RISCHI DA URANIO E PRESENZA MILITARE. IL GOVERNATORE PIGLIARU: “IN SARDEGNA SPROPORZIONE INACCETTABILE”


Al centro dei lavori dell’organismo parlamentare, presieduto da Gian Piero Scanu, è l’indagine sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all’esposizione a determinati fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e alla somministrazione di vaccini. In particolare, l’attenzione della Commissione si concentra sugli effetti dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e della dispersione nell’ambiente di nano particelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico. Il confronto al quale è stato chiamato il Presidente della Regione era incentrato sulla tutela e sulla salvaguardia della salute e dell’ambiente nelle aree militari. Francesco Pigliaru ha sottolineato, in apertura di relazione, come la Sardegna sia la regione italiana più interessata al problema, perché quella con la maggior presenza militare, e ciò non solo con riferimento all’estensione delle aree militari, ma anche e soprattutto all’intensità delle attività esercitative. “Abbiamo ben tre poligoni di tiro, tra i quali i due più vasti d’Europa. Qui, da quasi 60 anni, mentre nel resto del mondo tutto è cambiato, continua a concentrarsi la massima attività esercitativa, addestrativa e sperimentale di tutta Italia”, ha detto il presidente Pigliaru, ribadendo l’urgenza delle misure di riequilibrio dell’incidenza militare. La presenza militare in Sardegna: oltre 30.000 ettari sono proprietà dello Stato e sono impegnati dal Demanio militare (7.200 ettari poligono di Capo Teulada, 1.500 ettari poligono diCapo Frasca, 500 ettari aeroporto militare di Decimomannu, 12.000 ettari poligono a terra di Perdasdefogu, 1.000 ettari poligono a mare del salto di Quirra, il rimanente grava su tutto il territorio regionale), 13.000 ettari sono gravati da servitù militari (vengono utilizzati per campane di sgombero durante le esercitazioni militari nei poligoni, in proprietà private o comunali). Oltre 80 km di costa non sono accessibili ad alcuna attività produttiva, nelle zone demaniali e soggette servitù, infatti, sono interdetti per la gran parte dell’anno le normali attività umane ed economiche, comprese, per vaste porzioni di mare, quelle di ancoraggio e pesca. “È una sproporzione inaccettabile – ha proseguito Pigliaru – , e i problemi legati alla tutela e alla salvaguardia della salute e dell’ambiente sono sempre stati affrontati, sinora, nell’emergenza di un’indagine, dietro impulso della magistratura o delle Commissioni Parlamentari d’Inchiesta. È tempo di uscire da certe logiche e avere una visione di sistema. La posizione della Regione Sardegna è chiara. Se il dato a medio lungo termine è strutturale, indirizzato a un riequilibrio dell’incidenza militare e ad una graduale dismissione dei poligoni di Capo Frasca e Teulada e alla riconversione del poligono interforze di Quirra, la prospettiva a breve termine vuole l’introduzione di misure di mitigazione che, già nell’immediato, potrebbero dare alcune risposte ai nostri territori. “Già due anni fa – ha concluso – abbiamo detto che è necessaria la conoscenza dei fatti, ed è paradossale che ad oggi non si siano svolti monitoraggi ambientali nelle aree esercitative, misurazioni sostenibili e difendibili degli impatti”.

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Un commento

  1. Pigliaru dovrebbe agire piuttosto che parlare…

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