REGIONE SARDEGNA, REGIONE “SPECIALE”, REGIONE MATRIGNA: SARDI EMIGRATI ISCRITTI ALL’A.I.R.E., L’INCONGRUENZA DELLA LEGGE REGIONALE 10/2011


di Gianraimondo Farina

Desta una certa perplessità l’art. 2 comma 2 della legge regionale n° 10 del 2011 della Regione Autonoma della Sardegna in merito alla fissazione del quorum valido per l’esercizio delle consultazioni amministrative locali. La detta disposizione cita testualmente che “per la fissazione del quorum, nei comuni con abitanti inferiori ai 3000 non sono computati fra gli elettori nelle liste elettorali del comune quelli iscritti all’ A.I.R.E. (Anagrafe Italiani Residenti all’ Estero)”. La relativa circolare interpretativa, emanata dalla D. G. Servizio Elettorale e Supporti informatici, aggiunge come sia “necessario definire le modalità applicative della succitata norma in coordinamento con il disposto dell’art. 71, comma 10 D.lgs 267/2000 (Testo unico sugli Enti Locali)”. Tenendo conto della prerogativa primaria della Regione Sardegna in materia elettorale, statuita dallo Statuto che specifica come l’apposita legislazione elettorale rientri nell’ordinamento degli EE.LL., escludendo lo Stato da una competenza esclusiva in merito (cfr. artt. 117, comma 2 lettera p Cost. e 10 Legge Costituzionale 3 /2001), rimangono, tuttavia, irrisolte molte questioni, soprattutto con riferimento ad alcune pronunce della Corte Costituzionale riferite proprio all’A.I.R.E ed alla definizione di quorum strutturale per le elezioni amministrative locali.

La sentenza centrale in questione è quella della Corte Costituzionale n° 242/2012 che stabilisce come “ai fini del quorum strutturale dei votanti nei comuni più piccoli, siano da contabilizzare i cittadini dell’A.I.R.E.”.

Nel caso specifico, infatti, riferito ad un piccolo comune del Molise, il Consiglio di Stato aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 71, comma 10 del citato D.lgs 267/2000 nella parte in cui include i cittadini iscritti all’ A.I.R.E. nel numero degli aventi diritto al voto al fine del calcolo della percentuale, non inferiore al 50 % dei voti espressi, per la validità del voto ottenuto dall’unica lista ammessa e votata. I supremi giudici amministrativi, infatti, avevano lamentato, innanzitutto, la violazione del principio di partecipazione popolar- democratica e dei diritti di elettorato attivo e passivo ex artt. 1 comma 2, 48 comma 1 e 51 comma 1 Cost. . A questo si aggiunge il vulnus arrecato all’art. 3 Cost. dall’irragionevolezza della disposizione “per l’eccessiva compromissione che sarebbe derivata dal voto degli abitanti, condizionato da quello (enfatizzato) dei residenti all’Estero, avulso dalla partecipazione democratica”.

La tesi del giudice remittente si fondava sulla questione di legittimità costituzionale della legge regionale 21/2009 del Friuli Venezia Giulia (anch’essa Regione a Statuto Speciale come la Sardegna, n. d.r.), a sua volta modificativa della l.r. 14/1995 e dell’art. 3, comma 2 della l. r. 13/2002, stabilente che, per il citato quorum, non sia da computarsi l’A.I.R.E. .

I giudici della Suprema Corte, di contro, non hanno condiviso alcuni degli argomenti addotti dai giudici amministrativi, reputando insostenibile che l’irragionevolezza della disposizione denunciata si fosse potuta desumere dalla Sentenza 173/2005 della Corte Costituzionale proprio in merito alla citata questione friuliana. I giudici costituzionali, infatti, hanno specificato come, da parte della Corte, proprio nel caso del Friuli, vi sia stata una massima attenzione a sindacare l’esclusività della regione a Statuto speciale, da un lato, e, dall’altro, la ragionevolezza di questa regione speciale per l’alto tasso di emigrazione avuto nel corso degli ultimi secoli.

Nel caso concreto, però, disciplinato dalla Sentenza 242/2012, la Corte Costituzionale precisa che la ponderazione degli interessi è riferita ad un quadro generale, volta ad un bilanciamento del diritto di voto dei residenti con quello degli iscritti all’A.I.R.E. (cfr. anche Sent. Corte Costituzionale 107/1996). Tutti aspetti che, purtroppo, sembrano mancare anche nella legislazione elettorale sarda del 2011.

La Sentenza 242/2012 spiega, in modo chiaro, che, proprio nel bilanciamento del diritto elettorale degli abitanti con quelli dell’A.I.R.E, si è optato legittimamente per la soluzione possibile di garantire con pienezza il diritto di voto dei non residenti iscritti all’A.I.R.E all’appartenenza al corpo elettorale locale in modo da concorrere al calcolo del quorum per la validità delle elezioni in condizioni di perfetta parità con i cittadini residenti.

Allo stesso modo vengono individuati dei profili di non piena coerenza, se non d’incostituzionalità. Uno di questi, purtroppo praticato anche dalla Regione Sardegna con l’art. 2 comma 2 della l. r. 10/2011, non ancora impugnato, riguarda la “più comoda” scelta legislativa di bandire il quorum nei comuni più piccoli. In questo caso, per i supremi ermellini, si va incontro all’obiezione dell’affievolimento del tasso di democraticità di elezioni già di per sé critiche.

Pertanto, i giudici si sono auspicati che il legislatore avesse potuto porre rimedio agli inconvenienti derivanti dall’assenza di una normativa agevolativa del voto degli iscritti all’A.I.R.E. con riguardo alle elezioni amministrative.

Nel caso sardo, poi, tale scopo sembrerebbe essere stato disatteso anche per via di altre incongruenze. Ferma restando tutta la legislazione nazionale disciplinante l’A.I.R.E, che si fonda sul principio che “i cittadini emigrati conservano l’iscrizione nelle liste elettorali del comune italiano di residenza ultima o di nascita, senza limiti di tempo” (cfr. L. 1058/1947, art. 13 DPR 570/1966, art. 11 DPR 223/1967, art. 1 L. 40/1979, L. 470/1988), è molto utile ricordare anche la storica normativa sarda avente ad oggetto l’emigrazione, una delle più dettagliate e complete d’Italia. In sostanza, come si legge nell’apposito portale internet “Sardi nel Mondo”, ci si rifà alla l. r. 7/1991 ed al suo regolamento di attuazione DPGR 191/1991, per cui, fra i vari aspetti, la Regione Sardegna regola, sostiene e amministra la politica migratoria garantendo la parità di trattamento ai sardi residenti ed a quelli non residenti (esercizio del diritto di voto). Punto totalmente disatteso dall’art. 2, comma 2 della l. r. 10/2011 nella parte in cui si escludono dal quorum per le consultazioni amministrative locali proprio i cittadini sardi iscritti all’A.I.R.E.  La maggiore irragionevolezza e chiusura emerge nella successiva circolare, emessa sempre dalla ricordata D.G. Servizio Elettorale e supporti informatici, specificante le modalità di erogazione del rimborso per le spese di viaggio agli elettori sardi residenti all’estero in occasione delle consultazioni elettorali per il turno amministrativo dell’11/06/2017 e per l’eventuale turno di ballottaggio del 25/06/2017. Regione Sardegna, “Giano bifronte” e “Madre matrigna”. Da un lato si cerca di attuare una seria politica dell’emigrazione, rinsaldando la Sardegna “di dentro” con “l’altra” Sardegna (“Su Disterru”), proprio come fa una madre con i propri figli lontani; dall’altro lato, però, ci si comporta da matrigna per la salvaguardia di meri interessi di bottega, utilizzando il voto degli emigrati sardi all’estero come un “peso” e non come, invece, un potenziale mezzo di ricchezza, di confronto e di coinvolgimento politico, soprattutto in un momento attuale in cui emerge chiara la crisi della democrazia partecipativa.

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