Umberto non dice niente. Umberto Efisio dice molto. Il primo nome viene dato a qualsiasi italiano, il secondo a un sardo. Del capo di giù. Tagliamo corto, Umberto Efisio era de Casteddu.
Chi era? Su babbu di Vittorio, uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Inventore, assieme a Rossellini, del Neorealismo.
Ma qual è il legame con Cagliari? Semplice, Domenico De Sica, fu il primo direttore dell’ ex carcere di Buon Cammino. O per essere precisi, direttore dei carceri riuniti, fra i quali anche la struttura chiusa due anni fa.Sino alla metà del 1800, in città i luoghi dove scontare la pena erano diversi: torre di San Pancrazio ; torre dell’ Elefante; il bagno penale nelle saline di San Bartolomeo,nel quale i rei, con le catene alle caviglie, lavoravano a piedi scalzi sotto il sole a picco. Esisteva anche un dormitorio , situato sul colle di San Lorenzo. A nord-ovest di Castello. Poi , proprio in quest’area , venne edificato il famoso carcere di Buon Cammino . Nel 1854 all’ingegnerImeroni venne affidato da parte dell’amministrazione comunale,guidata da Edmondo Roberti, Marchese di San Tommaso, il compito di progettare un carcere più moderno, meno da Cayenna. Le due torri, il dormitorio e il bagno penale, erano posti disumani. Progetto approvato e costruzione rapida, con inaugurazione il 2 luglio 1855. Il primo direttore, fu appunto, il campano De Sica. La sera del 4 novembre 1867, in una casa in piazza Arsenale, praticamente Porta Cristina, venne alla luce Umberto Efisio. Umberto per omaggiare i Savoia ed Efisio, per l’affetto verso il capoluogo sardo.
Come dire che i De Sica oramai si sentivano cagliaritani.
Umberto Efisio, venne battezzato nella Cattedrale.E rimase in città sino ai 19 anni. Fece dunque a tempo a cagliaritanizzarsi. Si parla anche di una ragazza misteriosa : la sua prima pischellina. Quando immaginava un futuro nella città del sole , venne a sapere che suo padre doveva essere trasferito nel continente. Non dovette essere facile per il giovane De Sica,abbandonare Casteddu. A malincuore Efis, s’imbarcò sul piroscafo che da Cagliari lo portava a Civitavecchia. Era il 1886. In Sardegna, lasciava la sua gioventù, i suoi amici, le orme sugli arenili e i baci alla sua prima ragazza. Pare appartenesse a una famiglia di notabili . Margherita, sussurra qualcuno. Ma si è nel campo delle congetture. Efis,trasferì il suo corpo nella penisola ma cuore e mente, rimasero per sempre a Porta Cristina. Con la famiglia d’origine, approdò in Ciociaria. A Sora, per essere precisi,dove per tanti anni fu un funzionario della Banca d’ Italia . Qui sposò Teresa Manfredi, una ragazza napoletana. Dalla loro unione, il 7 luglio 1901, nacque Vittorio, Domenico, Stanislao, Gaetano, Sorano. Cioè, Vittorio.
Efis, oltreché bancario aveva una passione: la scrittura. Con lo pseudonimo di Caside,( anagramma di De Sica) collaborò per un mensile locale,” La voce del Liri “ , per circa sette anni. Una scrittura brillante e scorrevole.
I De Sica andarono a Napoli. Nel 1937, Vittorio, già famoso come attore di teatro e anche alla radio,venne a Cagliari per tenere uno spettacolo.
Prima diarrivare in città, lo zio paterno gli disse: “ Giacchè vai a Cagliari ricordati che tuo padre è nato in una casa adiacente alla Torre di San Pancrazio. Recati in quel luogo, troverai una piazza ( Arsenale, ndc) , un portico: a destra del portico una porta che immette alla torre. In una delle stanze di quell’abitazione nacque tuo padre la sera del 4 novembre 1867. Io ero un giovanetto allora e rammento che quella notte si andò ad un ballo offerto dal Generale e di ritorno trovammo la mamma che aveva dato felicemente alla luce un bimbo”. Vittorio, a Cagliari, portò in scena, “ E’ tornato il carnevale”. Lo dice AntonioBalleroPes, nelle colonne de L’ Unione Sarda, nel 1937. Il giornalista conobbe il giovane Vittorio, che sapendo delle origini cagliaritane, volle visitare il posto dove nacque Efis. E la città intera. Il sorano, realizzòun servizio fotografico.
Forse Vittorio, in quel suo datato viaggio in Sardegna, aveva avuto la sensazione di vedere Efische stringeva la mano di Margherita, nel Largo. O magari lo immaginò a cavallo di una bicicletta volante, mentre scalava Monte Urpinu. De Sica insomma, non era stato indifferente verso Cagliari, come spiegò Antonio Ballero nel suo pezzo su L’ Unione Sarda di ottant’anni fa.
Non conoscevo questa storia.