MARTA PROIETTI ORZELLA E LA SIMBIOSI CON IL TEATRO COME FORMA D’ARTE COMPLETA

ph: Marta Proietti Orzella


di Maria Patrizia Floris

Marta Proietti Orzella, attrice poliedrica, si laurea con lode in Scienze Politiche e vincitrice di una borsa di studio della Regione Sardegna, si diploma all’Ecole Florent di Parigi dove per quattro anni studia recitazione e regia. Un percorso a cui seguono laboratori e stages sulla commedia dell’arte e molte esperienze di lavoro e di studio in Italia e all’estero. Il teatro per lei è una forma d’arte ricchissima che racchiude tutte le altre arti, ogni ruolo rappresenta un gioco, una sfida, uno stimolo per migliorare e imparare. Nel 2007  ha vinto il Premio Nazionale Teatrale Plauto per l’interpretazione di Quarquoia in “Mostellaria” con Massimo Venturiello per la regia di Beppe Arena. Al cinema ha recitato nel film di Leonardo Pieraccioni “Finalmente la felicità”. Si è classificata fra i primi 24 migliori attori su 1000 al Concorso “Ciak, Si Roma!”, nell’ambito dell’ultimo Festival Internazionale del Cinema di Roma, sostenendo il provino davanti a giurati come Carlo Verdone, Lina Wertmuller, Daniele Luchetti.

Marta, laureata in scienze politiche e diplomata all’Ecole Florent di Parigi dove hai studiato per 4 anni recitazione e regia. Parlaci di questo percorso di studi e professionale... Sono sempre stata una “secchiona”, mi sarei laureata in ogni caso, ma non avrei mai rinunciato al mio sogno: è per questo che ho portato avanti entrambe le cose. Anzi, ho cercato di coniugare studi universitari e passione per il teatro con una tesi bilingue dal titolo “Teatro e rivoluzione: l’esperienza del maggio francese”, a cui ho lavorato a Parigi negli anni in cui conseguivo il diploma alla scuola d’arte drammatica “Ecole Florent”. A Parigi ho vissuto un’esperienza unica: ho imparato a recitare in francese, ho conosciuto tantissimi artisti (fra cui la bravissima Audrey Tautou), alcuni continuano a essere i miei amici più cari e sostenitori. Mi sono tolta anche qualche soddisfazione con qualche premio e qualche importante scrittura. All’inizio non è stato facile rientrare in Sardegna, ero pronta a ripartire subito, ma poi sono arrivate le offerte di lavoro, il Premio Nazionale Plauto, le opportunità della tua terra, che non hanno né prezzo né confronto.

“Fritto misto e baccalà ” è uno dei lavori a cui sei più affezionata in  cui sei autrice, regista e interprete. Cosa ami di questo spettacolo e dei ruoli che porti in scena? “Fritto misto e baccalà” è uno spettacolo che nasce da un’esigenza: quella di lavorare sul comico. Quando, dopo uno spettacolo omaggio a Gaber, mi chiesero di interpretare Gastone di Petrolini, tanti mi hanno spinto a continuare in quella direzione. E allora mi sono divertita, prima a scimmiottare scene di mostri sacri della nostra comicità (dalla “Sessuologa” di Anna Marchesini, alla “Telefonata notturna” di Carlo Verdone, a “Nun me rompe er ca” di Gigi Proietti), poi via via ho cominciato a scrivere sketches originali. Amo la musica e ho sempre lavorato con i musicisti, perciò quando ho incontrato i Noise Off (dove tra l’altro canta mia sorella Sara) ho deciso che il nostro “fritto misto” poteva funzionare. E’ uno spettacolo che ci ha dato molte soddisfazioni e che continuiamo a replicare con grande piacere e divertimento: è bello sentire il pubblico che ride e che partecipa al nostro gioco. Lo spettacolo è stato apprezzato anche fuori dalla Sardegna, qualche anno fa, a Pisa, in una rassegna dove figuravano nomi internazionali come il famoso duo statunitense Tuck and Patty. Prossima importante tappa: a settembre a Saint-Etienne, in una sua versione francese. E dopo “Fritto misto e baccalà, la nuova produzione da assaggiare, stessa formula/stessa formazione: “Riso al salto”.

Tra le tue diverse esperienze c’è un personaggio che hai vissuto con maggior trasporto? E’ difficile rispondere a questa domanda, perché sono affezionata a tutti miei personaggi, tant’è vero che quando intuisco che uno spettacolo si sta replicando per l’ultima volta, provo sempre una fortissima malinconia nel “salutare” quel ruolo. C’è però un personaggio legato alle mie origini ghilarzesi: Teresina Gramsci, che interpreto nello spettacolo “Tutto tranne Gramsci”. Lo studio sul personaggio è stato molto stimolante e privilegiato: ho intervistato sua figlia, nipote diretta di Antonio Gramsci, Diddi Paulesu, mia ex insegnante di Francese alle Scuole Medie. Lei mi ha parlato tanto di sua madre, donna dolce ma anche molto determinata, che aveva un rapporto strettissimo con suo fratello Nino. Avendo vissuto a Ghilarza, sono molto affezionata alla figura di Antonio Gramsci, ricordo che ricevetti la prima copia de “L’albero del riccio” alle scuole elementari da Paola Pitagora, durante una grande manifestazione inaugurale. Diddi mi ha anche regalato una camicia da notte di sua madre che è diventata il costume del nostro spettacolo. Quello di Teresina Gramsci è un personaggio che ho costruito con molto rispetto e attenzione, proprio perché si nutre di testimonianze dirette di sua figlia, e che vivo con trasporto per i ricordi e le immagini legate al paese in cui ho vissuto infanzia e adolescenza. 

C’è un ruolo che non hai ancora interpretato che ti piacerebbe portare in scena? Non c’è un ruolo in particolare. Tutti i ruoli sono per me gioco, sfida, stimolo per migliorare e per imparare qualcosa in più di me. Più il personaggio è lontano da me (anche fisicamente), più la questione si fa interessante. Mi piacerebbe però proporre una versione tutta mia di Caliban della Tempesta di Shakespeare.

Perchè hai scelto il teatro per esprimerti e non un altra forma d’arte? Il teatro è una forma d’arte ricchissima, che racchiude tante/tutte le altre arti perciò mi soddisfa e mi sazia abbastanza. Inoltre il mio amore per il teatro sprofonda nell’infanzia, quando nonostante la timidezza, mi esibivo davanti agli ospiti (paganti) della casa al mare di mia zia e mettevo in scena storie inventate, che facevo interpretare a mia sorella e alle mie cugine. Questa esperienza si ripeteva tutti gli anni, quando ci penso mi viene ancora da ridere e credo che non avrei potuto fare altro nella vita che questo mestiere. Recitare, poi, è vita. Il teatro è anche un modo per cercare di vivere tutte le vite parallele che altrimenti non potrei conoscere.

Hai lavorato con Pieraccioni nel film “Finalmente la felicita” cosa ricordi di quella esperienza? Devo ammetterlo: “Finalmente la felicità” non è un film che mi fa impazzire, ma lavorare con Pieraccioni è stato divertentissimo. Lui è esattamente come nei suoi film, anche fuori dal set. E’ un regista che mette via il copione, capace di stravolgerlo, facendoti improvvisare ciò che vuoi. Con me è andata più o meno così: alla fine, quella breve scena non prevista nella sceneggiatura l’ha inserita nel trailer/pubblicità del film. E’ nata così, scherzando, non pensavo nemmeno che le telecamere fossero accese…

Hai un attore di cinema e teatro di riferimento? No, però ho avuto maestri “immaginari”: ho preso lezioni da Charlie Chaplin, da Peter Brook. Anche Carmelo Bene è stato un mio maestro immaginario.

Al Festival “Ciak si Roma ” ti sei classificata tra i primi 24 migliori attori su 1000. Quali paure ed emozioni… Ricordo di aver fatto il biglietto online verso le ore 22 del giorno prima perché ero indecisa: sapevo che a partecipare al concorso sarebbero stati in tanti. Arrivata a Roma subisco ritardi/disagi per uno sciopero generale e tutto sembrava remare contro. Quando sono arrivata al Padiglione del Festival Internazionale del Cinema e ho visto Carlo Verdone che scendeva dal taxi, la voglia di tornare indietro è stata forte ma ho contato fino a dieci e mi sono fatta coraggio. Il provino è andato molto bene, ero contenta di avere conosciuto dei registi così importanti (Carlo Verdone, Lina Wermuller, Daniele Luchetti), ma sapevo di avere pochissime speranze e sono tornata a Cagliari il giorno stesso. E poi la bella notizia: fra i primi 24 su oltre 1000. E’ stata un’emozione fortissima. Dopo il concorso ho ricevuto diverse proposte, ma il fatto di vivere in Sardegna non mi agevola sempre. A breve tornerò a Roma per un provino importante: incrocio le dita.

Che rapporto hai con il pubblico? Ottimo: non ci può essere teatro senza pubblico, perciò è fondamentale imparare a considerarlo, percepirlo e soprattutto rispettarlo. In molti miei spettacoli rompo la famosa “quarta parete”e gli schemi rigidi scena/platea e coinvolgo direttamente con gli spettatori. Il pubblico deve condizionare il tuo gioco, il teatro è innanzitutto comunicazione fra spettatori e attori e, se ci provi gusto, è divertente cambiare teatro, regione, paese, continente e incontrare un pubblico sempre diverso che reagisce in modo spesso inaspettato a quelle stesse battute: tutto ciò è molto stimolante. 

Il tuo film preferito al cinema? Ce n’è più di uno, almeno tre: “Django Unchained” di Quentin Tarantino (che adoro), “La vita è bella” di Roberto Benigni e “Il silenzio degli innocenti” di Jonathan Demme.

Progetti futuri? l progetti futuri sono tanti, fra cui un’importante esperienza cinematografica. E’ tutto però ancora top secret: in questo mestiere si parla solo dopo aver firmato il contratto!

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