Vorrei aggiungere un commento al bel resoconto che Patrizia Boi ha fatto del documentario sulla vita di Tiberio Murgia che e stato presentato al Gremio dei Sardi qualche settimana fa. L’opera di Sergio Naitza, autore del documentario, si inscrive in quella memorialistica che attraverso testimonianze, interviste, racconti , ci fa rivivere, insieme alla storia del personaggio Tiberio , gli anni di una esperienza migratoria che ha segnato la Sardegna negli anni del dopoguerra. Murgia racconta l’avventura di un meridionale emigrato nella capitale del boom : il meridionale in quegli anni e’ per antonomasia un siciliano,conservatore nella morale familiare, permissivo nella condotta personale, con la voglia di farcela a tutti i costi!. il meridionale è siciliano perchè la Sicilia è il meridione : Puglia, Calabria, Sardegna non esistono nella cultura dei cineasti e di molti intellettuali del dopoguerra, anche se aperti come Monicelli. Quindi il particolare, spesso sottolineato, della lingua siciliana in cui l’attore parla, va vista alla luce di questo stereotipo meridionalistico ed anche la sua cosidetta maschera e’ tipica della rappresentazione dell’uomo del Sud, con i tratti di chi guarda gli altri di “striscio”, con espressioni di curiosità e diffidenza , mai di sottomissione, dal basso in alto per segnare una sfida sempre aperta nei confronti dei continentali. Trovo riduttivo pensare che Tiberio Murgia non riuscì a superare la dimensione di maschera e dei ruoli ad essa legati perche era un attore senza alle spalle una accademia e una preparazione adeguata. La cifra di Tiberio Murgia è quella di un emigrante che ce la fa, fortunato perche riesce a far soldi, a viaggiare, a diventare un personaggio conosciuto che puòpermettersi e vantarsi delle donne e delle stranezze che venivano consentite agli attori famosi del suo tempo! L’episodio di Marcinelle èa proposito il più illuminante: c’era veramente Tiberio a Marcinelle o ne millanta una presenza fortuita e fortunata? Penso che Marcinelle sia il simbolo della emigrazione italiana,di una umanità costretta a lavorare nelle miniere del Belgio, che l’Italia ha tenuto a lungo in conto di figliastri , dimenticando le loro storie e il loro destino. Tiberio ha lottato per non scomparire come sguattero di una osteria romana,in una fabbrica metalmeccanica del Nord,in un pozzo di carbone! Tiberio si e misurato con coraggio spavaldo con il mondo difficile e selettivo del cinema, con attori giganti nel panorama cinematografico del nostro dopo guerra, non si e lasciato intimidire ne’ sopraffare da complessi di inferiorità,come spesso succede a noi meridionali, e cosi lo ricordiamo anche grazie al racconto di Naitza, un emigrante che ce l’ha fatta!
ULTERIORI RIFLESSIONI SUL DOCUMENTARIO SU TIBERIO MURGIA DI SERGIO NAITZA PROIETTATO A ROMA
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