di Francesco Canepa
Noi modestamente – “noi” intesi come Sardi e Sarde – possiamo vantare la prima legislatrice di carta costituzionale del mediterraneo; una delle prime “nobel” della storia; due Presidenti e mezzo della Repubblica; il fondatore de “l’unità” (sabato 29 aprile lo ricorderemo nell’ottantesimo della sua scomparsa al Gremio di Roma); l’ultimo Segretario di quello che era ancora il più serio partito comunista d’Europa ( …il secondo invece si era limitato ad essere, ex aequo con la sorella, il miglior studente del liceo “Azuni” di Sassari negli anni ‘10) e potrei continuare, ma mi fermo qui.
Credo che ce ne sia abbastanza per essere soddisfatti eppure non ci basta.
Infatti, nel consueto incontro del Gremio, il Presidente Antonio Maria Masia è riuscito a suscitare, insieme ai noti giornalisti Peppino Canneddu e Franco Siddi, una grande curiosità, attorno al meno noto Giovanni Piras di Mamoiada.
La serata si è aperta a sorpresa con una superba recitazione da parte del suo Autore (Antonio Maria Masia) della poesia dedicata a Peppino Canceddu “Has’hapid’unu fizu, Mamoiada” (Hai avuto un figlio, Mamoiada) !
Un momento di grande esaltazione anche grazie alla traduzione in italiano distribuita a beneficio dei …..diversamente logudoresofoni.
Spero che insieme a questa cronachetta, possa essere pubblicata anche la poesia, unitamente alla sua traduzione.
Passando alla prosa, il Presidente Masia ha introdotto il tema evocando come all’inizio del secolo scorso questo nostro conterraneo emigrò in Argentina insieme a tanti altri nostri fratelli, che costituirono una apprezzata comunità in quel grandissimo Paese.
Il problema nasce dal fatto che poi questo Piras sarebbe scomparso, oppure non sarebbe mai morto o, forse ……..
Fatto sta che da oltre trent’anni il nostro Canneddu si è messo a seguire alcune voci nate e diffuse nella comunità sarda d’Argentina. Per tale motivo, mentre “ispezionava” una stanza riservata della Casa Rosada alla ricerca di reperti utili, incappò in una delle madri di maggio, che, Sarda anche lei, gli raccontò del figlio desaparecido.
Il racconto venne troncato bruscamente perché certi argomenti sono pericolosi, anche se la casa è “rosa”, ma soprattutto perché l’ultimo aereo utile per evitare conseguenze irrimediabili così lontano da casa sua stava inesorabilmente rullando sulla pista.
Fu così che poté rientrare sano e salvo in Patria a riprendere le sue ricerche sul prefato Piras di Mamoiada.
Ma anche in Italia le sorprese, e certi strani presentimenti non mancarono, e fu così che la prima edizione del libro che illustrava i primi risultati raggiunti dovette essere silenziosamente tolta dalla circolazione.
Rinfrancato dalle contrarietà e dai silenzi che andava incontrando nella sua inchiesta da parte delle autorità argentine, e non solo, il buon Canneddu si mise a scartabellare, fra Sardegna ed Argentina, registri d’anagrafe, archivi parrocchiali, lettere tra Piras ed i suoi familiari, intervistò quanti più emigrati Sardi poté e ripubblicò tutto nel libro “Juan Peron\Giovanni Piras” ( Roma, Bibliosofica ISBN 978-88-87660-34-0).
Ah già ! forse non Ve l’avevo ancora detto, ma l’inchiesta che parte dal nostro “Carneade” di Mamoiada, poi arriva al Presidente dell’Argentina : per intenderci il marito della famosa Eva Duarte, talmente benvoluta dal suo popolo da essere nota e celebrata a Broadway e ad Holliwood, come “Evita”.
In buona sostanza: un altro Sardo presidente di repubblica !
Una storia che ha trovato testimonianze di prima mano nella presentazione e negli interventi di Antonio Maria Masia, che tanti anni fa ebbe un primo sentore della storia in quel di Como (non ha specificato in quale ramo ) e, anche lui incuriosito, ricercò ed ebbe dei colloqui con persone che ne conoscevano direttamente alcuni aspetti inediti.
Una storia che ha visto impegnato, anch’esso direttamente in Argentina, Franco Siddi, che ha potuto parlare addirittura con l’uomo di fiducia di Peron. Talmente di fiducia che – ligio alla versione ufficiale che lo vuole nato a Lobos l’8 ottobre 1895 – sulla sardità di quest’ultimo non ha voluto rivelare nulla di definitivo : ovviamente si trattava di un silente Sardo, che, mentre “guerrigliava” insieme ai Tupamaros, durante l’esilio del Presidente, seguito al golpe del ’55, ne ha custodito il baule che conteneva documenti, gioielli e denari, riconsegnandoglielo quando nel 1973 ritornò alla Casa Rosada, per riprendere la politica del partito “Giustizialista”.
Attenzione: non giustizialista nel senso negativo che si dà comunemente al termine, ma nel senso tutto nuovo di terza via tra capitalismo e socialismo che Peron dava a questo termine. Politica veramente popolare e sociale che finì per inimicargli USA e Regno Unito, ai quali nazionalizzò alcune aziende che macinavano profitti esagerati in Argentina.
Chissà come sarebbe andata se ci fosse stato Juan Domingo quando – neanche otto anni dopo la sua morte – in Argentina scoppiò un’altra vicenda drammatica a doppio nome “Malvinas \ Falkland” ….. proprio come nel titolo del libro che, offerta una spiegazione dei motivi convincenti per quell’antico riposizionamento anagrafico, contiene un avvincente rendiconto dell’inchiesta, sulla quale, nel successivo appassionato dibattito in sala, lo stesso Autore ha dichiarato che non è ancora stata detta l’ultima parola.