Si legge con piacere “Falsi e Bugiardi”, l’ultimo romanzo di Pietro Maurandi che ci riporta indietro nel tempo per raccontarci dei falsi di Arborea. Protagonista del romanzo è Ignazio Pillito archivista dotato di ingegno e capacità creativa tanto da riscrivere la Storia della Sardegna dando ai sardi un passato illustre e glorioso. “Insomma una Sardegna al centro della vita politica e della cultura fin da tempi antichissimi”, capace di catturare l’attenzione di studiosi creduloni in cerca di gloria accademica come il noto storico Pietro Martini. Con l’aiuto di Fra’ Cosimo Manca verranno riportati alla luce codici e pergamene, rigorosamente dei falsi, che però arriveranno all’attenzione dell’Accademia delle scienze di Torino. Certo non tutti cadranno nell’inganno e alcune voci si leveranno a contrastare la veridicità dei “preziosi falsi”, ma questo non farà altro che sollevare l’orgoglio “sardo” del buon Martini. Più le voci sono critiche, più forti saranno gli attacchi contro i detrattori della Sardegna, intenzionati, a parer di Martini a volerla declassare a terra rozza e negletta. Poco importa se lo stesso Martini ha un atteggiamento contraddittorio con la sua stessa terra, tanto da riportare una sua iscrizione con tanto di lodi nel monumento di Carlo Felice, “noto amico dei sardi”. Chi conosce la vicenda storica dei falsi di Arborea sa quale sarà l’epilogo ma l’invito alla lettura del piacevole romanzo è d’obbligo, del resto si ripropongono delle domande ancora oggi attuali: è necessario un passato illustre per portare avanti le nostre legittime istanze? Nel romanzo, Ignazio Pillito è persuaso che ” il valore di una comunità debba misurarsi non dal suo passato ma dal suo presente e dalla sua capacità di guardare al futuro”. Certo ritiene, e non a torto, che un passato rispettabile possa consolare rispetto alle disgrazie presenti, ed è per questo, più che per il denaro, che da vita ai falsi. Del resto è fortemente convinto che i falsi valgano più del vero. Roma con l’Eneide ha voluto dare una storia alla sua potenza, la Germania ha usato il mito dei Nibelunghi per dare vigore alla sua nefasta azione. Forse noi non abbiamo bisogno di entrare nel mito ma semplicemente di conoscere il nostro passato, fatto di persone capaci di battersi per forti ideali di libertà. Non è sufficiente ricordare solo sa Die da Sa Sardigna ma è opportuno conoscere anche la storia di Giovanni Maria Angioy, Salvatore Cadeddu e i fatti di Palabanda, vicende che sono orami appannaggio solo di pochi.
In una Sardegna dove le servitù militari mortificano le sue bellezze, dove le industrie inquinano ma non si vogliono chiudere, dove i saldi demografici sono sempre più negativi, possiamo forse dire che abbiamo perso la capacità di lottare?