Comincia a concretizzarsi il progetto di “Oristano città museo”, con la sistemazione di manufatti di pregevole valenza artistica in alcune piazze. La speranza dell’amministrazione comunale, che ha caldeggiato il progetto con un importante finanziamento, è che la città diventi più attrattiva per i turisti. L’evento, ha sicuramente un inequivocabile riferimento al fatto che Oristano, dall’Associazione Italiana Città della Ceramica, è annoverata tra le località italiane di affermata tradizione ceramica in base alla Legge 188/1990, che tutela la denominazione di origine della produzione di ceramica artistica e tradizionale, mediante l’apposizione di un apposito marchio.
Le dieci istallazioni, sono state curate da artisti oristanesi, tra cui Arnaldo Manis, Caterina Porcu, Margherita Pilloni, Sonia Zoccheddu, Antonello Atzori e Valentina Pisu.
Oristano ha sempre avuto un posto fondamentale della storia della ceramica, ci sono testimonianze storiche che attestano l’esistenza di grosse porzioni dell’abitato, dove avevano laboratori e bottega gli artigiani che producevano stoviglie in terracotta. Questi artigiani, per poter esercitare il loro mestiere, dovevano obbligatoriamente far parte della Società della Santissima Trinità, che li riuniva nel Gremio dei vasai, che provvedeva a garantire la capacità e la maestria di chi ne faceva parte.
La prima testimonianza scritta dell’esistenza del Gremio dei vasai, risale al 1692, quando venne redatto il loro statuto. Nel documento, veniva imposto l’obbligo di non variare forme e canoni prefissati e questo fatto, obbligò i figoli oristanesi a mantenere costanti le forme dei loro oggetti. La svolta avvenne nella prima metà dell’Ottocento, quando il generale La Marmora, concesse ad un figolo oristanese il permesso di realizzare pezzi diversi da quelli usuali.
La definitiva consacrazione della ceramica sarda, a livello nazionale, avvenne nel Novecento grazie ad artisti come Francesco Ciusa, i fratelli Federico e Melkiorre Melis e più avanti Ubaldo Badas, Eugenio Tavolara e Salvatore Fancello. Con essi si ebbe il passaggio ad una produzione di tipo artistico, volta alla realizzazione del pezzo unico, oltre che alla conservazione della tradizione, secondo moduli capaci di fornire un’immediata impressione di colore locale.
Un’ulteriore svolta, si ebbe intorno al 1925, quando ad Oristano aprì i battenti la Scuola d’Arte Applicata, diretta da Francesco Ciusa, dove insegneranno il fior, fiore di artisti sardi e dove venne dedicata particolare attenzione anche alla ceramica. Nella scuola diretta da Ciusa, insegnarono grosse personalità artistiche del tempo, come i pittori Felice Melis Marini, Antonio Ballero, Mario Delitala, Carmelo Floris, Giuseppe Biasi, Filippo Figari e il decoratore, incisore, arredatore Gaetano Ciuffo, l’architetto Giorgio Luigi Pintus, un giovanissimo Carlo Contini, il decoratore, scultore e restauratore Franceschino Serra e il maestro del ferro battuto Giovannino Casu. In questa scuola si ebbe il passaggio ad una produzione di tipo artistico, con realizzazioni di pezzi unici, anche se si badava alla conservazione, oltre che al rinnovamento della tradizione secondo moduli capaci di fornire un’immediata impressione di colore locale.
Nei primi anni Cinquanta, ad Oristano prende l’avvio anche una Scuola di Avviamento Professionale per la Ceramica, diretta dal ceramista abruzzese Vincenzo Urbani. Quindi, su iniziativa del pittore oristanese Antonio Corriga, che allora era assessore comunale, venne chiesta la creazione di un Istituto Statale d’Arte a Oristano e il 30 settembre 1961, con decreto del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, iniziò l’attività il nuovo Istituto Statale d’Arte, dove trasferirono armi e bagagli diversi studenti della vecchia scuola di Vincenzo Urbani e anche alcuni docenti, come Carlo Contini e Antonio Manis. Recentemente l’ennesima variazione, con la trasformazione della scuola in Liceo Artistico. Tutte queste scuole, nel tempo hanno sfornato legioni di artisti e ceramisti bravissimi.
Oggi la ceramica oristanese punta prevalentemente all’oggetto artistico, con la realizzazione di opere dove modernità e tradizione si uniscono armoniosamente e dove dalla profonda conoscenza dei materiali, si creano oggetti dal gusto raffinato, e anche pratico, oltre che di arredamento, sempre con un occhio di riguardo
alla cultura sarda.