Cosa ha comportato e cosa comporterà la proposta del referendum sulla Brexit per gli italiani che vivono a Londra e in Inghilterra? Nel giorno della votazione, a poche ore dal verdetto, ne abbiamo parlato con Filomena Campus, artista sarda attiva nel panorama musicale e teatrale londinese dal 2001. Con il termine Brexit si indica l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea che potrebbe essere sancita proprio dal referendum. La compositrice e regista teatrale, cantante jazz e blues originaria di Macomer esprime, in questa intervista, in maniera analitica e attenta il suo punto di vista a favore del fronte del Remain, riassume il cambiamento del clima sociale che ha portato alla diffusione di un forte sentimento anti Europa e quelle che potrebbero essere le conseguenze di una uscita dall’Europa da parte dell’Inghilterra.
Ricordiamo il perché della scelta di trasferirsi a Londra? La ripeterebbe oggi, nel 2016? Sono partita nel 2001 per frequentare un Master in regia teatrale al Goldsmiths College, University of London, incoraggiata da una mia docente universitaria. Volevo crescere, studiare e migliorarmi sia nel campo teatrale che nel jazz. Non e’ stato per niente facile, non conoscevo nessuno, ho costruito tutto con la testardaggine sarda e con il supporto di un paese che nonostante le difficoltà, il duro lavoro (e il tempo tremendo!) mi ha permesso di realizzare i miei sogni, che sarebbero rimasti tali in Italia. Non potevo fare scelta migliore. Ripartirei senza dubbio, magari con molta più consapevolezza.
È davvero così forte il sentimento anti europeo in UK? Siamo tutti sconvolti, compresi molti amici inglesi, da questa onda anti europea che sembra arrivare dalla pancia di un Paese che nonostante la classica parvenza di ‘politically correct’, durante questa campagna elettorale ha rivelato una faccia davvero sinistra, sull’orlo del razzismo. Il femminicidio di Jo Cox e’ stato l’apice di un bombardamento di discorsi di contenuto violento e volgare.
Cosa pensa potrebbe succedere ai tanti italiani in Inghilterra qualora vincesse il fronte del Leave? Davvero non sappiamo cosa potrà succedere, e il problema e’ che non lo sanno nemmeno i fautori della campagna per il Leave. Sembra che proprio non abbiano preso in considerazione le conseguenze di una scelta senza via di ritorno. Sicuramente sarebbe tutto molto più complicato, dai controlli più serrati, dal visto per entrare e uscire dal Paese, alle domande di lavoro, alla copertura sanitaria, alle tasse universitarie che salirebbero alle stelle, nonostante siano già carissime. Insomma niente di positivo per noi italiani.
Quali sono, a suo parere, le più importanti ragioni per rimanere in Europa? L’Europa unita e’ una ricchezza per tutti, culturalmente, economicamente, anche dal punto di vista dei diritti umani, delle donne e dei lavoratori. L’uscita della Gran Bretagna sconvolgerebbe l’equilibrio europeo e altri Paesi potrebbero seguire a ruota. Negli ultimi dieci anni ho vissuto e viaggiato regolarmente tra Londra, Berlino e Sardegna e mi sono sempre sentita felicemente europea. Il fatto che i giovani oggi possano spostarsi, avere esperienze di lavoro o studio all’estero, imparare lingue e culture diverse e’ un dono prezioso che non dobbiamo dare per scontato. La Gran Bretagna non fa parte del trattato di Schengen, quindi i controlli ci sono sempre stati a differenza degli altri paesi europei dove si può circolare liberamente. Ci sono anche tanti problemi in Europa che andrebbero risolti insieme, ad esempio non si vuole affrontare il problema, sempre più grave, dei rifugiati dalla Siria e dalle zone di guerra, creando vergogne come il campo profughi di Calais, che sembra un campo di concentramento.
Ha notato delle ragioni scatenanti che, negli ultimi anni, pensa abbiano fortificato il sentimento anti UE? Sicuramente l’immigrazione, che in effetti ogni anno raggiunge numeri importanti. Si parla di tre milioni di europei in UK, e di questi piu’ di 500.000 sono italiani. Molti inglesi si chiedono perché gli stranieri possano avere accesso al mondo del lavoro, alla sanità gratuita, a tutti i servizi, compresi i benefit (sussidi per disoccupati). Da un lato e’ comprensibile, dall’altro parliamo in stragrande maggioranza di una forza lavoro preparata, spesso competente (basti pensare a tutti i laureati che lavorano qui), di lavoratori che pagano regolarmente le tasse, contribuendo all’economia del paese, non certo limitandola. Non so se in Italia avremmo accettato una tale apertura verso culture diverse. Come ho già detto altrove, Londra e’ come un microcosmo dove tutto il mondo e’ presente, con tutte le sue culture, religioni, lingue e abitudini. E la cosa straordinaria e’ che qui vivono in pace. Quando ci penso mi sembra un’utopia reale. Allo stesso tempo, evidentemente, e’ un’apertura che, soprattutto per i britannici che non vivono a Londra, rappresenta in qualche modo una minaccia. C’e’ anche molta superficialità da parte dei fautori del Leave nell’analizzare realmente i rapporti tra Bruxelles e Londra, temono insomma che l’Unione Europea possa interferire troppo nelle leggi inglesi, e dicono di ‘voler riavere indietro la Gran Bretagna’. Senza pensare che alcune tra le leggi europee più importanti, come ad esempio le leggi per la difesa dei i diritti umani, sono proprio state proposte e volute dal Regno Unito. Inoltre si parla tantissimo dei milioni di pounds che vanno all’Europa, ma non si parla mai di quanti invece l’Europa investe qui in UK, in moltissimi campi, compreso quello artistico e culturale.
Dal suo punto di vista, in quanto artista impegnata nell’incontro tra culture diverse unite dal comune denominatore della musica e dell’arte, come vede il referendum per la Brexit? Sarebbe una sconfitta per tutti. Sarebbe la vittoria dell’egoismo fine a se stesso, del proteggere ciecamente i propri interessi, chiudendo i confini quando il mondo va da decenni in direzione opposta. Sarebbe un tornare indietro senza via di ritorno. Per gli artisti e i musicisti potrebbe diventare seriamente complicato organizzare tour in Europa o ospitare musicisti qui. Bisogna anche considerare il rischio che la Scozia decida invece di restare in Europa, avendo serio bisogno del loro contributo economico. A questo punto si paleserebbe un altro referendum della Scozia che questa volta si staccherebbe dal resto del paese, che da Great Britain diventerebbe Little England. Noi tutti speriamo che vinca Remain. Non avevamo mai vissuto un’atmosfera così ostile e pesante, e anche se dovesse andare bene, credo che la ferita di questa campagna fatta di insulti, di tanta ignoranza e volgarità non sparirà facilmente. Comunque dovremo lavorare insieme per migliorarla e tenerla unita questa nostra Europa.