evento segnalato da Alberto Medda Costella
#LOVEANDMAKEITLAST
#mantraoftheday Senza radici non si vola e tutto torna alla terra.
#moodoftheday Mi auguro un mondo sostenibile per i miei figli.
“Ogni volta in cui, crescendo, avrai voglia di cambiare le cose sbagliate in cose giuste, ricordati
che la prima rivoluzione da fare è quella dentro se stessi … pensa agli alberi, ricordati del loro modo
di crescere. Ricordati che un albero con molta chioma e poche radici viene sradicato al primo
colpo di vento, mentre in un albero con molte radici e poca chioma la linfa scorre a stento. Radici
e chioma devono crescere in egual misura, devi stare nelle cose e starci sopra, solo così potrai
offrire ombra e riparo, solo così alla stagione giusta potrai coprirti di fiori e di frutti.” Susanna
Tamaro.
Dopo gli appuntamenti di Milano Cantiere etico del design, Arborea, Roma,
Thiene Fondazione Villa Fabris, dal 24 Giugno al 2 Luglio si svolgerà un nuovo
evento re.volvèr project presso le sale espositive del Castello Inferiore di Marostica.
Operazione trasversale tra arte costume e moda, LOVE AND MAKE IT LAST è un
evento che promuove la sostenibilità come stile di vita, nella consapevolezza che
“senza radici non si vola” e che “tutto torna alla terra”.
Dopo più di un anno di ricerche, re.volvèr torna a proporre la Cultura come
motore chiave per creare uno stile di vita sostenibile ed una economia che fa
bene – sia dal punto di vista etico che eco-ambientale.
Da qui l’invito a “re.volvèr”, ovvero a tornare (volver) con un accento diverso,
sostenibile alla natura, alla tradizione, al proprio animo.
Come media chiave il progetto sceglie l’arte e la moda – sia per il loro ruolo
fondamentale nella comunicazione non verbale, sia perchè settori di tendenza ed
innovazione in grado di creare cultura.
La mostra si suddivide in due sezioni.
La prima – “senza radici non si vola” – è dedicata nello specifico al patrimonio
socio-culturale veneto e dei veneti nel mondo.
La seconda – “tutto torna alla terra” – si articola attraverso opere e abiti che
scelgono l’upcycling – riuso creativo di oggetti, processi e materiali di scarto – per
attivare nuove forme di comunicazione tra passato, presente e futuro ed indicare
alcune possibili pratiche quotidiane sostenibili.
Ogni sezione si sviluppa attraverso storytelling di cultura da “indossare”: storie già
raccontate e ancora da raccontare che operano in una mappa emozionale
dove niente si distrugge e tutto si trasforma, fino a condividere una bellezza
estetica che si distingue per una precisa scelta etico-culturale.
Sezione n.1 _ senza radici non si vola
Il primo storytelling racconta la città di Arborea, paese del Campidano unico per
la sua storia e per la sua cultura, nato nel 1928 dalla contaminazione tra Cultura
Sarda e Veneta in seguito ai coloni veneti lì giunti per la bonifica voluta dalla
Società Bonifiche Sarde.
Ancora oggi la Cultura Veneta è parte integrante e attiva, influenzando la
quotidianità arborense negli accenti, nelle tradizioni popolari (ad es. Pan e Vin e
Brusa la Vecia) ed eno-gastronomiche (ad es. la polenta), nelle scelte
paesaggistiche ed architettoniche, fino a relazionarsi col Veneto come seconda
patria, successiva a quella sarda solo per ordine alfabetico.
Nella sua capacità di “vestire glocal” – ovvero, dialogare col mondo mantenendo
un profondo legame con le proprie radici venete – Arborea dimostra come il
concetto di sostenibilità in quanto stile di vita passi anche attraverso la riscoperta
e la consapevolezza del proprio passato.
Questa vicenda storica ed esempio di sostenibilità culturale è raccontata da:
– conferenza “Arborea 1928. La nascita e lo sviluppo di una comunità veneta
in Sardegna”. Intervento di Aldo Rozzi Marin – Presidente Veneti nel Mondo –
e Alberto Medda Costellla – Presidente Veneti nel Mondo Sardegna.
– mostra fotografica “Mi son sardo. Deu seu veneto”. Storytelling fotografico di
Virgilio Alfano che racconta i Veneti di Arborea (OR).
– proiezione del video-documentario “Stranieri in patria” (di Roberto Citran e
Gianni Ferraretto).
– esposizione costumi veneti tradizionali di Le Arti per Via, Bassano del Grappa
Attraverso l’opera “Senza radici non si vola” di Amos Torresin, questo primo
storytelling prosegue con il racconto delle migrazioni dei veneti nel mondo,
unendo la sostenibilità storico-culturale a quella eco-ambientale attraverso la
scelta ed il riuso creativo di oggetti e mestieri tradizionali, peculiari della cultura
d’origine, primo fra tutti un battente di casa colonica con le caratteristiche
macchie “alla veneta” di verderame. Nelle case coloniche venete, il tipico colore
verde dei battenti nasce dal verderame. Questo, spruzzato sulle viti rampicanti
che coprivano parte delle pareti esterne, imbrattava, oltre alle piante, anche muri
e infissi. Due di questi vecchi battenti sono stati recuperati da una casa
abbandonata. Uno rappresenta la verde finestra veneta che si apre sul mondo,
l’altro, trasformato in sagome di farfalle sulle quali vengono assemblati alcuni
elementi di macchine per scrivere non più funzionanti, esprime il desiderio di
volare e comunicare. In questi elementi l’autore trova ancora possibilità di essere e
di esprimersi, in modo diverso da quello di origine ma al tempo stesso sempre
memore del proprio punto di partenza, ovvero delle proprie radici. Come l’autore,
così le farfalle: create con lo stesso materiale dei battenti, da essi si staccano per
librarsi in altri luoghi e raccontare la Cultura Veneta nel mondo.
Sezione n.2 _ tutto torna alla terra
“Mutazioni di opere abitabili”. Dalla collaborazione tra Adolfo Lugli ed Emanuela
Giovanardi nasce una collezione di opere e vestiti che annullano il confine tra arte
e moda, proponendo una cultura che esce dai musei per diventare oggetto
funzionale portatore di una scelta di vita sostenibile. Le opere presentate nascono
dal recupero dei materiali di scarto dei processi di ri-produzione industriali, miniere
di conoscenze da scavare, analizzare e riportare alla luce. Rielaborati attraverso i
codici sociologici e dell’arte contemporanea danno vita ad opere/archivi di
memoria socio-culturale. Le basi di lavoro sono costituite da grandi teli di cotone,
precedente piano di base per le stampe serigrafiche industriali della moda,
deposito di tutte le tracce delle produzioni di milioni di capi (“archivio di segni”)
oppure piani di taglio di pantografi computerizzati (“pantografiti”) e vecchi abiti di
sartoria (depositi anch’essi di tecniche, segni ed estetiche). Il caos dei segni della
produzione dialogano in tal modo con i codici dell’arte in un cortocircuito di
comunicazione che diviene suggestiva metafora della realtà contemporanea.
Opere d’arte pittoriche e serigrafiche, quindi, prendono la forma di abiti e
diventano indossabili, ricordando di fronte alla realtà dell’industria della moda
come la seconda industria inquinante al mondo, che “la moda ha a che fare con
le nostre idee, il nostro modo di vivere, con cosa sta accadendo (cit. Coco
Chanel).
Questo secondo storytelling cultura da indossare viene introdotto dall’opera
“Fashion is Communication” di Amos Torresin, nella quale Il tema del dialogo tra
moda e comunicazione viene sviluppato mettendo in relazione elementi dello
stesso periodo storico, che vogliono significare continuità sostenibile tra passato e
futuro. La macchina per scrivere è stata inserita nell’opera per la funzione che
rappresenta, per anni è stato uno strumento fondamentale per la comunicazione.
Questa, in particolare, è stata scelta per il marchio “Olivetti” che ha rappresentato
uno stile italiano riconosciuto nel mondo. La M40 fu progettata negli anni
‘30 da Camillo Olivetti e fu apprezzata per la maggiore qualità, la velocità di
scrittura e la leggerezza di tocco della tastiera. Ha dunque rappresentato una
svolta per la sua innovazione tecnica e per il suo design, diffondendosi
rapidamente. Per imprimere i messaggi e quindi per comunicare, nella sua
funzione originale, essa utilizza il nastro, solo parzialmente visibile. Nell’opera tale
elemento si mostra, si relaziona con il legno e diventa esso stesso il messaggio
formando le parole chiave: Fashion & Communication. La base su cui appoggia
tale elemento è costituita dal dialogo tra due vecchi battenti anni ‘40 e una
pezza di filato inserito al centro. Il denim, dello stesso periodo, è l’elemento che
entra e che si mostra, condizionando e comunicando una cultura. Perchè
indossiamo cultura, non abiti.
Altra manifestazione del concept progettuale il progetto fotografico su plexiglas
Essere è tessere (foto di Marco Bizzotto, concept di Michela Mantoan). Con un
lavoro trasversale tra fotografia digitale e analogica, alcuni dettagli del costume
veneto tradizionale dei primi del Novecento diventano il “Tao” (la Via) di una
riflessione che guarda al futuro nella consapevolezza delle proprie radici e della
fondamentale interrelazione di tutte le cose del creato, e quindi della
responsabilità individuale in questa dinamica.
Il vernissage si apre con la performance Radici. Poesia, danza, jam session al
pianoforte, teatro si esibiscono in un networking creativo che emoziona di fronte
alla consapevolezza che “senza radici non si vola e tutto torna alla terra”.
Performer: Marco Patuzzi; Danzatrice: Cinzia Turcato; Pianista e compositore: Luigi
Ferro; Voce: Antonio Iavernaro.
L’evento è a cura di Michela Mantoan – founder re.volvèr (start up creative
industry) e presidente Associazione madeinre project.
L’evento è patrocinato da: Consiglio Regionale Regione Veneto, Comune di
Marostica, Assessorato alla Cultura, Associazione Veneti nel Mondo. Associazione
Veneti nel Mondo Sardegna, Le Arti per Via _ Bassano del Grappa. Partner
Tipografia Unigraf Zanè, Fusina.
info e contact: 3203672580
instagram @mantoanmichela
http://www.facebook.com/revolverprojectmadeinre