di Mauro Pili
Non è la prima volta che intervengo ad un congresso della FASI, avendo assistito al primo congresso della Lega Sarda. Permettetemi, però, da una parte di emozionarmi e dall’altra di rivolgermi a voi con la schiettezza che da sempre contraddistingue la Lega Sarda e la FASI. Senza retorica alcuna, vorrei rivolgervi alcune riflessioni. Con il cuore e la testa. Senza mezze frasi. In modo chiaro e diretto: come mi avete abituato in decenni di amicizia. Sarebbe stato giusto che in Sardegna, al vostro Congresso nazionale, ci fossero i Presidenti, quello della Regione e quello del Consiglio regionale. Sarebbe stata più rispettosa la presenza dei Sindaci e non dei loro delegati. Il Popolo Sardo, quello che sta lontano dalla Sardegna e che oggi si riunisce qui, ha bisogno di essere ascoltato. Avete fatto un sacrificio rilevante a venire nella vostra isola, unito al piacere di essere in questa vostra straordinaria patria sarda. La storia della FASI ci insegna a guardare avanti, non indietro. La vostra è una missione che mira a mettere insieme tutte quelle straordinarie risorse umane, culturali, d’identità che sono decisive per la Sardegna tutta e per i Sardi che sono rimasti in questa nostra terra. Il simbolo, l’albero, che avete scelto per questo congresso è la rappresentazione esatta del rapporto tra la Sardegna e il mondo dell’emigrazione. Non si può pensare che in quell’albero siano più importanti le radici di quanto non lo siano il fusto, i rami e le foglie. Se non ci sono radici forti, le foglie e i rami periscono, così se le foglie e i rami soffrono alla fine si seccano anche le radici. Se la Regione non dà attenzione ai rami, alle foglie, alla fotosintesi clorofilliana, indispensabile per trasmettere energia alle radici, l’albero alla fine muore. Questa vostra pianta – simbolo, così evocativa, con le sue radici, i suoi rami e le sue foglie ha bisogno della forza e della schiettezza della FASI, della Lega sarda per essere riconosciuta e rispettata. Ho sentito alcuni degli interventi dei rappresentanti della Regione: mi permetto di dissentire, non per polemica politica, che non mi appartiene, né per logiche di schieramento o di partito: non si può dire che l’obiettivo fondamentale della politica regionale è cambiare la legge sull’emigrazione! Quando non si vuole affrontare un problema si propone di cambiare la legge: questo significa perdere tempo e non affrontare con concretezza i problemi che sono concettuali e strutturali! Non riguardano una legge, ma la sua applicazione. La sensibilità e la lungimiranza di chi la deve applicare. L’articolo 1, lettera a) di quella legge che si vorrebbe maldestramente cambiare afferma un principio sacrosanto, cardine dell’azione politica e istituzionale della FASI e della Lega: abbattere le differenze tra sardi residenti e sardi non residenti. Questo è l’obiettivo che va perseguito sino in fondo. E’ un principio programmatico già messo nero su bianco nella legge esistente. Siamo noi che dobbiamo cambiare l’approccio. Dobbiamo cancellare le parole “non residenti”, sconti, vantaggi. Dobbiamo rivendicare diritti, sacrosanti diritti, non regalie e sconti. Per tutti i sardi, nessuno escluso. Noi per primi usiamo continuamente l’espressione “sardi residenti”, “sardi non residenti”: ebbene, bisogna cancellare anche dall’eloquio, dalle parole correnti questo termine “non residenti”, ci sono i Sardi e basta! Non possono esserci Sardi di serie A e Sardi di serie B. Due sono gli obiettivi strategici nel mondo dell’emigrazione: il primo è quello dell’identità, che non è solo un riferimento esclusivamente culturale. L’identità è un fattore di valenza economica, dato che, quando si riesce a valorizzare l’identità di un popolo, essa diventa un fattore di attrazione straordinario da promuovere e valorizzare. L’osmosi tra le radici e le foglie di questa nostra pianta-simbolo diventa elemento straordinariamente importante per costruire il futuro della Sardegna. Io, che nei circoli ci sono praticamente nato, in Italia e nel mondo, sento di dovervi raccomandare il primo tema, quello dell’identità. Questo straordinario legame, questa catena positiva tra la Sardegna, l’identità e i sardi che sono qui e i sardi che sono andati fuori. L’identità va salvaguardata, non si possono lesinare contributi ad un’associazione come la FASI! La Fasi, la struttura dei circoli, è e deve continuare ad essere la prima rete identitaria e culturale del Popolo Sardo. Lo voglio dire ora e qui, prima di un cenno sul tema dei trasporti. Nel 2002 la giunta da me presieduta stanziava per la FASI 3 milioni 400mila euro per gestire il rapporto con i circoli. Anzi, avevamo introdotto un elemento cardine: trasformare i Circoli in Ambasciate, ricorderete l’assunzione dei giovani sardi, la capacità di interagire sul percorso economico, del mercato, del commercio, delle attività produttive della Sardegna. Oggi, invece, nel bilancio della Regione sono stati stanziati appena due milioni di euro! Come è possibile che il bilancio sia stato quasi dimezzato? Non serve cambiare la legge, servono attenzione e risorse, risorse che non devono essere lesinate con fastidiose, inutili, procedure burocratiche come se si dovesse combattere corruzione e mafia. Chiunque vada nei circoli potrà rendersi conto di come si lavora. E’ fuori luogo quel rapporto ossessivo della burocrazia, rapporto che non esiste nemmeno quando si tratta di appalti miliardari, figuriamoci se deve esistere con chi opera quotidianamente nei circoli sardi in Italia e all’estero. Basterebbe invertire una tendenza: sappiamo preventivamente il lavoro che fanno i circoli, lo sanno tutti. All’inizio dell’anno ai circoli si deve attribuire subito la quota dell’ 80% di quello che hanno speso l’anno precedente. Quelle risorse non vanno sprecate ma sono utilizzate per gestire quella gran mole di attività culturale fondamentale per la Sardegna. Non possiamo permetterci che ci sia questo tipo di burocrazia! Questo tipo di burocrazia non deve esistere se è ostativa per un progetto di tale impatto sociale e culturale. Vi contestano di non essere riusciti a svolgere l’attività entro l’anno! Certo! Se il contributo economico arriva a fine anno, come si può pretendere che un circolo, che gli emigrati sardi che vivono fuori, anticipino le risorse economiche per la loro attività sul territorio? Questo non è inaccettabile! Non servono leggi ma attenzione e risorse. Il secondo punto strategico per i sardi che vivono fuori dalla Sardegna è il ponte, la connessione tra la nostra terra e il resto del mondo. Quando Emilio Lussu ritornò ad Armungia dopo l’esilio si rivolse al senatore Adone Zoli, allora Presidente del Consiglio dei Ministri, per sollecitare la realizzazione di un piccolo ponte tra le due sponde del fiume Flumendosa che consentisse ai contadini di Armungia di coltivare entrambe le sponde del fiume. Ebbene, oggi siamo nella stessa situazione: non esiste un ponte che consenta di coltivare nell’altra sponda. L’altra sponda è dove viviamo noi, questa terra martoriata. Lo dico a Tonino Mulas che ha fatto dei trasporti il tema centrale della questione emigrazione: questo ponte si sta sempre più affievolendo. Noi tutti, voi ed io, parliamo di sconti, convenzioni con le compagnie di navigazione, con l’Alitalia, con la Meridiana. Ci hanno instillato lo sconto nel nostro dire quotidiano. Non è uno sconto che quello ci serve: ai Sardi non serve uno sconto, serve un diritto, serve il riconoscimento di un diritto, quello di essere alla pari degli altri, non vogliamo elemosine ma il rispetto di ciò che ci spetta! Stiamo per perdere una conquista importante: quella della tariffa unica, la tariffa che ha azzerato le differenze tra residenti e non residenti. Ho sentito dire molte sciocchezze, fra cui quella che è preferibile far pagare di meno i sardi residenti per conquistare i voti di quelli che vivono qui in Sardegna: mai stoltezza fu più adeguata a rappresentare questa classe dirigente. In realtà la tariffa unica, introdotta maldestramente per soli nove mesi, fu una battaglia politic
a straordinaria mia e della FASI, del mondo dell’emigrazione. La tariffa unica rappresenta oggi un obiettivo da raggiungere non soltanto per nove mesi all’anno ma per tutti i dodici mesi, perché è il primo progetto traguardo da raggiungere per una piena parità di diritti. Oggi noi rischiamo che quella tariffa diventi una tariffa ad ore: prepariamoci alle barricate perché la tariffa a ore significa che la Sardegna sarà sempre meno un diritto di accesso e sarà sempre più un’occasione di conquista, sarà come un bancomat legato alla Tirrenia o all’Alitalia. I soldi che vengono dati alle compagnie di navigazione o aeree sono soldi regalati, perché in realtà non c’è bisogno di dare compensazione economica alle compagnie. Chiunque faccia un’attenta analisi dei costi e dei calcoli relativi al costo dell’ora volata sa bene che le compagnie guadagnano comunque senza alcun tipo di contribuzione.
E sempre per conto degli emigrati sardi vengono regalati 73 milioni di euro alla Tirrenia e 70 milioni di euro alle compagnie aeree. Tutti soldi regalati: è dimostrato tecnicamente che non c’è bisogno di alcuna una compensazione. Basta portare soltanto un dato: qualcuno ha detto prima che la tratta Civitavecchia-Cagliari verrà interrotta per 50 giorni: non è vero, chiunque telefoni al call center della Tirrenia può sentire che quella frequenza è stata già cancellata radicalmente, c’è già una volta alla settimana. E’ evidente che si è passati da tutti i giorni a tre volte alla settimana. Ci domandiamo chi ha tagliato quelle risorse: c’è la firma in calce della Regione. La Tirrenia ha detto che aveva un buco nel bilancio di 27 milioni – poi si è dimostrato falso – e dunque ha tagliato servizi per 27 milioni, ma tuttavia ha continuato a prendere i 73 milioni del pubblico! Dunque non bisogna aspettare il 2019 per la scadenza della convenzione, ma occorre eliminare quegli interessi spregiudicati che negano un diritto e che ci portano a chiedere un favore. Non chiediamo per i trasporti favori e sconti ma chiediamo fortemente il riconoscimento dei nostri diritti! Tullio Locci ha sempre detto che questo popolo può essere tale se al suo interno non ha la capacità di unirsi e non di dividersi. Voi avete dimostrato con le tante differenze, con l’articolazione ideale e ideologica qualche volta, di essere uniti.
Questo avviene così come è successo per la Brigata Sassari sul Monte Zebio: arrivavano da ogni singolo paese della Sardegna e lì per la prima volta, all'”estero” – per così dire – il Popolo Sardo si sentì tale. Penso e spero ancora nel coraggio che ebbe allora Emilio Lussu. Quando il generale gli intimò di andare all’assalto per l’ennesima volta a massacrare militari sardi Lussu gli disse: SignorNo. Ora a noi è chiesto analogo coraggio: ribellarci, avere la schiena dritta, la testa alta per guardare al mondo dell’emigrazione come un grande potenziale da valorizzare e tutelare. Respingere i soprusi e conquistare nuovi orizzonti! Sono certo che con quel vostro coraggio potrà avere un grande futuro.
È stato sottolineato sin da subito che non è stato un Congresso vero e coraggioso . Pur trovandoci in Sardegna è stato snobbato dai politici e dalle tanto amate ” dalla FASI ” compagnie aeree e di Navigazione . È stato un insulto alla memoria, al coraggio e ai valori della Lega Sarda Italiana e a quelle del mondo intero.
Bravo Pili !!! I Presidenti non sono riusciti a ritagliarsi un’ora di tempo per presiedere al Congresso Nazionale F. A.S. I. Ma sono riusciti a liberarsi di tutti gli impegni per poter essere presenti alle varie sagre paesane , delle lumache , della bruschetta ecc .