di Irene Bosu
Chiara Murru è insegnante, attrice e regista nello Spazio-T scuola di teatro e centro di aggregazione e produzione teatrale di cui è socia fondatrice. Vincitrice del Premio Miglior Regia al Roma Fringe Festival 2012, con lo spettacolo “Il Sentiero dei Passi Pericolosi – una tragedia stradale” di M.M. Bouchard. È ideatrice e regista della performance con le maschere dei mamuthones “#KOI cantando danzavamo” progetto selezionato da CeDAC per #giovaniidee 2015 cooprodotto da Le Ragazze Terribili. Collabora con Sardegna Teatro (Teatro Stabile della Sardegna). Abbiamo incontrato Chiara per una chiacchierata sul suo lavoro, sul teatro e lo Spazio T di Alghero: culla di arte e cultura in Sardegna.
Quando e perché hai cominciato a fare teatro? Ho iniziato a fare teatro dopo aver visto Anna Mazzamauro con mia madre in teatro ad Alghero nel 1993. Ero così entusiasta che il giorno dopo lo spettacolo ci siamo informate e ho cominciato a frequentare un laboratorio teatrale.
Ti riconosci di più nella Chiara insegnante, regista o attrice? Cosa preferisci? Insegnare mi piace moltissimo. E’ un allenamento costante all’ascolto, alla condivisione, al rispetto. Un paio di anni fa ti avrei risposto senza esitare regista, adoro il lavoro di ricerca che sta dietro un testo, guidare gli attori a indagare i personaggi, a restituirgli un corpo. Ma sto lavorando molto come attrice, studio tanto e oggi mi piacerebbe essere diretta. Non rinuncerei mai comunque alla “me” performer.
Parliamo dello Spazio-T, realtà Algherese che nasce nel 2010 su tua iniziativa assieme all’attore Maurizio Pulina. Com’è nata l’idea di creare un centro culturale permanente di questo tipo? Dopo gli anni milanesi sentivo la necessità di “costruire” qualcosa nella mia città. Sono tornata ad Alghero nel 2007 e al termine di una lunga fase di sperimentazione e studio ho incontrato Maurizio Pulina, tornato da Roma con lo stesso desiderio. Ci siamo resi conto che ad Alghero mancava uno spazio dedicato alla formazione, alla produzione, all’aggregazione. Il teatro è il motore dello Spazio-T, ma abbiamo ospitato e ospitiamo eventi e laboratori di musica, di cinema, di arte contemporanea, di teatro danza etc.
Lo Spazio T ospita numerosi corsi di teatro organizzati tra laboratori per bambini, ragazzi e adulti. Corsi di dizione e impostazione della voce, corsi di performance e di espressività corporea e un ricco programma di seminari con alcuni dei più interessanti nomi del panorama teatrale. Cosa imparano i ragazzi nelle vostre lezioni? Qual è la cosa più difficile da trasmettere? I laboratori sono articolati in base all’età e hanno obiettivi diversi. Quelli dedicati ai bambini, attraverso una pratica ludico-espressiva, favoriscono la consapevolezza del sé, nella relazione con gli altri e con lo spazio. I ragazzi più grandi giocano con le improvvisazioni teatrali e approcciano i primi testi e i più grandi fanno i conti con le proprie insicurezze, le paure, i limiti che spesso sono più “nella testa” che nel corpo. In tutte le pratiche teatrali si sperimenta l’altro. Ci si diverte, si gioca e si studia, imparando che l’altro esiste, in quella che è una relazione umana profonda che richiede impegno e rispetto continui. Si sperimentano fiducia, umiltà e determinazione. Il talento emerge e chi ce l’ha impara a confrontarsi “nella finzione” con l’onestà e la sincerità. Il teatro può essere uno strumento, se ben utilizzato, anche fuori dal teatro.
Con lo spettacolo “Il sentiero dei passi pericolosi – una tragedia stradale”, avete vinto il premio come miglior regia alla prima edizione del Roma Fringe Festival, la rassegna estiva interamente dedicata al Teatro Off italiano. Un riconoscimento importante. Raccontaci le emozioni che avete provato! E’ la prima volta che nel pormi questa domanda qualcuno usa il “plurale” e ne sono contenta. La mia pratica registica è condivisa, ed è un lavoro di ricerca che conduco insieme agli attori, che arrivano a fidarsi, ad affidarsi. E’ lì che succede quella “magia” in cui tutto prende forma: il testo, i personaggi, lo spazio, i movimenti, le musiche e tutto diventa coerente e “funziona”. M. M. Bouchard è un ottimo drammaturgo e “il sentiero” è un testo bellissimo. Quando siamo partiti per il Roma Fringe Festival volevamo “rodare” lo spettacolo che ha una stretta relazione con il pubblico. Volevamo confrontarci “fuori casa” e quando siamo arrivati in semifinale rischiando di vincere il premio per il miglior spettacolo è stata una gioia immensa! Quando mi hanno comunicato il premio per la regia su 53 spettacoli, non ci credevo, sono rimasta quasi pietrificata. Credevo molto in quell’allestimento. E’ davvero emozionante. Arriva al pubblico. Andavamo in giro per Roma euforici e dicevamo a tutti del premio, per strada in macchina. E’ stata una lunga giornata che porteremo per sempre nel cuore.
Sei l’ideatrice e la regista della performance con le maschere dei mamuthones #KOI cantando danzavamo progetto selezionato da CeDAC per #giovaniidee 2015 cooprodotto da Le Ragazze Terribili. Lo spettacolo è un omaggio “contemporaneo” alla tradizione, alla storia della Sardegna, ai suoi siti archeologici. Una scelta vincente. Qual era il tuo obiettivo? #KOI è nato come uno studio sulle maschere lignee dei Mamuthones di Mamojada. Quando sono tornata in Sardegna tra i miei obiettivi di ricerca c’era proprio uno studio “fisico” su quella maschera. Ho scelto con cura le maschere e quelle realizzate da Franco Sale rispondevano alle mie esigenze. Franco si è dimostrato curioso e disponibile e questo mi ha dato molto forza. Non è proprio scontato per una donna indossare una maschera tradizionale sarda e io seguivo quello che Brook chiama un “impulso informe” , una spinta che non sapevo esattamente dove mi avrebbe portato. Ogni maschera ha il suo corpo e questo rendeva molto interessante, ma praticamente infinito, il lavoro di ricerca “del corpo della maschera”. Tutto è cominciato così. Indossare la maschera e darle un corpo “altro” lontano dal costume e dal folclore mi ha fatto scoprire che le maschere di Mamoiada nonostante abbiano una bocca aperta, non parlano, non sicuramente una lingua. Seguono il respiro che risuona dentro il legno e che guida chi la indossa come un mantra. Ad un certo punto dopo l’incontro con Arrogalla e la sua musica ho visto chiaramente quello che #KOI sarebbe diventato: un rito contemporaneo, un omaggio ai sardi e alla Sardegna, una danza che richiama ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che possiamo essere.
Come valuti l’attuale situazione del teatro in Sardegna? C’è un bel fermento e finalmente si “investe” sui giovani talenti. Sardegna Teatro ha coinvolto lo Spazio-T nel progetto #giovaniidee e poi me direttamente in un progetto di formazione permanente che ha portato finalmente in Sardegna tanti registi, tante bellissime occasioni di incontro. In queste occasioni ho conosciuto moltissimi attori che non conoscevo, alcuni davvero molto bravi e impegnati in tanti progetti interessanti. Ci sono molte produzioni in cantiere e questo è sintomo positivo. Ci sono molte organizzazioni serie (che non è scontato) come “Le Ragazze Terribili” di Sassari che sperimentano e sono aperte a collaborazioni continuative. Il CeDAC è un circuito che ha accettato la sfida del “multidisciplinare” e si rinnova costantemente. Ci sono bellissimi festival e tanti artisti straordinari, soprattutto nella musica. La situazione è in generale molto positiva. Quello che vedo è un certo immobilismo di alcune realtà, aggrappate a meccanismi e dinamiche amministrative che dimenticano l’aspetto artistico e spesso anche quello umano di ciò che fanno. E’ doveroso sottolineare poi che collaborare e fare rete in una terra come la Sardegna non è facile e la situazione dei trasporti non aiuta. Da donna poi ho fiuto per alcune situazioni in cui la “diffidenza” aleggia e bisogna tenere sempre gli occhi aperti.
Progetti futuri? Ho alcune idee per il nuovo anno e sto lavorando a due nuove produzioni teatrali. A marzo se tutto va bene cambieremo sede e rinnoveremo la struttura organizzativa. Saremo partner di alcuni progetti e come artista sarò impegnata in alcuni eventi di cui non riesco – per scaramanzia – a rivelare i dettagli.