di Gianni Cilloco
La produzione cinematografica della Sardegna presenta oggi diversi esponenti fautori di arte attraverso l’amore per la propria Isola di origine. Tra questi il regista cagliaritano Simone Contu (1970) il quale, laureatosi in Filosofia presso l’Università Cattolica di Milano, ha maturato esperienza nel campo del cinema, degli spot pubblicitari e videoclip a Roma, dapprima come segretario e poi quale ispettore di produzione, ricoprendo anche vari incarichi di studio e documentazione in ambito demo-antropologico e sulla memoria storica e devozionale nei territori della Barbagia, del Supramonte e dell’Ogliastra. Nel 2013 egli ha presentato al grande pubblico, in qualità di regista e produttore, il lungometraggio “Treulababbu – Le ragioni dei bambini’’ . Film sul conflitto tra mondo degli adulti e mondo dei bambini, esso è il frutto di un lavoro durato cinque anni, incentrato sulla riflessione e sull’appassionato studio della cultura isolana, attraverso una stretta collaborazione con Bepi Vigna, con il quale ha scritto soggetto e sceneggiatura. Come racconta lo stesso sito del film (www.treulababbu.it), ci si è articolati nel lavoro lungo «un’idea narrativa capace di muoversi su un doppio binario: dalla ricostruzione degli scenari antropologici ai quali s’ispira e si riferisce, ad un’esperienza nuova e originale nel panorama del cinema regionale sardo; da un’anima autoriale (palese il richiamo alla cinematografia regionale nell’adozione della lingua sarda, nell’utilizzo di attori non professionisti, nell’ambientare i luoghi in paesaggi e scenari urbani dichiaratamente sardi), alla volontà di dar vita ad un discorso a forte valenza universale, pensando spesso ai nostri futuri spettatori, ai loro gusti, esigenze ed interessi». I due episodi che caratterizzano la pellicola sono una commedia dialettale, Sa regula, ed un fantasy dal titolo Su molenti de Oramala, ossia due modelli narrativi ‘classici’ ampiamente visitati dalla cinematografia e dalla tradizione drammaturgica. Sa regula, ambientata interamente in Ogliastra (tra Arzana, Seui, Jerzu, Ulassai e Tertenia), si ispira a un vissuto personale, «la tragedia del capretto regalatoci quando eravamo bambini, la grande bugia raccontata pur di nascondere la cruda verità», facendo riflettere lo spettatore anche sul problema dell’uso della lingua e della conservazione della cultura sarda in rapporto alla società contemporanea dove questo patrimonio si sta disperdendo per colpa di «distorsioni educative derivanti da falsi miti identitari: la Sardegna dei sardi non ha bisogno di far crescere ed educare ‘figli folk’», senza tener conto di «immaginario, valori, approccio al mondo ed alla vita». Il secondo episodio, Su molenti de Oramala (L’asino del diavolo), è ambientato in un contesto fortemente saldato ad un’idea di natura immensa ed incontaminata, ma anche selvaggia e misteriosa, grazie anche al sostegno garantito durante le riprese dagli uomini dell’Ente Foreste della Sardegna e dal Corpo Forestale e Vigilanza Ambientale. «E’ stata battuta in lungo ed in largo tutta la costa centro-orientale dell’isola, dal Supramonte di Orgosolo e Foresta Montes a quello di Urzulei e Baunei sino al Sarrabus. Verso l’interno ci si è spinti fino all’area montuosa del Gennargentu e del Montarbu di Seui e di là al Monte S.Vittoria ed all’altopiano di Escalaplano ed ai laghi Mulargia e Flumendosa di Villanova Tulo. Un discorso a parte è stato fatto per i Tacchi d’Ogliastra e l’altopiano di Perdasdefogu, dove sono state girate numerose inquadrature del viaggio notturno del piccolo Vincenzo. Alcune inquadrature sono state realizzate sulla collina calcarea su cui sorge il castello di Quirra, in territorio di Villaputzu. Nel complesso i territori di tre province coinvolte: Ogliastra, Nuoro e Cagliari. Gli ambienti urbani invece sono stati ambientati nei paesi di Ussassai (interno casa Tzia Antona ed interno antro Oramala), Escalaplano (cortile tzia Antona), Tertenia (esterno casa tzia Antona), Talana esterno paese, Tertenia (scena finale ingresso scuola)». Il cortometraggio nasce dalla passione per l’immaginario fantastico e superstizioso popolare della Sardegna, attingendo «a varie funzioni e tòpoi narrativi: la processione delle anime, la credenza che i bambini morti prima del battesimo non potessero andare in paradiso, il mito dell’asinello ‘caga denari’, il patto col diavolo e la vendita delle anime durante i sabba, i riti sciamanici e i voli estatici, il tema del viaggio in un’altra dimensione», con riferimenti ai modelli metrici della poesia estemporanea isolana, per indovinelli e scioglilingua. Tra i personaggi, Is Mammas Nieddas s’ispirano dichiaratamente alle maschere del carnevale di Bosa (Comune tra i finanziatori dello stesso film).