di Laura Fois
«Non ho mai pensato di essere inamovibile però ho sempre ritenuto che bisognasse valutare i risultati ottenuti, invece non c’è stata un’analisi su ciò che è stato fatto. La sostituzione (al suo posto è subentrato Giuseppe Dessena, ndr) è stata figlia di logiche politiche e questa per me è stata una delusione personale e anche politica». Claudia Firino rilascia la prima intervista da quando non è più assessore, “da donna libera”, come dice una signora che durante l’incontro si ferma a salutare. Alla domanda se questa vicenda le avesse fatto perdere fiducia nella politica, la Firino ha risposto pacata e composta: «Non c’è stato un completo disinnamoramento».
L’esperienza in politica è stata inaspettata, in più riconosce di fare fatica a individuare qualcosa che è stato programmato in questi ultimi anni. Dal 2010 lavora al CNR, istituto che si occupa di ricerca storica nel Mediterraneo, occupandosi di progettazione europea. Negli ultimi tre anni è stata Assessore alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Sardegna. Le più grandi soddisfazioni? «Mi sono impegnata molto sul diritto allo studio, mi inorgoglisce che siamo passati dal 47% al 100% delle borse per i ragazzi che ne hanno necessità per studiare all’università. L’uguaglianza delle opportunità è il motivo per cui ho iniziato ad impegnarmi in politica come nel sociale. Poi c’è il lavoro sulla scuola», continua Firino, «ovvero l’aver fatto partire il progetto Tutti a Iscol@, coinvolgendo tanti insegnanti. Abbiamo inoltre sbloccato i bandi sul cinema, mentre sulla cultura i bandi POR sono stati destinati per la prima volta alle imprese culturali. Ancora, abbiamo introdotto per la prima volta il finanziamento per la stampa online». Ora l’ex assessore si sente una persona «che ha fatto un’esperienza, più consapevole di come le cose funzionino, quindi su cosa potrebbe andar meglio, e anche capace di discernere la percezione su cosa va male. È vero che c’è una lentezza all’interno della macchina regionale, come nelle aziende e in altri centri. D’altra parte è altrettanto vero che all’interno della burocrazia ci sono persone che hanno competenze straordinarie e che portano risultati». È stata un’assessore «con portafoglio a fisarmonica, e se penso a una ristrutturazione della regione, ritengo senza alcun dubbio che cultura e istruzione debbano stare in posti diversi».
Claudia Firino ha lavorato nei call center ed è stata la prima studente sarda disabile a fare l’Erasmus, la decima in Italia. Questa è stata la sua prima esperienza di indipendenza («stavo in un residenza per persone disabili e usavo i mezzi da sola per la prima volta»), ammette anche, durante la permanenza a Madrid, di essersi tesserata con Izquierda Unida, un partito spagnolo di sinistra. La serenità e il sorriso con cui risponde alle domande e si lascia andare a qualche intimità è quello di chi non deve niente a nessuno, forse perché la vita fin da subito è stata con lei esigente e l’ha messa alla prova. Tra una chiacchiera e l’altra pensa che tornare in Sardegna oggi sia un atto eroico ma ritiene necessaria la formazione in altri lidi fuori casa. Parla della sua esperienza politica come ciascuno di noi può averla a livello lavorativo, associativo e passionale. Serve tutto, anche affrontare le cose che finiscono con sereno distacco, perché tutto è un apprendimento costante, tutto finisce, eccetto i ricordi. Del rapporto tra donne e potere ritiene che sia un problema che ha a che vedere anche con l’autopercezione, ma che «a volte affrontiamo poco. Si ha sempre un po’ l’ansia di dimostrare, non so se perché sia una donna e pure disabile, a quanti capita di vivere un po’ con l’idea di dimostrare qualcosa? «Durante la mia esperienza istituzionale ero una donna, una donna con disabilità e la più giovane della giunta. Ho fatto finta che tutto questo non mi condizionasse, invece un minimo è stato così. Noi donne ci abituiamo forse al fatto di esser scelte o messe là perché bisogna mantenere un equilibrio di genere? Sono questioni complesse, certo non credo nelle quote di genere però penso che in questa situazione siano uno strumento per arrivare a un obiettivo che è giusto. Siamo il 4° consiglio regionale con meno donne in tutta Italia. Mi ha colpito un dato sulle donne in politica», prosegue l’ex assessore, «non tanto quello solito che le donne in politica son poche, quanto che fanno un’esperienza politica istituzionale molto breve». La questione è apertissima. In definitiva, cos’è il potere una volta che ce l’hai? «Qualcosa da maneggiare con cura e di cui essere sempre consapevoli. Devi lavorare molto e faticare per considerarlo uno strumento e non un fine, la tentazione può essere quella di utilizzarlo a sproposito per legittimarsi e invece bisogna sempre fare attenzione. Sono una persona molto umile, non penso di aver fatto questo errore ma è un pericolo che senti che potresti correre quando ce l’hai. Quante relazioni sono drogate da rapporti di potere malati? Il potere non è caratteristica unica della politica e spesso chi non ha un rapporto sereno e pulito con le relazioni non ce l’ha neanche dentro le istituzioni. E si vede». Parola di una donna forte. E “una donna forte lo dimostra, non lo dice”.
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È sempre durissima per le persone oneste.