Paola Salis, ed informalmente inaugurata nell’occasione, essendo disponibile via web ai Soci, grazie al regolamento reperibile nel sito (www.ilgremiodeisardi.org).
E con Paola Pruna, altro che gita al mare, abbiamo viaggiato per tutta l’Italia appresso al professor Remo Branca (4 maggio 1897) il quale, nel ‘25 fu “consigliato” di lasciare la natia Sassari per incompatibilità ambientale con un ras locale.
Così iniziò la sua avventura ad Iglesias dove, da supplente nel locale liceo scientifico, divenne titolare di cattedra per un decennio.
E, in dieci anni se si hanno fantasia, passione e professionalità di tracce ( …..se ci volete la “i” chiedete al ministero della povera istruzione, oppure fate finta che ci sia scritto “orme” ) se ne lasciano : un liceo scientifico con veste di liceo artistico che ancora oggi è il vanto di Iglesias.
Va detto – ad onore dei legulei – che Remo Branca, dopo il liceo “Azuni” di Sassari si era laureato in “Giurisprudenza”.
Pensate che l’argomento della sua tesi di laurea riguardava l’amministrazione dei piccoli Comuni !
Comunque, torniamo ad Iglesias dove la famiglia, nel frattempo, cresce e dove Remo Branca fece nascere anche una scuola gratuita d’arte per i ragazzi di quella città mineraria.
L’appassionata attenzione dedicata allo studio della xilografia era la prova dell’interesse che quella particolare e “rinnovata” forma d’arte così “primitiva” rivestiva per Remo Branca, il quale, ricordando quel periodo, amava dire: “Stavo imparando ciò che stavo insegnando !”.
E oltre questa scuola sperimentale, volle far nascere anche la prima galleria d’arte della Sardegna, dedicando a ciò aule e corridoi del liceo ed incoraggiando l’attività artistica degli studenti con l’organizzazione di mostre e fiere d’arte. Nel 1933 la prima fiera d’arte organizzata in Sardegna ospitava ben 202 opere di artisti in erba e di valenti colleghi e Remo Branca volle che il ricavato andasse in opere di bene.
Nel 1935 la sua arte gli valse il primo premio ex aequo nel prestigioso concorso nazionale che la Regina aveva bandito per un’opera dedicata alla “grande guerra”.
L’anno successivo venne trasferito a Nuoro come preside del locale liceo e lì si verificò un fatto abbastanza singolare: in un armadio trovò un pacco mai aperto e che conteneva una macchina per riprese cinematografiche.
Una nuova passione era nata e lo portò vent’anni dopo a diventare, direttore nazionale per i sussidi audiovisivi.
Ma nel frattempo aveva fatto in tempo ad andare a Novara, come preside del locale liceo e poi nel 1941 a Roma, dove la sua acquisita competenza cinematografica venne valorizzata in quella che, dopo Torino, era oramai diventata la capitale cinematografica del Paese.
E tanti erano i Sardi in Roma anche allora e tanto era il desiderio di stare insieme e di mantenere saldi i legami con le proprie origini e con la propria cultura che subito si inserì in quel gruppo di artisti, intellettuali, dirigenti pubblici e privati che, al seguito di Pasquale Marica, diede vita, nel 1948, al Gremio.
E furono altri quarant’anni di vita feconda, di prestigiosa produzione artistica, di impegno culturale, di impegno pubblico nel settore degli audiovisivi e nella neonata Associazione.
Ma qui la professoressa Prunas si ferma, perché i tempi della serata incalzano (come sempre, d’altronde, nei nostri intensi incontri al Gremio) ed il presidente Masia deve introdurre la dottoressa Maria Milvia Morciano per l’inquadramento dell’opera artistica di Remo Branca.
Una ricchissima produzione, ben sintetizzata nell’autoritratto che viene tenuto in mostra nella sala e che viene commentato come introduzione ad un excursus invero appassionante sulla tecnica della xilografia e sulle maggiori opere dell’artista Remo Branca.
Tutto era nato il giorno in cui, complice il coltello di un pastore con il quale si ferì mentre intagliava un legno che rimase impregnato del suo sangue, interpretò l’incidente come il suggello del suo patto con il legno ( “xilos” in greco ) e decise di lasciar perdere le pur sudate pandette.
L’osservazione della natura era la sua guida ed il verismo con il quale la rappresentava guidava il suo bulino, al quale era oramai passato dopo le prime opere tracciate con la sgorbia, come era nella tradizione.
Fra le opere più celebri rimane il famoso pino di Grazia Deledda.
Ma Masia aveva veramente pensato a tutto e non poteva mancare la testimonianza dei Familiari di Remo Branca, rappresentati da Francesco Paolo e da Chiara.
Con parlantina brillante ed accattivante l’ingegner Branca, presidente onorario dell’associazione intitolata al padre, ci ha riportato nell’Italia dei gerarchetti messi in riga dal professor Branca e della guerra vissuta a Roma prima e, con ulteriori problemi, dopo la liberazione.
I giovani liberatori erano probabilmente un po’ vivacetti e tutelare le giovani e belle figliole impose al padre di assumere un atteggiamento insolitamente severo e rigido, che fu vissuto dai figli come qualsiasi giovane vive le restrizioni alla propria libertà, mentre frequenta scuole ed università per prepararsi alla vita.
Per la cronaca tutto andò bene e ognuno prese poi consapevolmente la propria strada, che per qualcuna si snodò nel mondo intero.
Un episodio va senz’altro riferito, perché potrebbe consolarci in questi tempi resi così rischiosi per i politici dai loro stessi familiari.
L’organizzazione della gioventù littoria voleva che in ogni scuola ci fosse un proiettore cinematografico, ma la curiosità del preside Branca, che non condivideva tale iniziativa propagandistica, si spinse sino a captare che l’affare interessava tale Vittorio Mussolini al quale il preside rivolse una delle parole d’ordine allora in voga : “Di V.M. me ne frego.”
Apriti cielo !
La “GIL” lo convocò immediatamente, ma stranamente il responsabile gli chiese dove volesse essere destinato. Lo stupore cessò solamente quando venne a sapere che la sorella di Mussolini in persona era intervenuta telefonicamente, sostenendo che avrebbe voluto conoscere tante persone così oneste come il preside Branca.
Altri sono stati gli episodi evocati nei ricordi dell’ingegnere Branca, ma non possiamo riferirli tutti, con il rimpianto che non ci è stato narrato quello che riguardava un’altra alzata di testa del padre, ma stavolta, nei confronti di un ministro del dopo-dopoguerra.
Lo svolgimento del consueto appuntamento musicale di fine serata impone lo stop e A.M.Masia ci invita ad un piccolo intervallo per rinfrescarci con qualche drink prima di andare in terrazza.
E in terrazza ci aspettano le “Animas” : Sabrina Sanna e Alessandro Melis, con lo spettacolo “de tradizioni cantendi”.
Immaginate un panorama aperto sul cielo appena dopo il tramonto, un contorno di verde che nasconde al suo interno uno zoo ed un silenzio accompagnato ogni tanto dal romantico sferragliare di un tram.
In quella cornice un chitarrista dalle sonorità possenti e autoclonate da se stesse, grazie ad un originale supporto tecnologico, ma piazzato in qualche misterioso nuraghe dal quale irrompe all’improvviso una voce antica, piena di vento che sembra impossibile possa provenire da un viso così dolcemente materno.
Un repertorio talmente emozionante che non ci siamo accorti che nel frattempo era calata la notte e solamente il saluto del Presidente è riuscito a riportarci sulla terra per ricordarci l’appuntamento alla messa di domenica sera celebrata da don Mario Aceto, con l’assistenza di Cesare Masala, consigliere del Gremio ed autore di libri sul culto in Sardegna della Madonna d’Itria e della Madonna del rosario e, subito dopo la messa, nella stessa chiesa, il concerto “Omines e Ammentos” (uomini e ricordi) dei Tenores di Neoneli nell’occasione accompagnati da Orlando ed Eliseo Mascia bravissimi suonatori degli strumenti musicali tradizionali sardi : launeddas (sorta di flauto a tre canne), organetto, tamburinu, trunfa (scacciapensier ), sulittu (piffero).
E intanto la “Presidentessa” Toia, che ha preparato tutto per la consueta “degustazione di prodotti sardi”, ci guarda soddisfatta mentre, ancora inebriati dal concerto, ci avviamo verso i tavoli per ritrovare, fra una bicchierata e l’altra, i sapori del nostro cibo, questa volta arricchiti dalla preparazione di alcuni piatti sempre sardi preparati e addirittura serviti da Antonello Sanna, amico e socio del Gremio, titolare del noto ristorante “Il Torchio Sardo”.