di Patrizia Capua
A metà degli anni Ottanta in Sardegna si offrivano soldi a chi espiantava le vigne. In casa Argiolas invece proprio da quel momento si decise di andare controcorrente. Si scelse di investire sui vitigni del territorio, Vermentino, Cannonau e altri, conosciuti da pochi, puntando su innovazione e ricerca. Si acquistarono pezzi di terra, si impiantarono viti autoctone, si iniziò a produrre vino seguendo il filo conduttore della tradizione con un’impronta moderna. Oggi l’impresa Cantine Argiolas, a Serdiana, venti chilometri a nord di Cagliari, conta 200 ettari, quattro fattorie, settanta persone al lavoro, due milioni e mezzo di bottiglie l’anno, per metà di uva bianca, un export in 52 paesi, in Europa, Stati Uniti e Asia, nel canale horeca, ristorazione, enoteche. Il fatturato nel 2015 ha toccato i 15.412.200 euro, segnando un più 5% rispetto all’anno precedente.
È una storia cominciata ai primi del Novecento con il capostipite Antonio, una roccia fino a 103 anni, che faceva il commerciante dalla Sardegna a Genova, comprava e vendeva formaggio e tutto quello che era produzione artigianale della sua terra.
Francesca Argiolas, 36 anni, con una sorella e un cugino, è la terza generazione al timone della società familiare portata avanti dal padre Giuseppe e dallo zio Franco. “Serdiana – dice -, non lo trovi su tutte le mappe geografiche. È un borgo di vigne e oliveti di duemila abitanti. Questo è il cuore e la storia della nostra famiglia”.
Una dozzina di etichette, la più famosa è il Turriga Isola dei Nuraghi, un rosso che assembla uve di vitigni diversi, del più importante Cannonau, con contributi di Carignano, Bovale e Malvasia nera. La prima bottiglia di Turriga nasce nel 1988, figlia del rispetto del territorio e di tecniche che erano state accantonate, come l’utilizzo delle vecchie vasche di cemento. “Perché alcuni tipi di vini maturano nel cemento molto meglio che nel legno, nell’acciaio o nella vetroresina. Poi c’è la barrique e l’affinamento in bottiglia. Tutta la tecnologia e l’innovazione sono al servizio della qualità”.
Francesca segue il padre nella gestione generale della società. “Nel 2005 sono entrata in azienda. Un lavoro difficile, lui è il mio maestro. Non ci sono università che tengano. Non abbiamo mai seguito le mode, anche se siamo attenti al mercato. Tante famiglie con le valigie in mano e una bottiglia di vino hanno parlato della Sardegna nel mondo. Il consumatore è sempre più attento, anche quello medio guarda all’etichetta e alla qualità. Noi Argiolas ci siamo intestarditi a voler proporre prodotti diversi. Questa strada sta pagando in un’ottica moderna, senza perdere di vista la propria identità”.
L’azienda industriale trasforma l’uva che arriva alla cantina dalle tenute agricole, le fattorie dislocate nel sud della Sardegna: nel Sulcis sul mare; nel vecchio vigneto del nonno a due chilometri da Serdiana; e, verso l’interno, nella zona della Trexenta. Francesca è l’enfant terrible della famiglia. Laureata in Biologia, è poi andata a fare un master all’università di Bordeaux, terra storica del vino, per specializzarsi in enologia. Studiare per far crescere l’azienda è il suo obiettivo. “Per produrre un vino con certe caratteristiche – spiega – ci vogliono anche sette-otto anni. Sono cresciuta qua, in mezzo a bottiglie, barrique, vigneti, il passaggio è stato naturale. Ho seguito tutte le fasi di produzione. E sono stati gli anni che mi hanno dato di più e permesso di capire i ritmi e le dinamiche. Mi piace vivere l’azienda, non sono tagliata per la vendita. Sono quella che di tutti viaggia meno. La prima volta che ho partecipato a una fiera avevo 13 anni ed è stato il mio primo Vinitaly. Ho fatto la gavetta, pulivo i bicchieri. Poi pian piano ho acquisito competenza, anche solo nell’osservare quello che facevano i grandi della famiglia, maestri severi, ma la migliore scuola possibile”. La squadra al vertice comprende la sorella Valentina, di 39 anni e segue comunicazione e marketing, “siamo diverse e ci compensiamo”, e un cugino che si occupa delle aziende agricole. I progetti prendono forma a pranzo e a cena, “mio padre sostiene: i più bei contratti li ho chiusi cuocendo il maiale allo spiedo. Nasce un’idea, si studia, si prova. Questo è un continuo cantiere, per realizzare nuovi processi produttivi ci vogliono investimenti dalla campagna alla bottiglia finita. Mai restare fermi”.
Ora nelle Cantine Argiolas si sta lavorando su vitigni tradizionali come il Nasco di Cagliari, un vino da dessert, conosciuto come il nettare dell’accoglienza, “Qualche anno fa – racconta Francesca – abbiamo pensato di studiare il vitigno per ottenere una bottiglia di secco da pasto e valorizzarlo in maniera differente. È l’esempio pratico di cosa possiamo realizzare con quello che già esiste. I bravi viticoltori sono tanti, noi vogliamo cercare di diversificarci trasmettendo con il nostro brand anche la nostra filosofia. Seguiamo i ritmi incalzanti del mercato e i mutamenti della natura e del clima. Bisogna stare un passo avanti agli altri e spero di riuscire con la curiosità presa da mio padre, ad avere quei piccoli lampi di genio”.
I progetti nuovi, l’ampliamento dell’azienda. Sperimentare perché così si impara sempre qualcosa, dà una marcia in più. Una delle scelte strategiche per gli Argiolas è stato portare in Sardegna il massimo esperto di vitigni, Giacomo Tachis, torinese e toscano di adozione perché li aiutasse a fare dei vini importanti. “Il mio personale brevetto è nel cassetto – dice la manager -, non ne posso parlare. Per adesso tutte le etichette realizzate nascono dal confronto”.
Intanto, Francesca un anno fa è diventata mamma di Junio. Ha un marito che fa un altro mestiere, il notaio. “L’ho conosciuto che era uno studente di Giurisprudenza – racconta – molto capace. Siamo strani insieme, lui è austero e fa un lavoro noioso, io sono sempre pronta al cambiamento”. In estate è alla Maddalena, dieci giorni in barca a vela, in mare aperto, un pezzo di pane e formaggio, riposo mentale che nient’altro può dare. Non esiste prendere l’aereo. “Per tante cose qui siamo fuori dal mondo; i collegamenti sono insufficienti, però non potrei vivere senza questa terra e il nostro mare che ci regala una ricchezza assoluta perché e anche solo vederlo dà un senso di gioia”. Ogni tanto sbarca a Cagliari dov’è vicepresidente di Confindustria, segue la formazione e i giovani viticultori nazionali dell’Agivi.
Il maggiore impegno è nell’azienda “finora mi sembra di avere più ricevuto che dato; sono giovane e spero di far crescere lo slancio emotivo per guardare al futuro”. E un’altra spinta positiva arriva ora dalla presenza del bambino. “Ho giocato a pallavolo da piccola perché negli sport di squadra si imparano i ruoli e il rispetto per gli altri. Mi ha insegnato a lavorare in team e ad essere una buona coach”.
Se questi giovani sono gli eredi di Argiolas e bevendo il loro vino si mantengono così? e allora bisogna che facciamo un accordo, non certo ha quei prezzi di bottiglia, Vanno bene anche boccioni da cinque litri,Per vedere se ci piace il gusto, il prezzo. e avviare una nuova proposta di acquisto. Basta pensare che solo in Lombardia ci sono 22 circoli (un quintale a testa) 20 boccioni e cosi ci manteniamo in linea con i giovani eredi. X eventuale accordo chiedere di Tonino Mulas?
Speriamo che la dinastia abbia vita lunga, bravi,bravi e ancora bravi. Sommelier professionista.