di Annalisa Atzori
Come ormai tradizione consolidata, anche quest’anno alla Sebastiano Satta di Verona il presidente Salvatore Pau e i Soci hanno scelto un modo speciale per festeggiare “Sa Die”. L’associazione con Sede a Forte Chievo (Verona) ha celebrato la nota ricorrenza nel fine settimana del 13-14 maggio.
La festa è iniziatasabato 13 maggio, con l’esibizione dei “Tenores de Neoneli” presso il Teatro Stimate di via Carlo Montanari 1 (VR). I tenores, in concerto con lo spettacolo “Zuighes”, sono un gruppo formatosi nel 1976 e specializzato in “canto a tenore”. Hanno all’attivo migliaia di spettacoli in tutto il mondo e come ha ricordato Pau non è stato semplice averli a Verona proprio in questa data. “Zuighes” (Giudici) è tratto dall’omonimo libro di Tonino Cau, che è il direttore artistico del coro e anche la voce narrante della serata, oltre ad essere uno dei tenores. Sono 800 strofe per 6400 versi, in rima sarda/lugudorese. Lo spettacolo racconta una parte della storia della Sardegna, quella dei Giudicati e in particolare del Giudicato di Arborea, partendo da Barisone, primo re di Sardegna, incoronato a Pavia dal Federico I Barbarossa nel 1164, passando per Mariano II, che è ricordato dalla storia per aver fatto costruire numerose opere tra cui la Torre di Piazza Roma a Oristano, una delle quattro porte d’ingresso dell’antica cinta muraria della città. Alla morte di Mariano II, il Papa Bonifacio VIII creò il Regno di Sardegna e Corsica infeudandolo al re della Corona di Aragona, Giacomo II. Gli Aragonesi non sono mai di fatto arrivati in Corsica, mentre in Sardegna hanno avuto modo di far germogliare il seme dell’odio nei loro confronti da parte dei sardi, che si sono sentiti da subito invasi e trattati con disprezzo. Dopo Mariano II è la volta di suo figlio Giovanni, detto Chiano, ucciso durante un tumulto. Poi arriva Mariano III e poi Ugone II, che consolida invece l’alleanza con la corona aragonese. Altro Giudice ricordato è Pietro III, alla morte del quale successe il fratello giovane, Mariano IV. Uomo di rara capacità, molto stimato, ha studiato norme e promulgato leggi per accontentare sia i ricchi sia i poveri. Con lui il popolo si sentiva difeso dalla tirannia degli invasori. Anche nella battaglia del 1354 Mariano IV si è dimostrato abile mediatore, offrendo al re d’Aragona, in cambio della pace, la città di Alghero. Il re accettò, ma impose alla cittadina di avere solo abitanti catalani: ecco perché da allora è questa la lingua parlata ad Alghero, “la piccola Barcelona”. Alla morte di Mariano IV (per la peste, come spesso accadeva in quei tempi), il successore fu il figlio Ugone, morto dopo pochissimo in un agguato. Il successivo per discendenza era Federico, figlio di un’altra figlia di Mariano, Eleonora e di suo marito Brancaleone Doria. Federico era già promesso alla figlia del Doge di Genova (anche se giovanissimo) quando la madre partì per la Sardegna, disperata per la perdita del fratello Ugone. Eleonora diventò reggente in attesa che il figlio fosse più grande (purtroppo Federico morì giovane, così come suo fratello Mariano). La donna rimase quindi al comando del Giudicato di Arborea e passò alla storia per aver continuato egregiamente il ruolo del padre, scrivendo norme, promulgando leggi, ordinamenti. Scrisse la “Carta de Logu”, che fu utilizzata per i successivi quattro secoli anche dagli stessi Aragonesi. Scritta con “parole di fuoco”, mettendoci molta abilità, Sa Carta conteneva leggi civili e penali. Regolamentava la caccia e il commercio del pellame. Puniva severamente il femminicidio. Puniva chi danneggiava la proprietà privata, per ogni reato era prevista una pena. E la pena si scontava. Eleonora d’Arborea è ricordata ancora oggi per essere stata una donna innovatrice e dalla grande saggezza. A Oristano è amata tanto quanto Giulietta lo è a Verona! I tenores (Tonino Cau, Peppeloisu Piras, Angelo Piras, Ivo Marras e RobertoDessì) hanno quindi cantato le gesta dei zuighes, accompagnati dai polistrumentisti Orlando e Eliseo Mascia. Launeddas, tamburellu, triangulu sono alcuni degli strumenti ascoltati la sera.
Domenica 14 maggio, presso la sede della Sebastiano Satta,monsignor Giorgio Benedetti ha celebrato Sa Missa Manna, funzione solenneanimata dal canto dei Tenores de Neoneli. Monsignor Benedetti ha anche fatto un bellissimo dono alla Sebastiano Satta, un crocifisso in bronzo.
Erano presenti all’intera mattinata numerose autorità del territorio veronese: il Prefetto di Verona Salvatore Mulas e signora, il Sindaco Flavio Tosi, la senatrice Patrizia Bisinella, l’assessore Antonio Lella, l’assessore Pier Luigi Paloschi, Fabio Venturi (presidente di AGSM), Andrea Miglioranzi (presidente di AMIA)
Al termine della funzione religiosa è stato inaugurato ufficialmente il bellissimo murales che si trova sulla parete principale dell’associazione di Verona. Il murales, opera del poliedricoartista Franco Quinto, rappresenta le bellezze di Verona e della Sardegna unite, con i fiumi Adige e Flumendosa che vanno a confluire insieme nell’unione che rappresenta l’anima della Sebastiano Satta a Verona. Franco Quinto, che si esprime anche con scultura, grafica e design (oltre che con la pittura), ha scelto per sugellare l’unione tra Verona e la Sardegna la Basilica della Santissima Trinità di Saccargia, un nuraghe non meglio identificato (per non creare rivalità tra paesi … dato che di nuraghe in ottimo stato ce ne sono parecchi nell’Isola), i Giganti di mont’ePrama, l’Arena di Verona, Ponte Pietra, Madonna Verona.
Alle ore 13,00, dopo l’inaugurazione, la festa è proseguita con il pranzo tipico sardo, dove a farla da padrona è stata l’ormai celebre “pecora in cappotto”, ricetta tradizionale a base di pecora, patate e cipolle cotte, già sperimentata (e notevolmente apprezzata!) nelle precedenti edizioni veronesi di Sa Die. Cuoco per l’occasione Salvatore Balìa, con la consulenza di Pietro e Giovanni Marras, cuochi per professione.