di Sara Bavato
Un’altra eccellenza italiana è approdata al Down Under per incantare il pubblico australiano. Si tratta della flautista cagliaritana-maddalenina Silvia Careddu. Recentemente nominata primo flauto della celebre orchestra austriaca Wiener Philarmoniker, Silvia, dopo diversi concerti in giro per l’Australia, si è esibita ne ‘A Voice for the Silenced’, presso la South Melbourne Town Hall, dove ha fatto rivivere capolavori di compositori le cui vite furono annientate dall’Olocausto. Scelta dal direttore artistico dell’ANAM Nick Deutsch per dare corpo e vita a questo progetto molto personale e al tempo stesso necessario (i genitori di Deutsch sopravvissero all’esperienza dei campi di concentramento, ndr), Silvia Careddu è senza dubbio una delle flautiste più quotate del momento. Certo la scalata verso il successo non è stata facile e ha comportato scelte dolorose, anche se sul lungo termine si sono rivelate vincenti. Per prima cosa ha dovuto lasciare l’Italia, paese che lei stessa, nonostante l’amore viscerale, definisce ingrato nei confronti delle arti e della musica. “All’estero – ammette – quando dici che sei un musicista ti guardano con stima e rispetto. In Italia se fai la stessa affermazione ti chiedono qual è il tuo vero lavoro”, perché il rispetto per le arti si è perso e vengono considerate alla stregua di passatempi.
Così, a diciannove anni, dopo il diploma al conservatorio “Pierluigi da Palestrina” di Cagliari e terminato il corso di perfezionamento con Raymond Guiot all’Accademia italiana del flauto, Silvia è partita per continuare la sua formazione in Francia, al Conservatoire National Supérieur de Musique de Paris.
Armata del suo amore per la musica e animata dal sogno di diventare una musicista con la M maiuscola, ha scelto quello che tanti giovani italiani sono costretti a scegliere per evitare di sfiorire e per concedersi la possibilità di usare le proprie ali: dire addio alla propria terra e alla propria famiglia per spostarsi in un altrove più generoso e fertile. Qualche anno dopo, questa scelta ha cominciato a dare i suoi frutti e a ventiquattro anni è arrivata la consacrazione ottenendo il primo premio della giuria e del pubblico al 56esimo Concorso Internazionale di Musica di Ginevra.
Da quei primi importanti riconoscimenti che hanno decretato il suo passaggio da studentessa a professionista, è cominciata la sua carriera e non si è più fermata. Così al moltiplicarsi di inviti a festival di prestigio e di richieste di collaborazioni con grandi orchestre in tutta Europa, si sono aggiunte in breve tempo la nomina a primo flauto nella Konzerthausorchester Berlin, poi, nella Kammerakademie Potsdam, e gli incarichi d’insegnamento. Un processo di ascesa tanto sudato quanto inarrestabile che è recentemente culminato nella nomina a primo flauto alla Sinfonica di Vienna dove prossimamente si esibirà sotto la direzione di Riccardo Muti. Quello stesso Muti a cui da ragazza, quando la sua ‘carriera’ era agli esordi, guardava con la riverenza del discepolo nei confronti di un maestro eccellente e irraggiungibile.
A nemmeno quarant’anni, di cui quasi venti trascorsi lontana dalla Sardegna, Silvia sorride e racconta con quella schiettezza tipicamente sarda la fatica e al tempo stesso la gioia e la soddisfazione con cui ha coltivato un sogno iniziato, peraltro senza entusiasmo, tre decadi fa quando, all’età di nove anni, i genitori, dopo aver letto un’inserzione sul giornale, la convinsero a studiare flauto mettendola di fronte a un piccolo ricatto. Se avesse studiato flauto, infatti, le avrebbero permesso di passare le estati a La Maddalena (di cui è originaria la madre).
Così, nonostante la voglia di suonare il pianoforte e lo scarso interesse nei confronti del flauto, pur di godersi
l’estate accettò il compromesso. Complice l’iniziale poca convinzione nell’abbracciare quello strumento che le sembrava asettico, quello nei confronti del flauto fu un amore lento, fatto di contrasti e di vero e proprio astio, di tanto in tanto. Lo studio, infatti, la costringeva necessariamente a passare ore e ore in solitudine e a rinunciare ad attività che amava, in primis la pallavolo.
Nonostante gli inizi non idilliaci, passata la soglia dei sedici anni, Silvia scoprì quanto potesse essere potente ascoltare e suonare il flauto. La ‘rivelazione’ avvenne ad un concerto di Riccardo Ghiani. Fu quel momento a
trasformare un tiepido e contrastato affetto in passione. Dopo quell’esperienza, infatti, Silvia cominciò a prendere lezioni private con quello stesso Ghiani che l’aveva ‘illuminata’.
Sotto la sua guida la giovane Silvia imparò ad affrontare sforzi e fatica con un nuovo slancio. Certo quel miracoloso incontro con il suo mentore non la sottrasse alla tentazione di scegliere un’altra vita. A diciannove anni, in particolare, quando per la prima volta si spostò a Parigi, le venne spesso voglia di mollare e tornare a casa. Ma non lo fece. A due decenni di distanza Silvia parla della capitale francese come della migliore scelta della sua carriera da musicista perché lì, nonostante le difficoltà, ha imparato da grandi che insegnavano e, allo stesso tempo, suonavano in importanti orchestre. Da allora, dal giorno in cui mise piedi in quella frettolosa Parigi dove si parlava una lingua a lei sconosciuta ne sono cambiate parecchie cose. Alcune però sono rimaste immutate: la voglia di imparare e di dare sempre il meglio di sé superando i suoi limiti, la nostalgia per Sardegna, dove torna volentieri per godersi l’aria di mare e di casa, e il sorriso. Quel sorriso che questa sera aggiungerà al talento orgogliosamente sardo di Silvia una nota in più.
Grande emozione ascoltarla suonare….. Grazie a Lei mi sono avvicinata alla musica classica,sinfonica e a goderne con molto pacere.Dotata di straordinario talento e sensibilità che traspare dal suono magico del suo flauto.Successo strameritato! Ad maiora SILVIA. Anna Chiscuzzu
In bocca al lupo e buona fortuna. Bacioni